Nove anni fa usciva nelle sale in Corea del Sud The Wailing (2016), conosciuto anche con il titolo Goksung – La presenza del diavolo. La terza opera di Na Hong-jin dopo The Chaser (2008) e The Yellow Sea (2010), è stata presentata fuori concorso al Festival di Cannes 2016 e premiata come Miglior film alla 15esima edizione del Florence Korea Film Fest. Un film che mescola horror e thriller, dramma e spiritualità trascinando lo spettatore in un vortice di dubbi dal quale è complesso uscire.
Trama
A Goksung, un tranquillo villaggio nella campagna sudcoreana, iniziano a verificarsi delle morti strane e violente, che coincidono con l’arrivo di un forestiero giapponese. Inizialmente convinto che quella follia omicida fosse causata da un fungo tossico, il poliziotto Jeon Jong-gu (Kwak Do-won) si rivolge a uno sciamano quando la figlia Hyo-jin (Kim Hwan-hee) manifesta segni di possessione.

La recensione contiene SPOILER!
Un thriller sovrannaturale intricato e astuto
In The Wailing, lo sguardo dello spettatore coincide con quello di Jong-gu che non riesce a fare una netta distinzione tra il bene e il male. Ha dinanzi a sé tre possibili sospettati. La misteriosa e pallida ragazza potrebbe proteggere Goksung o essere il diabolico spirito vendicativo, come sostiene lo sciamano Il-gwang. Il sinistro e taciturno signore giapponese che vive in una casupola in mezzo ai boschi è un eremita che pratica magia nera o è posseduto da un’entità maligna? Lo sciamano (paksu) è complice del misterioso giapponese o è manipolato da qualcosa più grande di lui? In questa spirale di ignoto e inquietudine giace il cuore di The Wailing, che se nella prima parte ci immerge un clima di calma apparente, in cui compaiono anche sequenze comico-grottesche (la ragazza fuori dalla stazione di polizia, il non-morto nel bosco) stravolge tutto con la seconda, dove disturbante e tragico dominano. In questo caso, prima c’è la quiete, poi la tempesta.

Lo scetticismo nei confronti della religione e il ruolo del folklore coreano
Na Hong-ji mostra l’impotenza della religione di fronte al male, rendendo vano ogni tentativo di aiuto da parte di essa. Il cristianesimo del diacono Yang Yi-sam e lo sciamanesimo di Il-gwang soccombono al male e alla sua forza inarrestabile. Le possibilità che hanno sono poche: essere testimoni di un massacro o diventarne parte. La grazia non è concessa alla famiglia del poliziotto Jong-gu, che alla fine del film scopre con occhi terrorizzati i corpi della moglie e della suocera. Un finale crudo che non fa sconti.
La sequenza del rituale sciamanico per esorcizzare Hyo-jin si alterna al rituale dell’uomo giapponese. La quintessenza del folklore coreano risiede proprio in questa scena; nei rituali sciamanici coreani, i cosiddetti gut, è solitamente una mudang (una donna intermediaria fra umani e spiriti) a guidare il tutto. La musica accompagna spesso le formule pronunciate dalla mudang, proprio come accade con Il-gwang mentre cerca di liberare Hyo-jin. Un tema, quello della tradizione religiosa sciamanica, presente anche in Exhuma (2024), film connazionale di The Wailing.

La storica rivalità fra Giappone e Corea
Non meno importante è il tema politico che Na Hong-ji inserisce all’interno della vicenda. È tutt’altro casuale il fatto che il primo sospettato sia proprio di nazionalità giapponese e che venga visto con occhi di terrore. Di lui non si conosce nulla, se non la sua nazionalità. Ecco, quindi, che si fa riferimento alla datata rivalità fra Giappone e Corea. Dal 1910 alla fine della Seconda Guerra Mondiale i giapponesi avevano occupato il territorio coreano e tutt’oggi si ricorda “il giorno della vergogna nazionale” il 29 agosto, quando l’imperatore coreano concedeva il territorio all’imperatore del Giappone.
The Wailing è a metà fra dramma familiare e film di possessione. Orrore e dramma si intrecciano nella lotta fra il bene e il male, dove affondano le radici profonde del folklore coreano. Colpiscono la fotografia di Hong Kyung-pyo e la scenografia di Lee Hwo-kyung, che contribuiscono a far immergere lo spettatore nei boschi spettrali e desolati della campagna sudcoreana.
Si consiglia la visione in lingua originale per una miglior resa dei dialoghi.
Leggi anche: Exhuma: La tomba del diavolo – Nel cuore del folklore coreano