Arriva nelle sale italiane dall’8 maggio, distribuito dalla Cineteca di Bologna, Gli ultimi giorni dell’umanità: un film monumentale, costruito sull’altrettanto monumentale archivio privato di Enrico Ghezzi, fatto di materiali girati, camera alla mano, dalla fine degli anni Settanta ai primi anni Duemila.

Accanto a queste preziose ed eterogenee immagini ci sono quelle provenienti da diversi archivi internazionali ed estratti dai film di Abel Ferrara, Guy Debord, Aleksandr Sokurov, Bela Tarr, Straub & Huillet, Hans-Jürgen Syberberg, Kōji Wakamatsu, Sergej Paradžanov, Otar Iosseliani, Bernardo Bertolucci, Carmelo Bene, Federico Fellini.
Realizzato dallo stesso Enrico Ghezzi assieme ad Alessandro Gagliardo e presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, Gli ultimi giorni dell’umanità, prodotto da Matango con Rai Cinema e Luce Cinecittà e Minerva Pictures Group, aprirà, in concorso, UnArchive Found Footage Fest il 3 maggio a Roma, prima di arrivare, appunto, dall’8 maggio nelle sale italiane.

Il panorama delle vicende umane incontra l’uomo con la macchina da presa. Il suo campo da gioco non ha confini, la sua curiosità non ha misura. Personaggi, situazioni e luoghi si accampano nel vissuto di un’umanità che è al contempo colei che vede e la cosa vista. Ma cosa sono gli ultimi giorni di questa umanità? Sono già trascorsi? Sono adesso o da venire? Nell’attesa gli astronauti dell’Atalante, nei loro sogni prometeici, incontrano la propria immagine in una bolla d’acqua.
Lungo i tragitti dei piroscafi a mare aperto, una carezza, un affetto. Allo specchio, camera in mano, si verifica, certo sempre incertamente, la propria cattura dentro quella corta, troppo corta, unità di tempo. Ma quello che abbiamo imparato è che non c’è una durata. Tutto quello che toccano diventa tempo, diventa azione, attesa e speranza, ricorda Demetra all’umano affaccendarsi. Frammento di frammenti. Per compiere un gesto che sfugga la malinconia e la giochi in un movimento addirittura impossibile. Il teatro di Marte di Kraus non ha ancora aperto, eravamo occupati ad an-archiviare.
E questo dramma non può avere altro spettatore che l’umanità.

Nella prima pagina del diario di Franz Kafka, un appunto: “Gli spettatori impietriscono quando passa il treno”. Scorrono centinaia di ore di nastri.
Enrico Ghezzi conversa con il filosofo Emanuele Severino: “Non si pensa adeguatamente la frattura vera che porta il cinema nella storia, quella che siamo abituati a pensare come storia dell’umanità. Il cinema è il primo momento in cui il mondo si rivede. Poi sappiamo che è finto, che è un trucco, che sono fotogrammi singoli, ma mentre la fotografia è un istante ghiacciato, col cinema rivediamo un cavallo, il mondo si rivede e questo di per sé è un avverarsi che non si pensa…”.
Cut.
“Se i tuoi occhi ti offendono, strappali!”, ammonisce il predicatore.

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