Un quadro generale

Yellowjackets è una serie tv horror statunitense iniziata nel 2021 di cui si è conclusa da poco la terza stagione, disponibile in Italia su Paramount +. La serie, ideata da Ashley Lyle e Bart Nickerson, si muove su due linee temporali che appaiono perfettamente interconnesse. La prima è ambientata nel 1996, quando le Yellowjackets, una squadra di calcio femminile, insieme ai coach e ai figli maschi di uno dei due, viaggiano su un aereo per raggiungere Seattle dal New Jersey: l’aereo precipita e i superstiti resteranno bloccati nei boschi dell’Ontario per 19 mesi. La seconda timeline si svolge ai giorni nostri e vede i/le sopravvissuti/e cercare di ricomporre le loro vite adulte mentre il passato ritorna prepotentemente a dare fastidio… tra cannibalismo, nuovi idoli da venerare e l’istituzione di una comunità “naturale”, nel corso delle stagioni assistiamo ai metodi di sopravvivenza messi in atto dai personaggi e alle loro conseguenze sul futuro.

Nel cast troviamo Sophie Thatcher (che nel frattempo è diventata un volto noto del cinema horror grazie a Companion e Heretic), Ella Purnell, Sophie Nélisse e talenti emergenti come Sammi Hanratty e Courtney Eaton. Il cast adulto invece è costellato di stelle: Melanie Lynskey, Christina Ricci, Juliette Lewis, Elijah Wood e, nella terza stagione, anche Hilary Swank.

L’articolo contiene spoiler.

yellowjackets cast

Trama

Abbiamo lasciato le nostre Yellowjackets (+ Travis) in un gelido inverno, con il loro rifugio bruciato da un incendio doloso. Un salto temporale però ci porta alla primavera: il gruppo è riuscito a sopravvivere, ha costruito delle capanne e ha anche iniziato ad allevare animali. Il coach Scott, nel frattempo, è disperso ed è ritenuto colpevole dell’incendio. Lottie sta spingendo Travis e Akilah al limite della loro sopportazione, credendo che la Natura abbia scelto loro come ricettacoli dei suoi segnali, mentre Shauna è sempre più rabbiosa, violenta e desiderosa di prendere il comando. Nel presente, Natalie è morta e i rapporti tra Shauna, Misty, Lottie, Van e Taissa sono molto tesi. A questo si aggiungono il fatto che Shauna si senta perseguitata da qualcuno e la malattia terminale di Van, che Taissa crede di poter fermare sacrificando vite alla cosa.

Fragili equilibri

Quando facciamo la conoscenza delle nostre anti-eroine adulte, nella prima stagione, queste sembrano avere delle vite abbastanza ordinarie, anche se è subito chiaro che il loro equilibrio mentale sia precario. Quando il passato poi ricompare, tutte loro, indipendentemente dallo stato più o meno “sano” di partenza, sembrano regredire. Sono costrette a riunirsi, a trascorrere del tempo insieme, e nessuna di loro può più ignorare che quei 19 mesi nei boschi siano esistiti. Se nella seconda stagione questa regressione appariva ancora maggiore, anche attraverso il ristabilimento della coppia Taissa-Vanessa che in quei boschi era nata, nella terza non si tenta neppure più di mantenere una facciata rispettabile. Man mano che viene ricostruito ciò che è successo nel passato, man mano che vediamo le loro versioni adolescenti fare delle scelte, ecco che anche le adulte assumono forme nuove. È come se quegli avvenimenti, finalmente mostrati agli spettatori, si imponessero anche su di loro e le costringessero a ricordarli e riviverli. Gran parte di quel passato l’avevano rimosso, perché sappiamo che i sopravvissuti di esperienze traumatiche tendono a dimenticare per proteggersi e andare avanti. Le nostre Yellowjackets, almeno alcune, hanno fatto lo stesso: hanno dimenticato per poter vivere delle vite normali. Non perché quei mesi siano stati orribili, bensì perché durante quei mesi avevano scoperto una parte di loro selvaggia e indomita. Avevano potuto vivere una dimensione libera da ogni limitazione e condizionamento sociale. La loro identità, che si forma proprio durante l’adolescenza, resta indissolubilmente legata ai boschi.

yellowjackets shauna


“The person I was back then… not a wife or a mother. I was a warrior. I was a f*cking queen.”

