Rilasciato sul canale di Midnight Factory di Amazon Prime Video, Baba Yaga: horror su una leggenda del folklore slavo. Il film di Svyatoslav Podgaevsky risulta però solo in parte riuscito, nonostante le ottime premesse

L’incipit del film infatti parte come l’inizio di un’oscura favola per poi spostarsi in ambito moderno. L’idea di ambientare la storia della Baba Yaga ai giorni nostri è sicuramente accattivante, anche se forse con il passare della narrazione fa perdere al film la sua aura magica. Protagonisti sono inoltre dei ragazzini, se questo è funzionale alla storia, nonostante la bravura degli attori, si perdono molti momenti che avrebbero potuto essere più spaventosi. La seconda parte del film risulta inoltre poco chiara e volta solo a confondere lo spettatore. Peccato, perché il setting di partenza era molto interessante.

Una vecchia strega solitaria

Il personaggio della Baba Yaga è comune a molte culture del folklore slavo, in particolare quella russa. Molto interessante quindi che il film sia una produzione interamente russa. Svyatoslav Podgaevsky ha però voluto cambiare alcune cose riguardo al personaggio della leggenda. Infatti solitamente è una mostruosa vecchietta dotata di poteri magici e vari oggetti incantati, spesso paragonata a una strega o a un’incantatrice. Nel film viene sempre parlato di lei come un demone, relegato tra il mondo dei vivi e dei morti, bramosa di cibarsi di teneri bambini. Ad aiutarla i suoi fedeli servi alati e dai lunghi artigli.

Nei racconti russi, invece, è una vecchia strega che si sposta volando su un mortaio, utilizzando il pestello come timone, e che cancella i sentieri nei boschi con una scopa di betulla. E’ lei stessa che va nelle case degli ignari infanti a rapirli.

Vive in una capanna sopraelevata che poggia su due zampe di gallina. Le zampe artigliate sono un elemento ricorrente della sua mitologia, nel film ritorneranno sia nell’aspetto dei suoi invisibili servi sia nell’iconografia del suo capanno nel bosco.

Il buco della serratura del portello anteriore è costituito da una bocca riempita di denti taglienti; le mura esterne sono fatte di ossa umane. In una variante della leggenda la casa non rivela la posizione della porta finché non viene pronunciata una frase magica. Nel film invece verrà trovata grazie allo spiegamento di lunghi fili rossi attraverso il bosco e non protetta da alcun incantesimo.

Un’oscura babysitter, bambini dimenticati e un Male antico

La trama di questa nuova trasposizione di Baba Yaga è molto semplice. Egor, un ragazzino orfano di madre, si è appena trasferito con il padre, la matrigna e la neonata figlia della donna in una nuova città. Gli manca molto la madre e mal sopporta di dover badare alla sorellina acquisita. A scuola conosce la solitaria Dasha, ragazzina intelligente ma vessata dalle attenzioni della madre. I due ragazzini dovranno spesso anche sfuggire ad una banda di bulli che li tormenta, capeggiati dall’introverso Anton. Sarà l’arrivo di Tatiana, nuova babysitter per la sorellina di Egor, ha portare il Male nella piccola comunità. Un giorno Egor e Dasha fuggiranno nel bosco per sfuggire da Anton e gli altri bulli, trovando i fili rossi e il misterioso capanno. Il giovane intuirà subito che la misteriosa Tatiana potrebbe non essere quello che dice e che c’entri qualcosa con il capanno.

Inoltre, grazie anche all’aiuto di un misterioso uomo che vive nei boschi, capiranno che il mistero potrebbe riguardare anche i tanti bambini scomparsi e subito dimenticati dai genitori nel paesino. La figura dell‘aiutante degli eroi è uno dei topos cardini del racconto favolistico e il suo apporto sarà fondamentale nella storia.

Pochi spaventi per un film più riuscito sul piano tecnico che narrativo

In Baba Yaga funziona di più tutto il comparto tecnico che la narrazione, che come già ricordato, nella seconda parte diventa solo confusionaria. Alcune trovate, ad esempio, il fatto che il ricordo dei bambini rapiti sparisca dopo che la strega con i suoi aiutanti li ha catturati, funziona bene. Anche dal punto di vista visivo con importanti cambiamenti somatici.

Il voler però continuamente usare il mondo di mezzo tra quello dei vivi e quello dei morti, trovata che ricorda molto l’Altrove dei primi Insidious, è sviluppato in modo non pienamente convincente. La fotografia è colorata negli interni domestici, forse anche troppo, ed oscura il giusto nei boschi. La regia è sapiente, con alcune scene decisamente ben realizzate. Nonostante non ci siano troppe battutine, sono comunque troppi i momenti in cui la tensione viene spezzata. Questo per la giovane età dei protagonisti che sono funzionali dal punto di vista narrativo, meno per l’adulto amante degli spaventi del cinema di genere.

Baba Yaga è un film potenzialmente molto interessante che, a causa di alcune scelte narrative, risulta però penalizzato, nonostante un discreto comparto tecnico. Un film da vedere se siete appassionati del folklore slavo, sapendo che la leggenda sarà solo il punto di partenza di una storia totalmente diversa e malvagia