Nel 1983, la Walt Disney Pictures portava sullo schermo uno dei racconti più inquietanti e nostalgici dello scrittore Ray Bradbury: Something Wicked This Way Comes. Diretto dal britannico Jack Clayton, il film rappresenta una gemma quasi dimenticata, incastonata in quel periodo oscuro e affascinante della produzione Disney che oggi viene chiamato Dark Disney Era, una fase in cui gli studios tentavano di espandere la propria immagine attraverso racconti gotici, inquietanti e decisamente più adulti.

La fase dark della Disney – Il circo delle ombre
A metà strada tra il cinema per ragazzi e l’horror esistenziale, Something Wicked This Way Comes è un film sfortunato che non ebbe il successo sperato, afflitto da travagli produttivi e da un destino distributivo incerto. Eppure, con il passare degli anni, è diventato un piccolo cult sulla paura del tempo che passa e il prezzo della giovinezza. Di questa fase più dark della Disney – tra gli anni ’70 e ’80 – vale la pena citare altri titoli:
Fuga dal mondo dei sogni (Escape to Witch Mountain, 1975) e il sequel Ritorno dall’isola che non c’è (Return from Witch Mountain, 1978): Due film avventurosi ma decisamente bizzarri, con bambini dotati di poteri paranormali. L’atmosfera è rarefatta, e le tematiche (controllo mentale, isolamento, perdita dell’identità) rendono questi due titoli più inquietanti di quanto si ricordi.
Gli occhi del parco (The Watcher in the Woods, 1980): Un horror adolescenziale con Bette Davis, diretto (in parte) da John Hough. Il film fu un disastro alla sua uscita, ma oggi è considerato uno degli antesignani dell’horror “young adult”. Il finale fu modificato tre volte per cercare di salvare la distribuzione, con risultati altalenanti. Merita sicuramente una visione.

Nel fantastico mondo di Oz (Return to Oz, 1985): Diretto da Walter Murch, è un sequel spirituale del classico Il Mago di Oz, ma con toni più cupi. Bambini traumatizzati, creature meccaniche e decapitazioni in un film si rivelò un flop totale.
Taron e la pentola magica (The Black Cauldron, 1985): Un progetto ambizioso che tentava di portare l’epica fantasy nel cinema d’animazione americano. Il risultato fu cupo, barocco, pieno di morti e demoni. Un disastro commerciale, che oggi viene giustamente rivalutato per la sua originalità.
Basil l’investigatopo (The Great Mouse Detective, 1986): La Londra vittoriana di Basil è infestata da ratti criminali e trappole mortali. Il villain, Ratigan (doppiato da Vincent Price), è tra i più sadici e carismatici del periodo. Uno tra i film animati più interessanti di quel decennio, oltre a essere un bell’omaggio a Sherlock Holmes e all’attore Basil Rathbone.
Il drago del lago di fuoco (Dragonslayer, 1981): Un fantasy crudo e visivamente potente, co-prodotto con la Paramount. Contiene una delle rappresentazioni più terrificanti di un drago mai viste sullo schermo, e una visione della magia come forza ambigua e pericolosa.
Jack Clayton: Il regista delle inquietudini invisibili
Per comprendere davvero la profondità stilistica e tonale del film, è necessario soffermarsi sulla figura del regista. Jack Clayton non è stato un cineasta prolifico, ma ha lasciato un’impronta indelebile nel cinema gotico britannico. Il suo capolavoro The Innocents (1961), tratto da The Turn of the Screw di Henry James, rimane uno dei film più inquietanti e raffinati del genere, un vero e proprio pilastro e una visione imprescindibile per ogni appassionato di horror. Jack Clayton non ha mai ceduto alle mode del momento, e questo lo ha reso tanto apprezzato quanto marginalizzato. Il suo Our Mother’s House (1967), per esempio, è un altro gioiello oscuro: un film sull’infanzia abbandonata che anticipa temi poi esplorati da tanti altri registi in seguito. In Something wicked this way comes, Clayton riesce a fondere la poetica di Ray Bradbury con il suo tocco personale: l’inquietudine s’insinua lentamente come la nebbia che accompagna l’arrivo del malefico circo.

