Era il 1992 quando nei cinema americani arrivo il film sui vampiri più bello di sempre. Dietro la macchina da presa c’era un certo Francis Ford Coppola, che all’epoca aveva 53 anni. Quel regista che proprio oggi di anni ne compie 86, un monumento vivente al cinema che per l’occasione festeggiamo parlando proprio di quel film lì, che un trentennio fa ha rinnovato in modo inequivocabile la figura del vampiro più famoso di sempre: Dracula di Bram Stolker.

TRAMA
Transilvania, 1462. Il conte Draculea (Gary Oldman) parte per combattere in difesa della Chiesa e dei valori cristiani minacciati dell’espansione dei turchi in Europa. Tornato in patria scopre che l’amata moglie Elisabetta, credendolo morto in battaglia, si è uccisa. Egli rinnega dunque Dio e, scagliata la sua spada in un crocifisso da cui inizia a sgorgare sangue, si trasforma nel non-morto Dracula.
Londra, 1897. Il giovane avvocato Jonathan Harker (Keanu Reeves), in procinto di sposarsi con la sua amata, la signorina Mina Murray (Winona Ryder), viene inviato dalla ditta immobiliare per cui lavora in Transilvania per concludere un affare con il nobile conte Dracula. Lì verrà fatto prigioniero nel castello di quest’ultimo.
Mina, rimasta a Londra, è ospite della sua ricca e disinibita amica Lucy Westenra. Una notte quest’ultima è attirata e posseduta da una creatura bestiale, cominciando poi a manifestare strani sintomi. Per far luce sulle sue condizioni viene interpellato l’eccentrico dottor Van Helsing (Anthony Hopkins).
Intanto a Londra giunge anche un ringiovanito Dracula che, riconosciute le fattezze della sua amata perduta in Mina, la avvicina. Ella inizialmente lo respinge ma presto viene irresistibilmente attratta da lui.

IL VAMPIRO E DRACULA: DALLA LETTERATURA A FRANCIS FORD COPPOLA
Il mito del vampiro ha origine nell’alba dei tempi, ma fu solo attorno al diciottesimo secolo che assunse i connotati che più o meno ha mantenuto fino ad oggi. Per poi arrivare alla prima metà dell’800, quando iniziò a incarnare le fattezze aristocratiche che per tutto il XX secolo hanno caratterizzato la sua figura. E’ il romanzo Il Vampiro, di John Polidori, a inaugurare questa tradizione, ma bisognerà attendere il 1897 per la consacrazione di questa figura a mito. Bisognerà attendere Dracula.
Dracula, di Bram Stoker, è quel romanzo che ridefinisce il gotico e la figura gotica del vampiro. L’intuizione di fondere la figura mitica di uno dei più grandi e temuti personaggi storici dell’Europa Orientale a quella del mostro non-morto che ha attraversato epoche e culture risultò vincente tanto da influenzare fino ai giorni nostri la cultura mondiale, non solo in ambito letterario. Dracula, inteso come personaggio, è diventato tanto simbolo horror quanto pop, facendosi carne (o meglio, immagine) in infinite pellicole cinematografiche. Tutti film che però hanno sempre operato una sintesi del complesso romanzo epistolare di Stoker. E se il film muto capolavoro dell’espressionismo tedesco Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau del 1922 dovette addirittura cambiare ambientazione, nomi dei personaggi e titolo per ovviare alla mancanza di diritti sull’opera letteraria, finendo addirittura per essere distrutto (senza successo, ovviamente), nel 1931 ci fu la più celebre trasposizione di questo romanzo da parte della Hammer e del regista Tod Browning (Freaks) finalmente con il titolo originale Dracula ma con una storia estremamente più semplificata. Da lì le trasposizioni Universal, crossover vari, Dracula icona horror. Ma mai un film che riuscisse a trasporre la struttura del capolavoro dell’irlandese Stoker.
Fino al 1992. Fino a quando Francis Ford Coppola non diresse il suo Dracula di Bram Stoker su sceneggiatura di James V. Hart.

