In occasione del 69esimo compleanno di Lars von Trier, che ricorre il 30 aprile, abbiamo deciso di dedicare una riflessione a uno dei suoi film più dimenticati: Le onde del destino (Breaking the Waves, 1996).
La trama: amore, sacrificio e fede
Film in un prologo, 8 capitoli e un epilogo. Ambientato in una comunità calvinista della costa scozzese negli anni ’70, Le onde del destino racconta la storia di Bess McNeill (Emily Watson), una giovane donna ingenua e profondamente religiosa, che sposa Jan, un lavoratore offshore danese. L’unione è ostacolata dalla severa comunità religiosa a cui appartiene Bess, che guarda con sospetto la sua felicità coniugale. Quando Jan rimane paralizzato in seguito a un incidente sul lavoro, la relazione tra i due prende una piega drammatica. Convinta di poter salvare spiritualmente Jan attraverso atti di sacrificio, Bess intraprende un percorso autodistruttivo, motivata da una fede assoluta e da un amore totalizzante. Il film segue la sua discesa nell’abisso con uno sguardo compassionevole ma mai indulgente, fino a un finale sorprendente e mistico.
Ispirazioni

Tra le principali fonti d’ispirazione per Le onde del destino, Lars von Trier ha più volte citato la figura di Santa Giovanna d’Arco e in generale l’iconografia cristiana del martirio femminile. Bess McNeill è costruita come una sorta di santa laica, il cui sacrificio personale assume una dimensione quasi mistica. Il regista ha anche dichiarato di essersi ispirato alla letteratura spirituale e ai testi protestanti della sua infanzia, rielaborandoli in chiave tragica e provocatoria. In un’intervista rilasciata al New York Times nel 1996, von Trier affermava: “I wanted to make a film about goodness, about someone who believes so much in love that she is willing to do the unthinkable.”
Trattandosi di Lars Von Trier sarebbe stato impensabile non immaginare una commistione tra elementai alti e bassi. Ricordiamo infatti una curiosità legata alla la struttura in capitoli. Essi prevedono immagini statiche accompagnate da brani rock anni ’70 (David Bowie, Elton John, Leonard Cohen). Un contrasto volutamente straniante tra l’ambientazione austera e la colonna sonora emotiva, che contribuisce a dare al film un tono sospeso tra sacro e profano.
Emily Watson: un debutto folgorante
Al centro del film c’è la straordinaria interpretazione di Emily Watson, che qui fa il suo debutto cinematografico. Sconosciuta al grande pubblico fino a quel momento, Watson affronta un ruolo estremamente complesso con una sincerità e una forza disarmanti. La sua Bess è fragile ma determinata, infantile ma animata da una spiritualità che rasenta l’eroismo. L’attrice riesce a incarnare tutte le contraddizioni del personaggio, senza mai cadere nel patetico o nel manierismo. La macchina da presa di von Trier, spesso incollata al suo volto in primi piani vibranti, cattura ogni sfumatura emotiva con una vicinanza quasi violenta. La performance di Watson le valse la candidatura all’Oscar come miglior attrice protagonista e la lanciò come una delle interpreti più talentuose e coraggiose della sua generazione.

Il film nella carriera di Lars von Trier
Le onde del destino rappresenta una tappa cruciale nella filmografia di Lars von Trier. È il primo capitolo della “Trilogia del cuore d’oro“, una trilogia cinematografica interamente firmata dal regista danese, completata da Idioti (1998) e Dancer in the Dark (2000). I tre film condividono una struttura tematica comune: i protagonisti sono figure femminili profondamente buone, ingenue o moralmente pure, che vanno incontro a un destino doloroso proprio a causa del loro altruismo e della loro incrollabile fiducia negli altri.
Con Le onde del destino, von Trier abbandona le forme più stilizzate e sperimentali del suo primo periodo (si pensi a Europa o The Element of Crime) e adotta uno stile più crudo e immediato, che riprende molte delle linee guida del manifesto Dogma 95, da lui stesso cofondato nel 1995. Il film utilizza la camera a mano, la luce naturale e un montaggio essenziale, con intermezzi musicali che dividono la narrazione in capitoli, dando così forma a un realismo emotivo disturbante e profondo.
Riconoscimenti
Il film ottenne un ampio riconoscimento internazionale, vincendo il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes nel 1996. La straordinaria interpretazione di Emily Watson fu salutata come una delle più potenti del decennio, e le valse una nomination agli Oscar come Migliore Attrice Protagonista, lanciando così la sua carriera nel panorama cinematografico internazionale.
Questo successo segnò anche l’inizio della dialettica più accesa tra von Trier e il pubblico, diviso tra chi vede nella sua poetica una riflessione radicale sulla condizione umana e chi la interpreta come una forma di sadismo travestito da pietà. In ogni caso, Le onde del destino resta uno dei suoi film più intensi e universalmente apprezzati, capace di commuovere anche chi solitamente non ama il suo cinema più estremo.
In definitiva, Le onde del destino è un film che non lascia indifferenti. Con una regia audace e una scrittura che sfida le convenzioni narrative, Lars von Trier ci offre un racconto di fede, amore e sacrificio che scuote lo spettatore nel profondo. È un’opera che interroga lo spettro della spiritualità e della sofferenza umana, e lo fa con una sincerità rara nel cinema contemporaneo.