Dopo il successo della prima stagione (ve ne abbiamo parlato qui) Chucky, serie televisiva creata da Don Mancini, è ritornata ancora più folle e con una gran voglia di riaffermare il suo animo camp. Sul web qualcuno ha recensito negativamente questa seconda stagione, definendola in maniera dispregiativa Seed of Chucky Part 2. La definizione mi sembra più che corretta, ma questo non fa che alzare il livello del prodotto. Proverò a spiegarvi il perché.

Trama

I nostri tre protagonisti, rimasti orfani (o quasi) e con un pesante bagaglio di traumi, provano ad andare avanti con le loro vite. Jake (Zackary Arthur) vive ora a Salem con una famiglia adottiva e si affeziona velocemente al nuovo fratellino Gary. Il trasloco lo costringe a separarsi da Devon (Bjorgvin Arnarson), rimasto ad Hackensack, con il quale tenta di mantenere una relazione a distanza. Anche Lexy (Alyvia Alyn Lind) è rimasta nella cittadina natale di Charles Lee Ray e ha sviluppato una dipendenza da Clonazepam. Lei, sua madre e la sorellina Caroline stanno seguendo una terapia con la dottoressa Mixter, che pensa bene di regalare a Caroline una bambola Belle (come quella che viene posseduta da Tiffany in La sposa di Chucky) per aiutarla a superare la sua paura delle bambole. L’evento insospettisce Lexy che chiama immediatamente i due amici. Il trio è così riunito, ma non sarà un incontro divertente: Chucky li raggiunge con Gary – e una bomba fatta a mano. Chucky rivela loro di aver atteso questa reunion per poterli uccidere in un colpo solo e che in realtà l’esercito di bambole Tipo Bello è sopravvissuto all’incidente con cui abbiamo visto concludersi la stagione precedente. Devon riesce a distrarre Chucky ma ciò non serve a salvarli tutti dall’esplosione della bomba; i tre protagonisti, incolpati della morte di Gary (non era mia intenzione fare spoiler, ma si tratta di una morte annunciata e che apre la stagione) vengono così spediti alla Catholic School of Incarnate Lord per essere rieducati. Qui, un camion consegna una bambola Tipo Bello.

Il camp

La bambola assassina, non mi stancherò mai di ripeterlo, è tra i pochi franchise horror che è stato in grado di mantenersi al passo coi tempi senza mai snaturare la sua essenza. Complice probabilmente il fatto che Don Mancini non abbia mai rinunciato alla paternità e abbia colto qual era la direzione verso cui spingere la saga, ovvero quella del camp. Il camp rappresenta una ribellione alla norma, una protesta contro tutto ciò che viene celebrato e accettato dal pensiero comune; esso vive di esagerazione, di ciò che più comunemente si definisce kitch, di “bruttezza”. Mancini ci regala un’opera essenzialmente queer che abbraccia l’eccesso, il grottesco, che si pone provocatoriamente come alternativa e che rivendica il suo diritto a essere altro. D’altronde, Mancini lo aveva già fatto benissimo con La sposa e, soprattutto, con Il figlio di Chucky. Non vedo il perché di certe critiche negative, dato che Chucky è questo e lo è sempre stato. E in questa seconda stagione, è tutto più folle e camp che mai, a partire dall’inserimento di diversi Chucky che inevitabilmente riportano alla mente Gremlins 2: c’è il Chucky forzuto, il veterano di guerra e anche quello che diventa “buono” dopo essere stato sottoposto alla cura Ludovico.

Sì, perché ovviamente non mancano i riferimenti al cinema di genere così come la componente metanarrativa, elemento cardine del franchise sin dai tempi de La sposa di Chucky. Gli episodi contengono infatti references ad Arancia Meccanica, The Strangers, Scream, Il silenzio degli innocenti, L’esorcista, Giovani Diavoli, Scanners e molti altri. Azzeccatissima anche la quarta puntata in stile giallo/whudunnit con il cast di Bound, film che ha reso celebre proprio Jennifer Tilly.

Da questo momento in poi ci saranno spoiler, quindi se non avete visto la serie e non volete rovinarvi nulla, vi consiglio di interrompere la lettura.

