Il restauro di Una storia vera di David Lynch nelle sale italiane dal 4 settembre

La Cineteca di Bologna riporta in sala il cinema di David Lynch: dopo aver distribuito nel corso degli anni i restauri di Eraserhead, The Elephant Man, Mulholland Drive, Strade perdute, dal 4 settembre arriva nelle sale italiane il restauro di The Straight Story – Una storia vera, realizzato da StudioCanal con la supervisione dello stesso David Lynch.
Dopo l’anteprima dello scorso luglio in Piazza Maggiore a Bologna al festival Il Cinema Ritrovato, la lunga traversata di Richard Farnsworth (al suo ultimo film) in sella al trattore ritrova la sala grazie al progetto distributivo Il Cinema Ritrovato. Al cinema.

Ispirato a un fatto realmente accaduto e portato sul grande schermo da David Lynch nel 1999, Una storia vera “si pone – ha scritto lo studioso Roy Menarini nel suo saggio Il cinema di David Lynch, Edizioni Falsopiano – come film pietra angolare dove Lynch ribalta tutti i propri luoghi, oggetti e personaggi volgendoli al solare senza sostituirne nemmeno uno. Si tratta, con tutta evidenza, di un film dal valore oppositivo, in grado di dimostrare che la “materia” del cinema di Lynch, se solarizzata, può esprimersi con respiro classico e commovente. Un uomo anziano vuole raggiungere il fratello per fare pace con lui ma ha solo un modo per farlo: prendere un piccolo trattore e attraversare mezza America. The Straight Story cerca di recuperare, sia pure in versione destrutturata, lo spirito del road movie classico. In qualche modo, Lynch intende suggerire che The Straight Story è Cuore selvaggio ribaltato, dove al posto di Big Tuna c’è una ospitale e umanissima comunità rurale, al posto degli incidenti più feroci vi sono tragici scontri con una natura benigna, e in cui la violenza degli uomini sugli uomini cerca di essere ricomposta attraverso un viaggio e un perdono”.

Il film – paradossalmente – più sperimentale di David Lynch

Incastonato tra due capolavori “oscuri” come Mulholland Drive e Strade Perdute, Una storia vera svetta proprio per la sua semplicità, risultando – paradossalmente, ma Lynch si muove agilmente tra i paradossi – il suo film più sperimentale e “strano”, proprio perché il più classico e “normale” (la parola straight che troviamo nel titolo originale, e che è anche il cognome del personaggio protagonista, significa anche diretto, sincero, coerente: ovvero tutto quello che non ci saremmo mai aspettati da Lynch).
La storia (vera, come da titolo italiano) di Alvin Straight è quella di un anziano che decide – per incontrare dopo tanti anni il fratello malato, nel tentativo di un riavvicinamento – di intraprendere un lungo viaggio dall’Iowa al Wisconsin; 500 km a bordo di un piccolo trattore tosaerba la cui velocità massima è di 8 km/h. Il viaggio di Alvin Straight è solitario, ma pieno di incontri: quelli con l’umanità che incrocia lungo il proprio tragitto, ma più ancora quelli con gli immensi e spettacolari paesaggi americani, sotto cieli la cui vastità lascia sgomenti. Pianure assolate, tramonti di fuoco, notti stellate: il talento visionario di Lynch applicato non più a incubi e ossessioni ma al cosmo sublime ed insondabile. Proprio per la sua resa visiva (che il nuovo restauro 4K esalta), Una storia vera merita di essere visto e rivisto su grande schermo.

David Lynch e Mary Sweeney ricordano la genesi del film

Così David Lynch racconta la genesi del film: “Mary [Sweeney, sceneggiatrice e montatrice del film] aveva sentito parlare di questo viaggio nel 1994, quando se ne occupò la stampa. Milioni di persone lessero quella storia, ma lei ci si era proprio fissata. E me ne parlava di continuo, finché capii che voleva farne qualcosa. Mi piaceva l’idea di questo tizio che sale sul tagliaerba e parte per andare a trovare il fratello dall’altra parte del confine dello stato. Ma non avevo mai immaginato che un giorno sarebbe diventata uno dei miei film. Poi nel 1998, quando ottenne i diritti della storia, Mary iniziò a raccogliere i materiali necessari. Lei e il suo collega John Roach ripercorsero il viaggio di Alvin Straight, incontrando i suoi familiari e gli amici intimi. Io seguivo i loro progressi. Tutto a un tratto, completarono la sceneggiatura e Mary me la diede da leggere. All’inizio mi dissi: “È assai improbabile che mi piaccia al punto da volerla dirigere”. Mi sono persino chiesto come avrei fatto a dirglielo… Poi, nel momento in cui iniziai a leggerla, tutte le mie riserve scomparvero. La mia immaginazione si mise al lavoro e sentii le emozioni che scaturivano dal materiale”. “La sceneggiatura era un atto d’amore per le mie radici del Midwest – ricorda Mary Sweeney –, e David l’ha diretta con un’emotività perfetta. The Straight Story è un regalo che ci siamo fatti a vicenda”.

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