“Da bambino mi sentivo fuori luogo un po’ ovunque, proprio come i mostri. Per me il mostro è una creatura coraggiosa, che esiste nonostante l’oppressione della gente normale. Ciò che mi piace è che è come un animale, non c’è nulla di ipocrita in lui”.

Guillermo Del Toro nasce in Messico, a Guadalajara, nel 1964. Si dedica fin da bambino alla scoperta del cinema. Predilige l’horror e il fantasy, nonostante sia allevato da una nonna molto cattolica. Quindi studia in una scuola di cinema nel suo paese natio e produce il primo lungometraggio nel 1995: Cronos. Si tratta di un film in cui traspaiono la sua personalità e il suo stile, che successivamente perfezionerà e renderà presenti in molti dei suoi capolavori.

Mi piacciono i mostri, mi identifico con loro.

Guillermo Del Toro sul set di The Strain (2013).

Guillermo Del Toro ha uno stile inconfondibile: le sue opere, come già anticipato, sono spesso una commistione di horror e fantasy con un significato profondo, quasi moralista.

Non in pochi, per l’appunto, definiscono le pellicole di Guillermo delle favole tenebrose e moderne. In più di un’occasione, inoltre, il regista ambienta le sue storie in contesti realistici (specialemente di guerra). Il suo primo vero capolavoro, in ogni caso, nasce quando si trasferisce in California. Il padre di Del Toro, infatti, nel 1998 viene rapito da alcuni banditi messicani e, dopo aver pagato il riscatto, la famiglia decide di cambiare città.  Ed è in California, dunque, che il maestro messicano dirige La spina del diavolo (2001). Dopodiché, si dedica ad alcune trasposizioni cinematografiche di fumetti quali Hell Boy e Blade.

Considero l’horror come parte integrante del cinema e non come un genere indipendente che non ha nulla a che fare con esso.

Il piccolo Carlos (Fernando Tielve) in La spina del diavolo.

Del Toro fa un largo uso di make up, che limitano l’utilizzo di effetti speciali.

Si guardi, ad esempio, al trucco dello stesso Hell Boy o a quello del celeberrimo Fauno de Il labirinto del fauno. Esse sono senz’altro realizzazioni fantastiche e ad un confine sottilissimo dall’essere definite opere d’arte. Guillermo sviluppa la sua passione per il trucco sin dalla giovane età, fondando persino una propria compagnia: Necropia. Tra le altre cose, Del Toro si dedica alla scrittura di numerose sceneggiature e, dal 2009, inizia anche a scrivere romanzi.

Dunque, Guillermo è regista, make up artist, sceneggiatore e scrittore. I suoi talenti, però, sono riconosciuti e apprezzati dalla critica?

La risposta inconfutabile a tale domanda arriva nel 2006, grazie a Il labirinto del fauno. Il suddetto film, infatti, vince ben tre premi Oscar e, ancora oggi, non smette di impressionare, commuovere e incuriosire il pubblico. La pellicola in questione narra di una bambina (Ofelia, interpretata da Ivana Baquero) che, nelle fasi terminali della guerra civile spagnola, è costretta a cambiare dimora. Si dirige con la mamma incinta verso una zona montuosa: un avamposto militare in cui abita il patrigno, che ha chiesto alla consorte di trasferirsi per partorire nella sua casa. Ed è qui che la bimba scopre l’esistenza di un labirinto custodito da una creatura affascinante e, al contempo, spaventevole: il Fauno.

L’essere bizzarro sostiene che Ofelia sia la reincarnazione della principessa di un mondo incantevole e antico. L’abitazione del patrigno, infatti, si trova vicino ad un portale dimensionale. Il Fauno, quindi, affida alla fanciulla qualche missione poiché, solo così facendo, l’accesso al regno fantastico può essere ristabilito. La bimba, però, supera unicamente due delle tre sfide assegnatele. L’ultima, che consiste nel versare del sangue innocente (quello del fratellino neonato), difatti, si rivela troppo spiacevole per lei e si rifiuta di compierla.

