Mentre all’esterno il mondo collassa, Sam e i suoi amici restano intrappolati in un appartamento a Toronto in una grande storia di sopravvivenza.

E’ questo in sintesi l’inizio, l’idea e lo sviluppo dal quale prendono forma Antisocial 1 e 2  film del 2013 e del 2015 scritti e diretti da Cody Calahan con l’aiuto di Chad Archibald. Cofondatore il primo della Black Fawn Film, si è formato attraverso video musicali e cortometraggi ed è appassionato ai film horror fin da piccolo. Al debutto nei lungometraggi ha diretto il suo primo film nel 2005, Desperate Souls. L’uso che le persone fanno dei social, controverso fin dalla loro nascita e il sentirsi a volte risucchiato in quel mondo sono state le scintille che hanno dato l’inizio al tutto.

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I film legano la tecnologia e il mondo virtuale alla realtà, tramite una catastrofe, che deriva dall’uso sproporzionato dei social. Un social network, in particolare, l’immaginario Redroom, in cui si condividono foto, video, momenti più o meno piacevoli della vita che diventa il mezzo attraverso cui una sorta di entità, fisicamente poi un verme sotto pelle, penetra la mente delle persone portandole alla follia.

Il regista riesce a gestire le riprese con grande disinvoltura e scioltezza. Buoni gli effetti speciali e digitali, oculati e non banali. Piacevole la prova di Michelle Mylett, attrice canadese del 1990, cresciuta di spessore durante l’intero arco delle due pellicole. Sapiente l’uso delle musiche. le scene di apertura e di chiusura del film sono magnificamente accompagnate da Stephen Copeland, che è entrato poi definitivamente a far parte dell’equipe produttiva che ha realizzato questi due lavori.

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Il maestro Cronenberg è richiamato continuamente. Shivers, Videodrome e Scanners sono nelle scene che fanno la storia. Il nemico all’interno del corpo, l’estraneo, che deve a tutti i costi essere eliminato,  l’emissione di qualche segnale che trasforma il nostro cervello nel contenitore di una presenza patologica, la crudeltà, l’operazione folle per togliere il tutto.

Tranquillo nella prima pellicola, facendoci immergere con calma e spensieratezza nei personaggi e in tutto quello che li circonda, Antisocial nella sua seconda parte diventa più frenetico e accelerato in un finale più allucinante e coinvolgente del primo, pensato inizialmente come conclusivo dell’intera storia e non apripista di un seguito. Se il primo si svolgeva in un contesto quasi familiare e contemporaneo, il secondo è un film dispotico, post apocalittico, dove l’esistenza è interamente determinata in ogni modo.

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Gradevoli in certi punti ma nel complesso non eccezionali, film che nonostante buoni elementi non si fanno ricordare.

Voto 5