Mostri, demoni e presenze che trascendono la realtà caratterizzano l’horror soprannaturale. È un labirinto in cui risulta facile perdere il senso dell’orientamento. E una volta smarrita la strada, sparisce anche la sorgente da cui sgorgano tradizioni, religioni e credenze. Svaniscono le radici da cui traggono nutrimento le nostre paure. E con esse, di conseguenza, scompare il fulcro di ogni creazione. L’uomo: demiurgo del male. Festen – Festa in famiglia riporta l’attenzione sull’iniquità dell’essere umano.

È un urlo senza effetti speciali. Non occorre risuscitare dalle ceneri fenici mostruose: il genere umano, con le sue peculiarità e percezioni, è il pozzo di ogni orrore.

Se guarderai a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà dentro di te.

Friedrich Nietzsche
Helge (Henning Moritzen)

La trama di Festen

Christian (Ulrich Thomsen) torna dalla propria famiglia per il compleanno del padre. Lungo la strada per raggiungere l’hotel di famiglia incontra suo fratello. È l’imprevedibile Michael (Thomas Bo Larsen). I due rivedono loro sorella Lisabeth (Paprika Steen). Non passa molto tempo prima che ricordino il suicidio della gemella di Christian, Søsteren (Lene Laub Oksen), avvenuto nelle stanze dell’hotel. Ma cercano di metterlo da parte, almeno per il momento, e danno il benvenuto agli ospiti. Lisabeth, tuttavia, alloggia nella stanza della sorella defunta. E scopre una cosa che scombussola il suo umore. È qualcosa che induce a rivalutare le cause della morte di Søsteren.

Michael e Christian, nel frattempo, si immergono nel contesto famigliare. La mamma, Else (Birthe Neumann), dà loro il benarrivati. Il padre, Helge (Henning Moritzen), non ha perso il proprio senso dell’umorismo. Ma soprattutto: non ha abbandonato severità e intransigenza. È ben visto dagli ospiti. La sua dignità, tuttavia, potrebbe essere a repentaglio. Christian, infatti, approfitterà di un discorso per togliere il velo da certi fatti avvenuti in hotel nella sua infanzia con Søsteren.

Christian (Ulrich Thomsen)

Il confine tra commedia e tragedia

Nei primi minuti, Festen sembra nient’altro che una commedia. Un humor grottesco caratterizza la pellicola, che sfocia talvolta nell’humor nero. I personaggi spiccano per la caratterizzazione psicologica. Una dose di follia, contraddizioni e disagio esistenziale permea le personalità principali. Nello svolgimento della vicenda i loro animi vengono sviscerati. Tale operazione influisce sullo spettatore in modo da angustiarlo. E l’atmosfera, che straripa di tensione, aumenta l’effetto straniante del mescolamento tra commedia e tragedia.

È come essere lì, seduto a tavola tra gli ospiti. Assistere al discorso di Christian. Avvertire la sensazione di essere fuori posto.

Festen riesce a spaventare. Il realismo che mantiene è impressionante: pare tutto tanto naturale, che risulta impossibile non credere a ciò che accade. Al contrario, viene spontaneo immedesimarsi nelle scene e percepire il disagio provato dai personaggi. È un lungometraggio che fa vibrare le corde del cuore. Ma non senza torcere e stritolare le viscere. E ci riesce restando nella realtà. Non a caso, Festen è il primo film del Dogma 95: il movimento cinematografico volto a riportare il cinema alle sue radici, senza effetti speciali che sfiorino l’eccesso o trame sensazionalistiche. Ma lo stesso regista, Thomas Vinteberg, dichiara di non averlo rispettato. Una regola del manifesto, infatti, vuole che “tutto sia naturale e di proprietà degli attori”. Per Festen, invece, è stato acquistato un abito. Assieme a Vinterberg, Lars von Trier è sostenitore e creatore del Dogma.

Festen sfiora l’assurdità. Il confine tra risata e pianto si annulla. È un film che allunga i propri tentacoli nell’inconscio, nel mare di un’atmosfera spaventosamente realistica. Alcune scene digrignano i denti e li affondano nella carne, più di certi film horror. Non si può guardare Festen in qualsiasi momento: è una storia che trasuda angoscia e profonde disagio.

Classificazione: 4.5 su 5.

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