Ora, il titolo lascia proprio intendere la fedeltà di questo horror-melò alla controparte cartacea a cui si ispira. Non semplicemente Dracula, il personaggio letterario, ma proprio il Dracula del romanzo. Questo, all’epoca, fece esaltare i fan del libro per poi spegnare subito l’entusiasmo a fine visione. Perché? Perché la storia del film diverge da quella di Stoker per un’elemento fondamentale: quello romantico. Dracula di Bram Stoker non è solo la storia dell’arrivo del Conte in Inghilterra e della lotta intrapresa contro di lui da uno sparuto gruppo di personaggi capitanati dal Prof. Abraham Van Helsing. Dracula di Bram Stoker è la romantica e infelice storia d’amore tra il Principe Vlad e la giovane Mina Murray-Harker. La storia di un amore che attraversa l’Europa e i secoli per concludersi con un’ultima alba e un ultimo bacio proprio lì dove era cominciata.
Eppure, che la cosa vi piaccia o meno, il film di Coppola resta quello più aderente al romanzo. Con le ovvie semplificazioni nel passaggio tra due media così diversi, ma mantenendo la stessa struttura e lo stesso mezzo narrativo, quello epistolare. Vi sono inoltre tutti i personaggi principali, senza le consuete sintesi tipiche dei film precedenti. Mina e Lucy, la sua aristocratica amica d’infanzia, i tre pretendenti di quest’ultima, lo sfortunato Jonathan Harker e il saggio quanto ambiguo Van Helsing, o il folle Renfield (qui interpretato da un’irriconoscibile Tom Waits). Tutti personaggi che ruotano attorno a Dracula, al suo mito e alla paura che rappresenta.

LA FEDELTÀ AL ROMANZO
Certo, la fedeltà del film nei confronti del romanzo si ferma qui. Perché Coppola infonde in questa storia non solo il suo stile barocco permettendo comunque una perfetta sintesi con quello gotico, ma romanza la storia e la piega ai valori della propria epoca, l’iniziare degli anni ‘90, e ai principi germinali di una globalizzazione ai suoi albori. Se infatti il personaggio di Dracula nel romanzo rappresenta la paura del diverso, dello straniero, in tutta la propria forza distruttiva e in una critica al selvaggio e al primitivo che irrompe nella civiltà regolata ormai dai principi razionali e scientifici che l’epoca dei lumi e della prima rivoluzione industriale aveva ormai radicalizzato, il Dracula di Coppola è rappresentazione di interculturalità, è lo straniero ormai parte del tessuto sociale e culturale globalizzato, fascinoso piuttosto che spaventoso. Nel romanzo il male è qualcosa di inafferrabile, misterioso e terrorizzante con un Dracula che aleggia come una minaccia ma rimane più una presenza che un personaggio vero e proprio, il mostruoso che irrompe nella civiltà e che, in quanto tale deve essere combattuto. Coppola prende quella presenza e la trasforma in una malattia sociale: il male scorre nelle vene di ogni individuo, esercita su di esso un’attrazione quasi sensuale mentre il mostro emerge come creatura carismatica, potente ma allo stesso tempo tragica. E poi c’è l’uomo nel mostro, che si dispera per la propria condizione e che riconosce la tragicità della propria natura. Dracula diviene sintesi delle contraddizioni dell’uomo moderno e si scaglia contro il conformismo vittoriano facendo allo stesso tempo propria la crisi politica e sociale degli anni ‘90.

