Primo lungometraggio del Maestro David Lynch, Eraserhead – La mente che cancella, usciva nelle sale italiane il 30 Gennaio 1982, cinque anni dopo l’uscita nelle sale americane. Frutto di una lavorazione durata cinque anni e interrotta a più riprese, a causa della scarsità di budget, è stato dichiarato nel 2004 film “culturalmente significativo” dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti e selezionato, dalla stessa, per la conservazione nel National Film Registry.

Trama

Henry, a seguito della scoperta di una gravidanza indesiderata, si trova incastrato in un matrimonio senza amore con la giovane Mary. L’incubo della genitorialità obbligata prende così forma nell’aspetto mostruoso del pargolo.

Recensione

Non si può vedere Eraserhead senza contestualizzarlo nella storia artistica di Lynch e nel periodo in cui è stato realizzato. Siamo agli inizi degli anni ’70 e un giovane David Lynch ha appena terminato i suoi studi presso l’AFI (American Film Institute Conservatory) di Los Angeles. Quello che è fondamentale considerare è che Lynch nasce come pittore, prima di dedicarsi alla settima arte. Il suo intero lavoro non può quindi essere inteso come semplice prodotto cinematografico, ma come vera opera d’arte. Pertanto, Eraserhead è sì il primo lungometraggio del regista, ma è, ancor più, il manifesto della sua filosofia cinematografica. I temi introdotti sono quelli che poi saranno sviluppati nell’arco di tutta la sua carriera registica. La deformità, la realtà oggettiva che si fonde con la realtà onirica creando una realtà altra, i desideri che emergono direttamente dall’inconscio, sono temi che Lynch approfondirà successivamente e sui quali baserà la sua intera filmografia.

(Dipinto di David Lynch)

Il film inizia con la testa di Henry che fluttua, sovrapponendosi a una figura che può essere assimilabile a un pianeta dalla forma encefalica. Questa semplice scena ci fornisce la principale chiave di lettura dell’opera. La mente diventa luogo in cui abitare e, pertanto, le sue regole e il modo in cui viene elaborato il pensiero si tramutano in leggi fisiche oggettivamente valide. Tempo e spazio vengono plasmati e distorti. Questo aspetto è percepibile fin dalle prime inquadrature. L’ambiente in cui vive il protagonista ha una struttura solo apparentemente realistica. Infatti, seguendo i passi di Henry, si intuisce fin da subito quanto la topologia sia più simile a un quadro di Escher che non ad un quartiere realmente esistente.

(Relatività, M.C. Escher 1953)

Quello che fa di Eraserhead un viaggio onirico, dalla evidente connotazione paranoide, è proprio questa caratteristica, tipica dei sogni, di avere un aspetto apparentemente familiare. La mente attinge a ciò di cui fa esperienza e lo destruttura, creando un mondo nuovo. In Eraserhead questo concetto è estremizzato al punto che la pellicola non ha alcun interesse a farci credere che sia il mondo di cui abbiamo esperienza. Sin dalle prime scene, infatti, il grottesco si insinua in modo subdolo nelle rappresentazioni di tranquilla quotidianità. La stranezza ci viene inizialmente suggerita e poi si rende manifesta, in un climax ascendente di orrore. Ed è in questo che si evidenzia la duplice valenza di Henry essendo sia il protagonista della vicenda che spettatore egli stesso. Diversamente da come è stato detto per anni, egli non subisce in modo passivo e accomodante le stranezze di cui è protagonista, ma ne rimane basito tanto quanto noi fruitori. Come nel peggiore degli incubi il nostro protagonista rimane incastrato in una sorta di sospensione dell’incredulità, che funziona fin tanto che il grottesco non diventa preponderante.

(L’inusuale cena con la famiglia di Mary)

La mente, intero motore della costruzione della realtà di Eraserhead è anche fautrice della sua distruzione. Questo dualismo viene suggerito anche tramite piccoli dettagli sparsi qua e là all’interno della pellicola. Ne è un esempio lampante la presenza vicino al letto sia di una pianta – simbolo di vita per eccellenza – che di un’immagine del fungo atomico – simbolo di distruzione assoluto. Eros e Thanatos danzano in Eraserhead, in modo simmetrico, diventando propulsori dell’intera vicenda, così come il dualismo visivo e concettuale che ci accompagna lungo l’intera pellicola.

