Cosa accade esattamente nel nostro cervello durante la visione di film horror? Un gruppo di ricercatori finlandesi originari di Turku, in un recente studio pubblicato sul giornale NeuroImage, ci svela che sono ben due le forme di paura che si provano durante la proiezione dei film dell’orrore, per ognuna delle quali si attivano sistemi neurali differenziati.
Considerando che tale studio è stato condotto su 37 soggetti e poi replicato su un altro campione, è stato fortemente indicativo, e sono stati chiesti di vedere spezzoni tratti dai due film horror The Conjuring 2 e Insidious mentre la loro attività cerebrale veniva monitorata grazie alla tecnica della risonanza magnetica funzionale, la famosa fMRI. Come mai sono stati scelti proprio questi due film? I ricercatori hanno preso in esame ben 216 appassionati che, attraverso un sondaggio, hanno valutato The Conjuring 2 e Insidious come gli horror più spaventosi e i meglio creati.
Considerando l’analisi dei dati recepiti grazie all’fMRI è venuto fuori che durante la visione dei film horror il nostro encefalo mette in funzione aree diverse a seconda della prossimità dello stimolo pericoloso. In altri termini, quando avvertiamo che la minaccia sta per arrivare, ma non è ancora presente, proviamo una forma di paura cosiddetta sostenuta, che esperiamo soggettivamente con tensione, ansia e suspence. In questo momento, nel cervello sono attive le cortecce sensoriali, sia quella uditiva sia quella visiva, e una parte del lobo parietale . Il significativo incremento della funzione di tali aree ci permette di aumentare a sua volta la vigilanza e di dirigere il focus attentivo sugli stimoli sensoriali. Semplicemente siamo in allerta.
Quando la minaccia arriva, invece, si mettono in funzione le zone corticali, limbiche e cerebellari come la corteccia prefrontale, il lobulo paracentrale, l’amigdala, la corteccia cingolata, l’insula, il grigio periacqueduttale (PAG), l’ippocampo e il talamo. Considerando questo momento, stiamo provando la cosiddetta paura acuta, che potrebbe manifestarsi con quella tipica reazione di “balzare” dal divano. Quando lo stimolo pericolo insorge, infatti, il nostro cervello si attiva in quelle aree coinvolte nel processamento degli stimoli, nell’apprendimento e memoria e nella pianificazione dell’azione. Quest’attivazione cerebrale ci consente, quindi, di attuare delle rapide azioni per fuggire al pericolo, come il fight or flight, le reazione comportamentali di lotta o fuga di fronte ad una minaccia.
Tutti quelli che sono i circuiti della paura sostenuta e quelli della paura acuta sono quindi differenziati a livello cerebrale e si attivano in momenti differenti, a seconda della prossimità spazio-temporale del pericolo. Quella che è l’analisi funzionale della connettività tra questi due sistemi, effettuata durante lo studio, fa vedere tuttavia che è presente una dinamica interazione tra di essi. Non funzionano in modo isolato, ma lavorano in sinergia: i network della paura sostenuta innescano quelli della paura acuta, man mano che la minaccia si fa sempre più vicina.
Questo sta a significare perché a seconda del momento del film, e quindi della prossimità spazio-temporale del pericolo, proviamo sensazioni diverse, che variano dal terrore a franche manifestazioni di paura. Con ogni probabilità, l’eccitazione provata nella visione di un film horror ha molto a che fare con i climax di paura creati ad hoc dai registi, che vanno ad attivare questi specifici circuiti nel nostro cervello.