Trama

I morti viventi ormai popolano la terra. Un piccolo gruppo, composto da scienziati e militari, si è rifugiato in un grande bunker sotterraneo per cercare di sfuggire alla rovina. E mentre la sopravvivenza si fa più difficile, la ricerca sugli zombi non si ferma, l’unica sta non nel curarli, ma nell’addomesticarli.

Così, nelle profondità della terra, il Dottor Logan compie estremi esperimenti sui morti viventi, per cercare di comprendere i meccanismi della loro nuova vita ma ben presto i rapporti tra gli scienziati e i militari si guasteranno, mentre fuori dalle barriere i morti viventi spingono per entrare…

Terzo film della saga dei morti viventi ideata e diretta da George A. RomeroIl giorno degli zombi esce nel 1985 e se sette anni prima Zombi fu vietato ai minori di 18 anni, per questo il divieto fu abbassato ai soli 14 anni, rendendo impossibile per Romero una appropriata distribuzione. Inoltre, il film dovrà confrontarsi inevitabilmente con i suoi predecessori: La notte dei morti viventi e Zombi.

Un paragone con due capolavori del genere horror spaventerebbe chiunque, ma non la stessa persona che li ha creati. Romero, con un budget più alto rispetto ai primi due film, sforna un’opera cruda, micidiale, completa.

Se nel primo le proporzioni di numero erano tutte a nostro favore e nel secondo la situazione era sì pessimistica, ma non del tutto spacciata, qui scopriamo la vera espansione dell’epidemia, che vede ora la razza umana quasi scomparire.

Dalla fulminea e straordinaria sequenza che precede i titoli di testa (due minuti d’antologia), dove Romero ricorre alla dimensione onirica, ai successivi attimi alla luce del sole, poi il buio, le lampade fredde e artificiali del bunker sotterraneo rubano il posto alla deserta città soleggiata.

Come in passato, l’azione è concentrata nello spazio chiuso e ci troviamo di fronte quasi a un Kammerspiel, che mantiene le tensione sempre a livelli molto alti, dando vita ad una decisiva lotta interna tra i sopravvissuti e mostrando tutta la stupidità e la mancanza di fiducia verso il prossimo di cui l’essere umano si può render capace in situazioni così estreme.

È forse l’ambientazione la chiave che aziona i meccanismi tematici della pellicola: l’uomo è ritornato ad essere, come lo zombi, un cavernicolo; un essere che vive nelle grotte, come gli antenati di Neanderthal. Costretto in una perenne quarantena che tira fuori il peggio dell’animo umano.

Sono location minimalistiche, tetre e sterili, specchio di quel connubio che si crea nel film tra due facce della stessa medaglia: la scienza progressista e il militarismo miope e guerrafondaio. Due categorie di personaggi per così dire civilizzati, ma che agli occhi del regista altro non sono che fanatici.

Il giorno degli zombi è sotto il segno della riflessione.

Infatti, mentre il primo capitolo affrontava tematiche come il razzismo (tema molto caro al regista e presente in ogni pellicola), e Zombi (Dawn of the dead) era una fortissima critica alla società capitalista-consumista, questa pellicola attacca l’inadeguatezza e l’idiozia dei militari americani e la smania della scienza, che si erge portatrice di una verità assoluta e che è disposta a tutto a nome della ricerca. È la più pessimistica visione di George Romero ed è anche il più sfiduciato sulla natura umana. Proprio come dice il Joker ne Il cavaliere oscuro (Christopher Nolan, 2008):

« quando le cose vanno male, queste persone civili e per bene si sbranano tra di loro […] ».

Siamo negli anni ’80. Anni del culto del fisico e del sogno americano. Gli anni di Reagan e della Thatcher, quindi, per Romero, i morti hanno già vinto. Ogni briciola di speranza è perduta perché i vivi sono peggio dei morti. Sono gli anni dell’edonismo, della Guerra fredda, delle armi di distruzione di massa.

Tutto ciò viene mostrato del cineasta con l’insania assoluta dei protagonisti: il personaggio di Rhodes, che altro non può che rappresentare la violenza dei militari; il personaggio del Dottor Logan, soprannominato Dottor Frankenstein, che, come la scienza e la medicina più invasate è pronto a tutto pur di ottenere risultati coi suoi folli esperimenti.

Per la prima volta, infatti, si cerca di dare una spiegazione scientifica e fisiologica al fenomeno dello zombismo, insieme a una più attenta analisi psicologica dei personaggi.

Day of the Dead rappresenta un’altalena nel vedere l’umanità come protagonista e come antagonista di sé stessa. Come suggerisce il Dr. Logan, gli zombi del film sono le imperfezioni dentro di noi, proprio come La notte dei morti viventi e Zombi hanno ritratto gli esseri come un inconfondibile “altro”. Il giorno degli zombi offre uno sguardo spaventoso sulla propensione dell’umanità all’ autodistruggersi.