Dal libro al film: Bradbury tra desiderio e disillusione
Ray Bradbury scrisse il romanzo Something wicked this way comes nel 1962 (in italiano Il Popolo dell’autunno), ispirandosi a un racconto precedente e alla sua stessa infanzia. L’opera è una riflessione sulla mortalità, l’amicizia e la tentazione. Al centro vi sono due adolescenti, Will e Jim, e la loro lotta contro Mr. Dark, il sinistro direttore di un circo itinerante che esaudisce desideri… al prezzo della propria anima. Bradbury fu coinvolto direttamente nella sceneggiatura del film e inizialmente collaborò attivamente con Clayton. Tuttavia, i due ebbero numerosi dissidi: Bradbury desiderava una trasposizione più fedele, quasi letteraria; Clayton voleva un’opera più visiva e atmosferica. Il risultato è un film che mantiene il cuore del romanzo, ma lo traduce con una lente più cupa, più canonica e meno filosofica. Alcuni critici dell’epoca lamentarono questa semplificazione, ma oggi possiamo comunque apprezzarne la peculiarità e la malinconia.
Una distribuzione travagliata: il destino dimenticato del film
Inizialmente concepito come un film d’autore a basso budget, con un’impronta molto personale sia da parte di Bradbury (che scrisse la sceneggiatura) che di Clayton, Something Wicked This Way Comes subì un pesante intervento da parte degli studios una volta terminata la prima versione. Dopo una proiezione di test ritenuta deludente, la Disney bloccò tutto. Rigirò circa un quarto del film, cambiò gli effetti speciali, aggiunse una sequenza finale più dinamica (la famosa distruzione della giostra), e sostituì la colonna sonora. Bradbury ne fu profondamente deluso e Clayton si sentì tradito. In un’intervista disse che il film “aveva perso l’anima, ma non completamente”. Il risultato finale è dunque un’opera ibrida: a metà tra il film autoriale e il prodotto commerciale, e questo lo rese difficile da promuovere. Quando uscì nelle sale americane nel 1983 fu distribuito in modo incerto, con una campagna marketing vaga e poco efficace.

In Italia arrivò in ritardo con il titolo: Qualcosa di sinistro sta per accadere, e fu poi trasmesso su RaiUno il 16 febbraio 1989 in prima serata, all’interno del ciclo “Al cinema in famiglia – Appuntamento con Walt Disney“. Oggi, nonostante esista in edizione DVD estera e in digitale, non ha ancora goduto di una vera rivalutazione da parte della Disney stessa. Niente edizione restaurata, niente bonus, niente ricordo nei documentari ufficiali. È come se il film fosse un parente imbarazzante, relegato in soffitta.
Per chi volesse, il film è disponibile anche su YouTube in italiano.
Un sogno spezzato tra poesia e incubo
C’è una particolare tipologia di film che non appartiene a nessun genere preciso, e che per questo finisce per restare imprigionato in un limbo di memorie frammentarie, visioni notturne, ricordi vaghi. Something Wicked This Way Comes è sicuramente uno di quei film. Un’opera per ragazzi, ma non proprio. Un horror, ma senza sangue. Un fantasy, ma dai toni crepuscolari. Un film della Disney… ma non la Disney che conosciamo. La trama è quella di una favola nera sulla paura del tempo che passa, sul desiderio di tornare giovani, sull’infanzia come soglia incantata e insieme maledetta. Ma ciò che rende questo film unico è l’atmosfera. Clayton e il direttore della fotografia Stephen H. Burum (non uno qualunque) riescono a costruire un mondo sospeso, fatto di nebbie, foglie che cadono, orologi che si fermano, sussurri portati dal vento. L’autunno perenne in cui è immersa Green Town – la città dove si svolge il film – sembra uscita da un sogno spezzato. La macchina da presa indugia su dettagli: una giostra che gira al contrario, un ragno che striscia in una stanza buia, una biblioteca avvolta nella penombra.

