Il 23 Maggio è arrivato su Netflix “Fear Street: Prom Queen”, quarto capitolo della saga tratta dalla collana di romanzi a opera di R. L. Stine. Rispetto ai precedenti tre film, scritti e diretti da Leigh Janiak, regia e sceneggiatura sono questa volta a opera di Matt Palmer.
Prima dell’uscita, la pellicola è stata anticipata da una serie di bellissime locandine che omaggiano alcuni dei film slasher più famosi di sempre.

TRAMA

Siamo nel 1988, nella cittadina di Shadyside.

Lori Granger è tra le principali candidate al titolo di “prom queen”, la regina della serata che sarà incoronata durante il ballo di fine anno indetto dal liceo locale. La ragazza, nei giorni precedenti all’evento, viene presa di mira da alcune sue coetanee a causa del passato della madre, che si sarebbe macchiata di un omicidio anni addietro. Si racconta infatti che su Shadyside incomba una maledizione che spinge le persone a commettere atroci atti di sangue. E, quando Lori e l’amica Megan si recano al ballo, non sanno che tale maledizione è in procinto di risvegliarsi.

Per i corridoi della scuola si sta aggirando una sinistra figura incappucciata, il cui unico obiettivo è eliminare tutte le candidate al titolo di prom queen…

RECENSIONE

A differenza dei tre precedenti film, “Fear Street: Prom Queen” ha il proprio corrispettivo in un omonimo romanzo (arrivato in Italia come “L’ultimo ballo”) della saga scritta da R.L. Stine. La pellicola Netflix tuttavia riprende solo alcune tematiche e passaggi dal libro, preferendo rielaborare diversi elementi. Eppure, possiamo affermare questo quarto capitolo è quello che più riesce a incapsulare l’atmosfera della collana di libri.

Fear Street: Prom Queen” cammina sul rischiosissimo terreno dell’eccesso, del pop e della black comedy senza (quasi) mai inciampare. Se vi siete cimentati nella lettura di un romanzo di R.L. Stine, avrete notato come l’autore tenda a conferire un sottotesto ironico e beffardo a ogni propria opera. Stine non ha mai voluto ricreare la realtà, ma plasmare una realtà che servisse come campo da gioco per fare divertire i lettori e sé stesso. Ed è proprio questo che ci viene trasmesso dai primissimi minuti di questo film, in cui tutto trasuda teen e anni ’80. Il montaggio iniziale, peraltro, ha anche la funzione di mettere subito in chiaro l’appartenenza della pellicola alla medesima timeline della precedente trilogia, con riferimenti alla maledizione di Shadyside e agli eventi di “Fear Street 1978”.

I personaggi sono meno memorabili rispetto a quelli dei tre film del 2021. Gli unici che si distinguono sono facilmente riconducibili a dei precisi modelli caratteriali. La protagonista, Lori (chissà se l’assonanza con la Laurie di “Halloween” è voluta o no), è la classica brava ragazza che non si arrende di fronte ai pregiudizi e ai soprusi a cui è sottoposta. Non è memorabile e non è realistica, ma è perfettamente funzionale alla tipologia di storia raccontata. La sua interprete, India Fowler, è stata bravissima a calarsi nel ruolo, risultando convincente in tutte le proprie scene. L’unico vero problema del personaggio, come vedremo, deriva infatti dalla sua scrittura nel corso della trama e non dall’interprete.

Ancora meno realistica è Tiffany, la spocchiosa nemesi di Lori, che farebbe di tutto per aggiudicarsi il titolo di prom queen. Anche nel suo caso non siamo comunque di fronte a una scrittura così eccessiva da sfociare nel kitsch.

Appare evidente l’impegno profuso nel fornire alla vicenda un sapore fortemente anni ’80. La fotografia, soprattutto nelle scene ambientate nel corso del ballo scolastico, gode di un bilanciamento cromatico che, unito a un leggero effetto grana, fa sì che i frame di svariati passaggi sembrino usciti direttamente da un film dell’epoca.