Il Fauno (Doug Jones) e Ofelia (Ivana Baquero)

Ciononostante, Ofelia viene sparata dal patrigno ed è proprio il suo sangue ad aprire il varco per la zona incantata. Rifiutarsi di sacrificare il fratellino è una scelta coraggiosa e onorevole, che sarà poi applaudita dal Fauno, dai sudditi e dal vero padre della bambina nel regno incantato.

Tutto ciò è condito da un atmosfera cupa e angosciante, e il contesto della guerra spagnola, pieno di tensione e attacchi guerriglieri improvvisi, è reso magnificamente.

Le idee e le creazioni di Del Toro sono senz’altro geniali, ma da chi prende ispirazione il maestro messicano?

In un intervista, Guillermo ha dichiarato di ispirarsi ad autori fantasy, horror e weird del diciannovesimo secolo, come Arthur Machen, Lord Dunsany, Clark Ashton Smith, Howard Phillips Lovecraft e Jorge Luis Borges. Ciò nonostante, la personalità del regista messicano è ben delineata e non copia mai in modo spudorato nessuno tra gli scrittori sopra citati.

Interno della casa di Guillermo Del Toro: un’immensa raccolta d’arte, libri e cimeli cinematografici fantastici e orrorifici.

Altro capolavoro di Del Toro è La forma dell’acqua, del 2017.

Si tratta di un lungometraggio fantasy-drammatico, una vera e propria favola moderna, con cui Guillermo conquista il suo primo Golden Globe come Miglior regista. I premi, però, non si fermano qui: La forma dell’acqua riceve altri 3 premi Oscar (su 13 candidature) e il premio Leone D’oro. Per una pellicola fantasy si tratta di un successo strabiliante, come non accadeva da molto tempo a questa parte. E a proposito di vecchie opere fantasy… Del Toro avrebbe dovuto dirigere i primi due capitoli di Lo Hobbit. Il progetto, però, venne abbandonato dopo due anni di lavoro. La direzione del film, quindi, passò a Peter Jackson. Anche se la regia di Lo Hobbit è impeccabile, non possiamo fare a meno di chiederci come sarebbe stato se l’avesse diretto Guillermo.

Incapace di percepire la forma di Te,

ti trovo tutto intorno a me.

La tua presenza mi riempie gli occhi del tuo amore,

umilia il mio cuore,

perché tu sei ovunque.

La Forma dell’Acqua

Elisa Esposito (Sally Hawkins) e il suo amante pesciforme (Doug Jones).

Tra le altre opere dirette dal maestro messicano risultano: Doña Lupe – cortometraggio (1985); Geometria – cortometraggio (1987); Mimic (1997); Hellboy: The Golden Army (2008); Pacific Rim (2013); Crimson Peak (2015).

Dopo molti anni dall’inizio della sua carriera, Guillermo Del Toro continua a stupire, scrivendo la sceneggiatura di Scary Stories to tell in the dark (2019) e dedicandosi alla produzione di Antlers (2020): un horror targato Walt Disney Studios e prodotto da Fox Searchlight Pictures.

L’emittente televisiva Fox, comunque, non è nuova all’apprezzare i lavori del regista messicano. Nel 2014, infatti, produce la serie tv The Strain, basata sulla trilogia di libri scritti da Del Toro e Chuck Hogan. Si tratta di un’opera  in cui Guillermo rivoluziona la figura del vampiro: dimenticatevi del fascino di Dracula poiché, in The Strain, i succhia sangue sono terribili anche nell’aspetto. Inoltre, essi sono comandati dal Padrone, un’entità antichissima e potente che vuole diffondere un’epidemia a livello globale, trasfomando tutti in vampiri e regnando su di loro. Coloro che sono affetti dalla malattia, per l’appunto, non possono sottrarsi agli ordini del Padrone: sono tutti collegati a lui tramite una sorta di coscienza collettiva.

Infine, pare che Guillermo Del Toro sia davvero un mostro, ma non nel senso in cui lo intende lui. È piuttosto un prodigio, un maestro che ha segnato il panorama del cinema mondiale e che, con le sue opere, lascia un messaggio chiaro e forte:

I mostri, anche se d’aspetto grottesco e di carattere bizzarro, sono molto più dignitosi dell’essere umano. Gli esseri striscianti, infatti, si limitano a seguire la loro natura; l’uomo, al contrario, può scegliere d’esser cattivo quando più gli aggrada.