Un mondo senza tempo, sospeso tra realismo e fiaba gotica. Il circo, con la sua tenda di velluto nero e i carrelli scricchiolanti, sembra una materializzazione dell’inconscio: ogni angolo contiene un segreto, un desiderio pericoloso. Gli effetti speciali, firmati da Lee Dyer (The Thing e Tron), non sono eccessivi e colpiscono per la loro crudezza artigianale. La sequenza dei ragni spettrali che invadono la stanza di Jim è ancora destabilizzante per la sua fisicità (furono usati centinaia di ragni veri). Gli effetti della giostra maledetta – che invecchia o ringiovanisce i personaggi – sono realizzati con transizioni lente che oggi possono apparire datate, ma che danno un senso quasi liturgico alla trasformazione. Il loro impatto sta più nell’idea che nell’esecuzione digitale: oggi sembrano imperfetti, ma mai gratuiti.
Jonathan Pryce è un villain atipico. Non urla mai, non si agita. Cammina lentamente, parla con calma, ma con uno sguardo che taglia come una lama. Il suo Mr. Dark è un diavolo da fiera, vestito di nero (può ricordare anche il Tall Man di Phantasm) e con i palmi delle mani tatuati come mappe dell’anima altrui. La scena in cui sfoglia lentamente le pagine del libro nella biblioteca, cercando i nomi dei bambini, è pura tensione gotica. I due adolescenti – Vidal Peterson e Shawn Carson – sono molto credibili e hanno una naturalezza che ricorda i protagonisti di altri coming of age di quegli anni, il loro rapporto di amicizia appare davvero genuino.

Come ha influenzato il cinema e la televisione
I fratelli Duffer di Stranger Things hanno più volte dichiarato il loro amore per il cinema “dark” anni ’80, e il film di Clayton è tra i più evidenti riferimenti. Non solo per la dinamica dei due ragazzi alle prese con un male misterioso, ma anche per l’atmosfera malinconica e sospesa che impregna la cittadina di Hawkins. Negli anni ’90, serie televisive e romanzi per ragazzi come Goosebumps e Are You Afraid of the Dark? ripresero con entusiasmo l’idea del “male che si nasconde sotto la superficie”. Ma anche la figura del circo maledetto e dell’adulto tentatore: elementi che Bradbury e Clayton avevano portato in primo piano. Neil Gaiman ha più volte citato Bradbury come maestro. Ma anche il film lo ha segnato: Coraline, The Graveyard Book, The Ocean at the End of the Lane sono impregnati di quella stessa visione incantata e disturbante dell’infanzia come territorio fragile e ambiguo. Anche Good Omens, con i suoi ragazzini alle prese con l’Apocalisse, sembra figlio di Will e Jim. Anche se Tim Burton ha uno stile più barocco, il suo Big Fish deve qualcosa a Something Wicked: un circo e i suoi sogni, il rapporto padre-figlio e la magia vista come metafora del tempo.
L’autunno eterno di Green Town
Rivedere oggi Qualcosa di sinistro sta per accadere è come salire su una giostra vecchia, che scricchiola ma continua a girare. Ti ritrovi improvvisamente bambino, ma con la consapevolezza adulta del tempo passato. È un film che vive tra le pieghe della memoria di chi lo vide da bambino/adolescente. Non è mai stato un successo, ma proprio per questo ha mantenuto una forza segreta, quella delle opere marginali che continuano a pulsare sotto la superficie.

Un film sull’infanzia perduta, sui desideri che si trasformano in incubi e sul coraggio di affrontare le proprie paure. Proprio per il suo essere un film imperfetto e ibrido, resta unico nel suo genere. Per la sua atmosfera nostalgica tra la fiaba gotica e il racconto di formazione, per la sua riflessione sul tempo e sulla memoria, è un piccolo cult che vale la pena di rispolverare.
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