Anche da un punto di vista di montaggio e di regia, alcuni momenti strizzano l’occhio alla messa in scena degli slasher anni ’80. Un esempio lampante è la transizione a schermo completamente rosso dopo una delle prime uccisioni, che sembra omaggiare, ancora più che le pellicole in sé, i trailer degli horror dell’epoca.

Ottimo poi tutto il comparto musicale. Si fa abbondante uso di canzoni iconiche del periodo, con artisti come Billy Idol, Eurythmics e Rick Astley. Un plauso va tuttavia, ancora di più, alle tracce strumentali originali a opera del duo The Newton Brothers, che incapsulano meravigliosamente le vibes delle colonne sonore degli slasher più famosi. Nella scena in cui Megan, l’amica di Lori, si rende conto che sta succedendo qualcosa di sinistro durante il ballo, il senso di inquietudine viene veicolato soprattutto dall’ottima traccia che accompagna l’intero passaggio.

La trilogia di Fear Street del 2021 si era distinta per una sorprendente dose di splatter e crudeltà. Contro ogni aspettativa, anche Prom Queen prosegue sulla medesima linea. Lo splatter abbonda (perderete il conto degli arti mozzati) con effetti tradizionali di ottima fattura. A differenza dei capitoli precedenti, tuttavia, esso viene messo al servizio del gusto over the top della vicenda. Senza fare spoiler, anticipiamo che una delle sequenze di uccisione presenta una delle trovate più creative e macabramente divertenti di qualsiasi slasher degli ultimi anni. Non sentitevi in colpa se vi verrà da ridere di fronte alla repentinità e assurdità di alcune morti: era proprio quello l’obiettivo. Insomma, aveva senza dubbio ragione R.L. Stine quando, intervistato a Lucca Comics, sogghignò e disse che nel nuovo capitolo di Fear Street sarebbero morti tantissimi teenager.

L’estetica del killer, con un impermeabile e una maschera, rimanda a opere come “Comunione con delitti” e “A Venezia…un dicembre rosso shocking”. Se l’aspetto è riconducibile all’horror anni 70/80, il modus operandi rimanda invece al capolavoro dello slasher anni ’90 “Scream. Le movenze sono difatti irruente, poco aggraziate, proprio come quelle dei vari Ghostface che si sono avvicendati nella saga creata da Wes Craven. Probabile omaggio a Scream è anche una rivelazione a metà della pellicola, su cui non ci soffermeremo per evitare spoiler.

Venendo a uno dei difetti più evidenti, l’evoluzione del personaggio di Lori è poco convincente. Sebbene sia senza dubbio comprensibile la voglia di rivalsa nei confronti di Tiffany, la ragazza sembra compiere uno switch caratteriale troppo radicale e repentino. L’unica utilità ai fini narrativi è quella di creare un attrito tra Lori e l’amica Megan, rea di stare “rovinando la serata” col proprio allarmismo riguardo alla scomparsa delle altre candidate alla corona. In tale frangente, Lori mostra un atteggiamento completamente fuori dalla propria caratterizzazione.

Possiamo poi riconoscere nella durata contenuta della pellicola un’arma a doppio taglio. Da un lato, essa permette di mantenere il ritmo serrato e garantire una visione davvero scorrevole, dall’altro va a giocare a sfavore delle ultime fasi dell’intreccio. Negli ultimi dieci minuti si concentra un numero di avvenimenti che avrebbero senza dubbio giovato di un maggiore respiro. Non c’è nemmeno il tempo per una vera e propria scena conclusiva che mostri i nuovi equilibri dopo i fatti di sangue appena avvenuti, lasciando una spiacevole sensazione di amaro in bocca.

In definitiva, “Fear Street: Prom Queen” è un ottimo horror d’intrattenimento e un degno sequel/spin-off della trilogia del 2021. Nonostante si discosti dalla trama dell’omonimo romanzo, la pellicola riesce comunque a incapsulare lo stile delle opere di R.L. Stine, puntando maggiormente sul fattore black comedy rispetto ai capitoli precedenti. Peccato per il minutaggio esiguo, che garantisce un buon ritmo ma toglie respiro all’atto finale.

Classificazione: 3 su 5.