È ora di tornare a casa

Il salto temporale straniante che dà il via alla narrazione ci mostra le Yellowjackets (e Travis) in un nuovo accampamento, e tutto sembra andare benissimo. Il gruppo ha apparentemente trovato un proprio equilibrio, finalmente libero dal gelo e con cibo a sufficienza. Il sospetto che il coach Scott possa essere ancora vivo, però, riaccende gli animi. Quando il sospetto diventa realtà, viene istituito addirittura un tribunale per processare l’uomo, accusato di tentato omicidio per aver appiccato il fuoco. Nonostante l’uomo si dichiari più volte innocente, il gruppo lo condanna alla pena di morte, salvo poi tirarsi indietro all’ultimo momento. Akilah, trascinata da Lottie in una caverna con del gas allucinogeno, ha avuto infatti una visione: il coach Scott sarà il loro ponte per tornare a casa. È qui che la stagione arriva a un punto di svolta importante. Da un lato, ci ricorda che il coach è considerato dalle ragazze come una presenza fastidiosa, estranea al gruppo perché non ne ha mai accettato le regole (e perché adulto). Dall’altro, quando la possibilità di tornare a casa si fa più concreta, ci mostra le diverse attitudini dei personaggi.

yellowjackets

Trovare il proprio posto

Tenere in vita il coach Scott, in condizioni veramente terribili, si rivela una scelta dettata solo dalla condivisa credenza nella wilderness. Questa venerazione è il collante del gruppo, nonché il capro espiatorio per tutte le terribili scelte che hanno fatto e continuano a fare. Quando Natalie decide da sé di uccidere il coach, dopo che lui l’ha pregata per giorni di porre fine alle sue sofferenze, si viene a creare un solco tra lei e le altre. A risultare particolarmente ostile è Shauna, quella che più di tutte ha abbracciato la nuova condizione, il suo stato di natura, e quella che più di tutte non ne vuole sapere di tornare alla vita di prima. Dopo la morte del coach, i protagonisti banchettano con la carne dell’uomo mentre la Natura pare che stia comunicando con loro. Lottie, e poco a poco anche gli altri, si lasciano andare a un canto liberatorio, seguendo i versi che credono provenire dalle forze del bosco. Questo baccano attira tre persone che si trovavano lì per studiare le rane e pare che finalmente ci sia la possibilità di tornare a casa, ma non tutti ne sono così entusiasti. Lottie, Shauna e Taissa, ad esempio, non vogliono andare via: per loro, nel mondo al di fuori della wilderness, non c’è posto. Non dopo che hanno scoperto chi sono e cosa sono in grado di fare.

yellowjackets Natalie & coach Scott

E il sovrannaturale?

Yellowjackets è sempre stata ambigua circa l’elemento sovrannaturale. Nella 3×07, ed è un momento molto divertente, vediamo che gli strani suoni che il gruppo sentiva e che attribuiva alla cosa nei boschi, non erano altro che i versi di accoppiamento delle rane. D’altro canto, però, poco dopo vediamo Lottie camminare sopra una profonda fossa ricoperta di rametti, sotto lo sguardo sbigottito di Travis che voleva ucciderla. In realtà, non è importante sapere se la cosa sia vera o meno; ciò che conta di più è il modo in cui i protagonisti interpretano ciò che accade, che è poi la base di ogni religione. Ciò che conta è come utilizzano la magia per giustificare le loro azioni – perché alla fine le decisioni sono loro – e per dare un senso alla morte che li circonda. Morte che arriva anche nel modo più insensato, per una serie di fattori che si allineano, per pure coincidenze, anche se si prova ad allontanarla.

Cosa ci aspetta

La serie è stata pensata come una storia spalmata su 5 stagioni. Quella che si è appena conclusa ha avuto i suoi alti e i suoi bassi, ma il livello di scrittura è rimasto sempre buono e l’evoluzione dei personaggi prospetta una continuazione interessante. Personalmente sono molto curiosa di vedere come sarà il reintegro dei superstiti in società e cosa accadrà a Shauna nel presente, sempre più paranoica e instabile, ora che non ha più marito e figlia accanto (e ora che si ritroverà l’alleanza Taissa-Misty contro). Non sono ancora ben chiari neppure i ruoli della Melissa di Hilary Swank e del Walter di Elijah Wood, ma si spera che verranno approfonditi.

La wilderness non è un luogo fisico: è una condizione, un modo d’essere. Per questo non ha mai lasciato le Yellowjackets e, per questo, tornare alla civiltà si è rivelato più traumatico che lasciarla.

Classificazione: 4 su 5.

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