L’ESPRESSIONISMO BAROCCO DI DRACULA
Coppola non voleva dirigere il solito film su Dracula e non voleva proporre un’opera in continuità con lo stile Hammer e Universal. La sua idea era quella di rappresentare un personaggio tragico con uno stile mutuato dalla tradizione espressionista europea, cosa che a quanto pare non piacque alla produzione. Fu abbandonato quindi il progetto di un’ambientazione minimale a favore di uno stile barocco e magniloquente caratterizzato da ricche scenografie ed estrosi costumi. L’aspetto visivo del film è sontuoso, impreziosito dall’incredibile fotografia di Michael Ballhaus e da effetti speciali che rifuggono quasi l’uso del digitale. Il lavoro fatto in post produzione è infatti minimo mentre l’uso di effetti artigianali legati tanto a particolari tecniche di ripresa quanto a giochi di luce e di specchi rende il film un’esperienza visiva che a tanti anni di distanza rimane ancora unica nel suo genere. Dracula di Bram Stoker sembra quasi il trucco di un prestigiatore, riesce a sorprendere e incantare. Se la produzione sperava in un’opera realista, Coppola è riuscito invece a immergere in sangue e orrore un’ambientazione gotica e lugubre, spesso addirittura nella stessa scena. Come non pensare infatti all’esecuzione/esorcismo di Lucy vampira o alle scene ambientate nel castello del Conte? Come non stupirsi di fronte alla composizione delle scene di gruppo ambientate nell’ospedale psichiatrico o alla costruzione di quella nel cinematografo? Gli stessi passaggi da una scena all’altra, spesso basati su stacchi sfumati tra primi piani o riprese sui particolari, caratterizzano una costruzione narrativa delle scene che nelle mani dei tre addetti al montaggio Nicholas C. Smith, Glen Scantlebury e Anne Goursaud diventano arte.

Dracula di Bram Stoker non è la trasposizione di un romanzo ma un’opera di riscrittura o, meglio ancora, di traduzione in immagini in cui è l’immagine stessa a diventare protagonista, una vera e propria lezione di cinema che fonde l’horror al melodramma. Perché poi, a conti fatti, quel che viene raccontata è una storia d’amore non tra il mostro e la dama, non tra la bestia e la bella, ma tra due amanti nei secoli, tra un’uomo e una donna maledetti entrambi, anche se in modi diversi. Questo elemento, completamente assente nel romanzo, accompagna il più evidente ribaltamento nella grammatica orrorifica: non si tratta più di un mostro contro eroi umani, del male sovrannaturale contro il bene, della morte contro la vita. Non viene mostrato nessun cammino dell’eroe in questo film. Gli eroi, a partire da Van Helsing, qui appaiono spietati, folli e a tratti malvagi quanto e forse più del vampiro che vogliono sconfiggere. Perché non si tratta più di buoni contro cattivi ma di un’umanità corrotta che si rivede nei canini affilati di Dracula e delle sue spose, che da essi sono attratti nonostante provino repulsione. Il fascino del male quasi quanto il fascino del sangue, tanto simbolo di morte quanto di vita.

CONCLUSIONI
Non ci sarebbe mai stato il Dracula di Francis Ford Coppola se non ci fosse stato il cast che lo interpreta. Forse non è mai esistito un Dracula come quello impersonato da Gary Oldman, che certo non vuole rivaleggiare né con quello di Bela Lugosi né con quello di Christopher Lee. Camaleontico nel passaggio dal Dracula anziano a quello giovane, passando per il Dracula mostruoso nella sua forma vampirica, Oldman pur sotto strati di trucco e dietro un costume che ne maschera totalmente le fattezze riesce ad essere allo stesso tempo sempre affascinante e terrorizzante. Allo stesso modo Winona Ryder nei panni di Mina riesce a passare dall’essere l’innocente e pudica fidanzata di John Harker a diventare la sensuale amante del mostro con estrema naturalezza. Immensa anche la prova sopra le righe di Sir Anthony Hopkins che dona al professor Van Helsing tratti addirittura luciferini. Forse meno centrato Keanu Reeves nei panni di Jonathan Harker, che comunque rivaleggia onorevolmente con Oldman nella prima parte di film. Incredibile invece la prova di Sadie Frost, che interpretando Lucy Westenra ruba la scena alla Ryder.
Dracula di Bram Stoker non sarà certo Il Padrino o Apocalypse Now, ma resta uno dei capolavori di Francis Ford Coppola. Quello stesso Coppola che, quasi vent’anni più tardi, si sarebbe di nuovo dedicato al tema vampiri con uno dei film più sottovalutati della sua carriera: Twixt (2011), che per me resta uno dei suoi gioielli. Dracula però è lì, nell’Olimpo dei film di vampiri, a capotavola assieme al Nosferatu di Murnau e a quello di Herzog. Un film da riscoprire e riguardare, magari proprio oggi, il giorno dell’ottantaseiesimo compleanno del suo regista.
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