Cast e personaggi

Parlare di una serie televisiva è sempre difficile perché succedono tante cose e perché ci sono tanti personaggi. Sarebbe utile partire proprio da questi, che sono un po’ il cuore delle serie, sia quelli vecchi che le nuove aggiunte. In questa seconda stagione ritroviamo Barbara Alyn Woods, sindaca e madre di Lexy (le due sono davvero mamma e figlia), Jennifer Tilly più frizzante che mai nei panni di Tiffany e Fiona Dourif sempre bravissima a ricoprire due ruoli, quello di Nica e quello di Chucky – e non potrebbe essere altrimenti dato che è la figlia di Brad Dourif, la voce di Chucky. Anche se fatto fuori nella prima stagione, ritroviamo anche Devon Sawa, questa volta nelle vesti di padre Bryce, dispotico preside dell’istituto. Ad arricchire la scena le new entries Bella Higginbotham, che interpreta la dolcissima ed eccentrica compagna di stanza di Lexy, Nadine, e Lachlan Watson che presta il volto (i volti) a Glen e Glenda, qui sdoppiat* in due corpi. Inaspettatamente ritornano anche Alex Vincent, il nostro amatissimo Andy, e Christine Elise (Kyle), cui Chucky regala un finale felice (speriamo) che commuove. E c’è anche Meg Tilly, sorella di Jennifer nella realtà e nella finzione metacinematografica, con cui invece la serie non è stata ugualmente clemente.

Per quanto riguarda le new entries, meritano una menzione sicuramente Nadine e padre Bryce. La prima non può che restarti nel cuore con la sua dolcezza e pazienza, che è stata in grado di scalfire persino Lexy, della quale è un po’ lo speculare. Nadine è un vero raggio di sole, incarnazione di una purezza che nel mondo di Chucky non può durare tanto. Su padre Bryce, che all’inizio non me la contava giusta, mi sono dovuta ricredere: ha un arco narrativo molto interessante che avrei voluto fosse approfondito di più. Ma arriviamo alla parte più succulenta, Glen e Glenda.

Alla fine de Il figlio di Chucky, l’anima di Glen/Glenda, figli* non-binary di Chucky e Tiffany, viene scissa e trasferita nel corpo di due gemelli, un maschio e una femmina. Glen e Glenda sono così cresciut* in corpi separati, utilizzando i pronomi they/them – che nell’adattamento italiano non vengono rispettati – e sentendosi sempre “a metà”, senza conoscere la loro vera origine e natura. Ormai adolescenti, Glen e Glenda sono alla ricerca di quel pezzo mancante, mentre flashback del loro passato l* tormentano. In particolare Glenda, che ha in sé il lato omicida ma che si rivela un personaggio molto complesso e sfaccettato, tenterà di fare i conti con quel passato e con il padre, che nonostante le apparenze è sempre il manipolatore incapace di accettare e amare l* figl*. Quando poi Glen finisce in coma, l’unica soluzione, sia per salvare la vita a Glen che per donare a entramb* un’esistenza “completa” e degna, è quella di tornare all’origine. Scindere la sua persona, infatti, per provare a vivere entrambe le opzioni, non si è rivelata affatto una scelta vincente. L’identità di Glen/Glenda ha senso solo nella sua interezza, fatta di maschile e femminile, di insicurezze e istinto omicida, della complessità e alterità che Mancini rivendica ancora una volta.

Filo conduttore della stagione sembrerebbe essere proprio questa voglia di tornare all’origine. Se prima Chucky e co. avevano tentato di tutto per trovare un contenitore umano, un corpo nel quale trasferire la propria anima, qui si va nella direzione opposta. Il Chucky “primario” vuole tornare nella plastica, così come Tiffany e come fa anche Glen/Glenda. Ancora una volta, in campo scende il desiderio di non conformità che non fa altro che rafforzare l’animo camp del prodotto.

In conclusione, questa seconda stagione è anche più sanguinosa e cattiva della prima, con alcune uccisioni davvero magnifiche – sì, penso all’esplosione del prete e alla madre di Lexy tagliata in due con la “motosega più silenziosa del mondo”. Anche la scrittura è molto buona (credo che i picchi li raggiunga negli episodi scritti da Mancini stesso) anche se può risultare un po’ caotica, ma nel finale tutti i pezzi combaciano alla perfezione. Chucky si riconferma una serie originale, complessa, che si tiene alla larga dal manicheismo e che ama le famiglie non normative, soprattutto quelle composte da orfani. Restiamo in attesa della terza stagione, già confermata.

Classificazione: 4.5 su 5.