Il 22 Marzo 1980 arrivava nelle sale italiane “Fog” di John Carpenter. Considerato a lungo un film minore all’interno della carriera del regista, è stato riscoperto negli ultimi anni. Cerchiamo di capire quali siano gli aspetti che rendono la pellicola uno dei film horror più riusciti degli anni ’80.

TRAMA

La cittadina costiera di San Antonio Bay è in fermento per l’arrivo dei festeggiamenti in occasione del centenario dalla sua fondazione. Questa serenità è però destinata ad una brusca interruzione, a causa del ritrovamento di un peschereccio il cui equipaggio è stato misteriosamente sterminato. E’ solo il primo di una serie di avvenimenti inquietanti aventi come filo conduttore l’arrivo di una fitta nebbia che sembra celare delle terrificanti presenze. Per far fronte alla minaccia la comunità dovrà scavare nel proprio passato, alla ricerca di un avvenimento che ha mantenuto a lungo lo stato di inconfessabile segreto…

RECENSIONE

Come accennato, “Fog” è stato a lungo considerato come una delle opere più dimenticabili nella carriera di John Carpenter. Questo aspetto potrebbe essere spiegabile in virtù del fatto che il film fu prodotto a cavallo fra i ben più celebri “Halloween” e “La Cosa”.

Proprio con “Halloween” la pellicola condivide diverse similitudini, sia dal punto di vista tecnico che contenutistico. Carpenter infatti tornò a lavorare con Jamie Lee Curtis, reduce dalla indimenticabile interpretazione di Laurie Strode, e col direttore della fotografia Dean Cudney. La fotografia è in effetti uno dei punti più forti di entrambi i film, riuscendo a rendere le scene in notturna perfettamente seguibili senza però perdere nemmeno un briciolo dell’alone di oscurità e inquietudine. Carpenter, proprio come avvenuto per il film del ’78, curò anche la sceneggiatura e le musiche. Il tema principale di “Fog” è tanto semplice quanto efficace nello stabilire fin da subito quello sarà il registro della pellicola. Ascoltandolo in sequenza con il tema di “Halloween”, si potrebbe probabilmente notare una similitudine di fondo. Soffermandosi a riflettere con più attenzione, ci si può accorgere come il tema di “Fog” abbia però un sapore molto più solenne e inquietante. Questa riflessione sulle colonne sonore può riflettersi perfettamente in una riflessione sulle due pellicole nel loro complesso. Entrambe possono essere considerate slasher, entrambe hanno a che fare con una minaccia che insidia una tranquilla cittadina, ma “Fog”, a differenza di “Halloween”, segue una strada avente prettamente a che fare con la sfera del paranormale.

Un’altra differenza sostanziale è che il film va ad ambire decisamente di più ad una dimensione corale. Non è infatti presente un vero protagonista, ma le vicende dei vari personaggi vanno ad alternarsi ed intersecarsi per tutto il corso della visione. Il personaggio a cui viene riservato il maggiore minutaggio, la conduttrice radiofonica Stevie Wayne, non è una reale protagonista quanto un “collante” fra i diversi avvenimenti. Questa scelta da parte del regista va ad inficiare sul lavoro di caratterizzazione dei diversi personaggi, ma in fin dei conti non poteva essere altrimenti. A differenza di “Halloween” abbiamo poi una motivazione chiara dietro alle presenze che terrorizzano la cittadina. Se Michael Myers agiva perché “purely, simply evil”, i fantasmi del film sono motivati da una ricerca di vendetta. In molti hanno cercato di trovare significati metaforici e polemici all’interno delle opere di Carpenter, spesso in maniera forzata. Sebbene quasi sicuramente l’obiettivo primario del regista fosse anche in questo caso quello di intrattenere e spaventare, appare abbastanza evidente come nelle battute finali emerga una sottile critica verso la brama di ricchezze che una volta caratterizzava diversi settori della Chiesa. Possiamo quindi considerare “Fog” un precursore della riflessione sulle luci e le ombre della religione che Carpenter avrebbe operato sette anni dopo con “Il Signore del Male”.

Il film presenta poi delle note di splatter che in “Halloween” sono quasi del tutto assenti. In verità Carpenter girò una prima versione di “Fog” molto più improntata sulle atmosfere, per decidere in seguito di realizzare delle riprese aggiuntive che permettessero alla pellicola di accostarsi, con le dovute misure, al gusto per il sangue che in quel periodo andava per la maggiore. Per quanto la scelta di mostrare con più chiarezza le azioni e l’aspetto dei fantasmi privi in parte l’opera del suo alone di mistero, essa non va per nulla ad intaccare il metodico lavoro di costruzione della tensione che viene realizzato per più di metà del minutaggio. Basterebbe guardare la scena che vede coinvolto, all’interno di un obitorio, il personaggio interpretato da Jamie Lee Curtis per capire come Carpenter sia riuscito a mantenere inalterata l’atmosfera ansiogena della pellicola. Questo perfetto bilanciamento tra tensione e splatter avrebbe raggiunto il suo culmine due anni dopo con “La Cosa”.

In definitiva “Fog” è una perfetta sintesi della cinematografia di Carpenter, attingendo dal passato ma ponendo allo stesso tempo le basi per quello che sarebbe venuto.

Una piccola curiosità prima di concludere: il regista fa un breve cameo all’inizio della pellicola nei panni dell’assistente di padre Malone.