Le tensioni razziali del primo film non sono che un aspetto di questa abitudine. Qui, un Romero sfiduciato osa affrontare l’essenza stessa della disumanità dell’uomo per l’uomo. E alla fine, il film è altrettanto avvincente e inquietante quanto i suoi predecessori più lodati. La paura non è solo da attribuirsi al mostro in sé, ma bensì al fatto che il mostro possa assomigliarci, che il diverso (e quindi odiato) possa essere come noi. D’altronde loro erano noi. E noi siamo loro.

Il giorno degli zombi colpisce duro non solo dal punto di vista psicologico ma anche, e soprattutto, nella furiosa verve gore che, seppur presente in poche scene, esplode crudele nelle orribili e strazianti morti delle vittime, con gli effetti speciali e il make-up curati dal grande Tom Savini che toccano alti livelli di impressionabilità (una vera epopea della mutilazione). Valsi un Saturn Award.

Poche volte si ha la possibilità di vedere un film più putrido, fatto di pura carne smembrabile, tra zombi che perdono gli intestini, trapanazioni, amputazioni, decapitazioni a mani nude e macabri pasti antropofagi che rasentano l’iperrealismo.

Come non citare la bellissima colonna sonora di John Harrison, che trasuda un’atmosfera con motivi chiari e scuri contrastanti, proprio come il film. Forse sottovalutata nel panorama horror.

Gli spunti “nuovi” del film sono legati alla grottesca figura dello scienziato pazzo e alle sue sudice sperimentazioni. I non-morti, viene chiarito una volta per tutte, agiscono in assenza di reali motivazioni fisiologiche perché una volta privati degli organi interni, apparato digerente compreso, continuano ad avere fame di carne umana, il che ci riporta alla (già) nota metafora anticonsumista: gli zombi come “consumatori finali”, definitivi, spinti dall’ ossessivo impulso di soddisfare bisogni inesistenti.

Elemento realmente inedito è invece la presenza dello zombi pensante Bub, amante della buona musica, abbastanza civilizzato ed emotivamente “umanoide”, tanto da piangere (e poi vendicarsi) per la morte del suo padre-creatore. L’analogia è al romanzo di Mary Shelley. Inoltre Il romanzo che il dottor Logan offre allo zombie Bub, per testare le capacità acquisite, è il celebre best seller Le notti di Salem, di Stephen King.

Come dimenticare poi i discorsi filosofici a metà film sul creatore e sul mistero della vita he fa il pilota afroamericano, che (come accadeva per La notte dei morti viventi) Romero vede come  il più intelligente del gruppo, o perlomeno quello dotato di più buonsenso rispetto agli altri.

« Quale spiegazione? E’ una punizione di Dio, una maledizione per farci vedere com’è fatto l’inferno».

Paradossalmente, alcuni ritengono che questo sia il più speranzoso della trilogia, grazie soprattutto al suo finale pseudo-ottimista e al modo in cui sembra rafforzare la visione dantesca della trilogia che ti guida attraverso l’Inferno ne La notte dei morti viventi, nel purgatorio in Zombi e nel paradiso tropicale nel finalissimo Il giorno degli zombi. Ma vedere la fuga e la tregua nel finale significa ignorare il film che lo precede.

A parte il fatto che il nascondiglio sotterraneo aveva anche il suo finto paradiso (entrambi sono musicalmente sottolineati con la stessa musica John Harrison carica di marimba) che si è rivelato essere un’oasi. Sembra che Romero stia dicendo, sogna tutto quello che vuoi ma l’incubo non è mai finito. Indicando quindi la possibilità che si tratti di un sogno.

 

Ci troviamo quindi di fronte a un horror dai risvolti politici, molto dialogato ed squisitamente truce, in cui nulla è gratuito e fine a sé stesso. L’autore analizza come si comporterebbe una società sull’orlo del collasso: è un film teorico, di breve durata e che si segue bene.

Romero (qui anche sceneggiature) costruisce con poco un mondo pazzoide e allucinante, con un rigore di regia raro nel cinema americano: Non è un caso che l’eroe del film sia una donna, Sarah (interpretata da una sconosciuta Lori Cardille). Non un film d’autore ma al tempo stesso qualcosa di più di un semplice film di genere. Un regalo per i fan del gore e per gli appassionati.

Un prequel è stato rilasciato nel 2005, intitolato Day of the Dead 2: Contagium. Sebbene sia, per definizione, un sequel ufficiale in quanto Taurus Entertainment Company detiene i diritti per il film originale, nessuno del film originale ha avuto alcun coinvolgimento nel film. Il film si discosta anche dalla continuità dell’originale per diversi aspetti.

Un remake libero del film, Day of the Dead, è stato rilasciato direttamente su DVD l’8 aprile 2008. Poco è rimasto della trama originale, con pochi elementi rimanenti; in particolare la base dell’esercito sotterraneo alla fine del film e alcuni nomi dei personaggi. Il 10 luglio 2013 è stato annunciato che ci sarebbe stato un altro remake, intitolato Day of the Dead: Bloodline. Il film è stato rilasciato il 5 gennaio 2018. Alcuni di questi sono disponibili su Netflix, ma sono ben lontani dal livello dei film di Romero.