Un altro capitolo dei Classic Monsters 2.0 arriva nelle sale. Leigh Whannell (L’uomo invisibile, Insidious, Saw – L’enigmista) firma Wolf Man, nuova produzione Blum House nei cinema italiani da giovedì 16 gennaio, distribuito da Universal. Nel cast Christopher Abbott (Kraven – Il cacciatore, Sanctuary, It comes at night) nei panni del protagonista. Lo affiancano Julia Garner (Apartment 7A, Ozark) nel ruolo della moglie e la giovanissima Matilda Firth in quello della figlia.

Trama

Blake vive a San Francisco con la moglie Charlotte e la figlia Ginger. Un giorno riceve la notizia della scomparsa del padre, che gli lascia in eredità la casa d’infanzia nell’Oregon. Blake decide così di recarcisi con la sua famiglia, ignaro del fatto che nella foresta circostante si nasconde qualcosa di insidioso. Nel cuore della notte, durante il loro tragitto, vengono attaccati da un animale. Qualche ora dopo Blake inizia a comportarsi in modo strano, trasformandosi in qualcosa di irriconoscibile.

Il trailer ufficiale del film

Arrivati al 2025 abbiamo un repertorio piuttosto importante per quanto riguarda la figura del licantropo. Dagli anni Quaranta con Lon Chaney Jr. che portava sul grande schermo una versione poi diventata cult di questo personaggio ne L’uomo lupo (1941), passando agli anni Ottanta con John Landis e il suo Lupo mannaro americano a Londra (1981), fino ad arrivare al 2010 con Benicio del Toro ed Anthony Hopkins in Wolfman. Lo stesso titolo lo ha dato Leigh Whannell al film che voglio commentare. Un film che purtroppo ha soddisfatto le mie aspettative negative, deludendo il mio sperare in qualcosa di molto migliore. Le motivazioni? Scopriamole qui di seguito.

SPOILER ALERT! Non proseguite con la lettura prima di aver visto il film

Una storia fine a sé stessa

Una delle grandi lacune del film di Whannell riguarda la trama. Se i primi dieci minuti si presentano abbastanza convincenti, subito dopo si rimane incastrati in una spirale di banalità incredibile. Non ci sono elementi narrativi che diano enfasi a ciò che vediamo, succede tutto senza un “se” o un “ma”. Assenti i colpi di scena, i jumpscare ci sono ma non spaventano. Soprattutto non c’é innovazione in questa pellicola. Ci viene presentato un prodotto spoglio, non solo di alcuni aspetti chiave in questo sottogenere dell’horror, ma anche di un possibile sviluppo originale che potesse dare una ventata di aria fresca.

Charlotte e Ginger nei boschi dell’Oregon

Notte buia, niente…luna

Mi rifaccio a Stephen King citando Notte buia, niente stelle perché in Wolf Man manca uno degli elementi fondamentali e ricorrenti del folklore del lupo mannaro: la luna piena. Pur apparendo sulla locandina del film, nemmeno è accennata. Quello che a me è apparso è un prodotto confezionato di fretta, perché per omettere il plenilunio in un film sui licantropi ci vuole impegno, a parer mio.
Mi aspettavo un personaggio che fosse simile a quello di Bela Lugosi nel film sopra citato, uno sciamano in grado di delineare la sorte del protagonista. Le possibilità, insomma, erano molteplici.
Altro punto debole è lo slogan italiano del film: “È ora di difendersi”. La domanda, tuttavia, sorge spontanea, “Con che cosa?”. I proiettili d’argento, unica arma efficace contro la creatura, sono assenti. Il lavoro è affidato ad un comune fucile da caccia a pallettoni.

Cosa manca? Tutto

L’esoterismo è ridotto ai minimi termini. E la trasformazione stessa? Viene gestita in modo frettoloso e poco coinvolgente, privando il film di uno dei suoi momenti più attesi. Inoltre, se inizialmente poteva essere interessante la scelta di puntare tutto solo sul trucco – niente CGI -, il risultato finale ha rivelato altro. Il licantropo appare una creatura non uniformata ed esteticamente non mostra i propri tratti tipici. La sceneggiatura si presenta molto debole e prevedibile. I dialoghi sono banali e i personaggi stereotipati, privi di profondità psicologica. A mio avviso, il fatto che un padre si rivolga alla propria figlia dicendo “Ho il compito di proteggerti”, con la freddezza che traspare dalle sue parole, lo fa apparire quasi un angelo custode improvvisato. Le performance attoriali, a loro volta, non riescono a salvare il film da un naufragio annunciato. Gli interpreti sembrano recitare senza convinzione, offrendo al pubblico interpretazioni piatte.

Blake verso la trasformazione
Blake verso la trasformazione

Conclusioni

Wolf Man è un film che delude sotto tanti punti di vista. Salvo solo la fotografia che è ben curata, soprattutto nelle immagini di apertura della pellicola. Nel complesso, un’occasione sprecata per rilanciare un mito che ha affascinato generazioni di spettatori. Anche la componente psicologica poteva essere gestita in maniera molto più intelligente, soprattutto perché entrano in gioco temi come famiglia, amore, fiducia e molto altro. Whannell si perde purtroppo in un bicchier d’acqua.

Classificazione: 1.5 su 5.

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