In tal senso la duplice connotazione di incubo diventa fondamento per la comprensione dell’intera vicenda. Le visioni orrorifiche, tipiche del lavoro onirico notturno, diventano anche simbolo dell’incubo dettato da situazioni non desiderate. La famiglia viene così connotata dell’atmosfera claustrofobica che dipende tanto dalle stranezze che si palesano nei comportamenti, quando nelle costrizioni che detta al giovane Henry. Egli infatti, costretto a sposare Mary a seguito dell’inaspettata gravidanza, si trova obbligato a badare a un figlio che risulta mostruoso non solo nelle fattezze, ma anche nell’aspetto della genitorialità in sé per sé. La vita sessuale dei due novelli sposi, viene interrotta dai pianti inconsolabili del bambino, pianti che porteranno la stessa Mary ad abbandonare il tetto coniugale. Questa familiarità forzata è principale causa delle frustrazioni di Henry. Frustrazioni che si manifestano non solo nella ricerca di un ambiente privato (l’armadietto in cui nasconde il semino), ma anche nella ricerca continua di evasione, tanto sessuale, quanto mentale. È, infatti, la paternità ad essere il peggiore degli incubi.

Ed è sulla base di ciò che il desiderio sessuale manifesta tutto il suo manicheismo. Incarnato nella figura della vicina di casa, è vissuto, dal protagonista, in modo estremamente dicotomico. Se da una parte la pulsione sessuale è imperante, dall’altra viene connotata tanto da un senso di repulsione, quanto da un’inconscia accezione peccaminosa.

Dicotomica diventa, pertanto, anche la rappresentazione delle due figure femminili principali, contrapposte tanto a livello visivo quanto concettuale. Il peccato, che prende forma attraverso la figura della vicina di casa, ha in sé la bellezza oggettiva e dirompente che viene contrapposta alla deformità fisica della Lady. Ma è proprio la malformazione delle sue guance a rendere, quest’ultima, l’unica figura degna del concetto di beatitudine. La deformità, in Lynch, assurge a carattere nobilitante dell’uomo, come sarà poi approfondito nel successivo The Elephant Man. La Lady in the Radiator diventa simbolo di salvezza per il giovane Henry, salvezza che si fa manifesta, in un primo momento, nell’atto dell’uccisione dei piccoli vermicelli dalla chiara forma spermatica. Come una moderna Madonna, la Lady pesta il frutto della sofferenza e del peccato.

Questa ambivalenza si ripropone nella scena in cui Henry ha, o pensa di avere, un rapporto sessuale con la vicina di casa. Lasciandosi andare in una vasca di lussuria, il protagonista cede alla sua pulsione sessuale, innescando, tuttavia, un senso di colpa che si rende manifesto quando, nuovamente al cospetto della Lady, viene posto sotto giudizio e, non riuscendo a toccarla, aspira alla redenzione.

Sia nel momento in cui Henry è al banco dei testimoni, sia quando rivede la vicina insieme all’altro uomo, la sua testa prende la forma dei quella dell’infante deforme. Duale diventa così, anche il concetto di identificazione. Fu Sigmund Freud ad aver introdotto l’idea di procreazione come oggettivazione di un desiderio più o meno conscio di immortalità e, pertanto, di identificazione del genitore con la prole. In Eraserhead si manifesta tutta la natura conflittuale di tale sentimento. L’identificazione del genitore con il figlio è tendenzialmente frutto del desiderio dell’adulto di avere una “seconda possibilità”. Nell’esperienza di Henry questo sentimento viene stravolto e l’identificazione si tramuta in desiderio inconfessabile di infanticidio. Uccidendo l’infante Henry uccide anche sé stesso, permettendo(si) l’agognato ricongiungimento con l’amata Lady e l’accesso al Paradiso dove “everything is (finally) fine”.

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