Il Ponte della Maddalena, situato a Borgo a Mozzano, in provincia di Lucca, è uno dei così detti ‘Ponti del Diavolo’ che si trovano in Italia e in Europa.

Queste costruzioni sono avvolte in un alone di mistero per via delle forme asimmetriche e inconsuete, che nell’epoca medievale hanno ispirato miriadi di leggende. Spesso si tratta di racconti faustiani, in cui l’essere umano riesce ad avere la meglio sul Principe delle Tenebre grazie ad uno stratagemma.

Quello situato tra Lucca e la Garfagnana spicca per una grande arcata a tutto sesto affiancata a tre archi minori. Come altri ponti del suo genere è al centro di numerose storie folkloristiche e non è semplice trovare notizie certe a proposito della sua origine.

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In base agli studi di Nicolao Tegrimi, possiamo affermare che a ordinare la costruzione del ponte fu Matilde di Canossa, vissuta tra il 1046 e 1125.

Ma Castruccio Castracani si occupò di un restauro tra XII e il XIII secolo. Egli fece sostituire le strutture in legno per realizzare in muratura gli archi minori del ponte e questo spiegherebbe l’enorme differenza tra l’arco maggiore e gli altri, oltre che l’inclinazione diversa sul lato sinistro del ponte.

Giacché non esiste modo migliore per esprimere lo spirito di una storia se non con una storia stessa, vi racconteremo la leggenda del Ponte della Maddalena con un racconto, elaborato da noi di HorrorItalia24.

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Borgo a Mozzano, intorno all’anno 1000.

Il capomastro era impegnato a sorvegliare e dirigere le operazioni di un cantiere in costruzione. Ogni tanto sbuffava e puntava lo sguardo oltre le case, le botteghe e i castelli. Per farlo gli bastava seguire il fiume Serchio, che si snodava lungo il borgo fino a raggiungere le montagne e sparire poi nelle campagne incontaminate della Toscana. Dall’altra sponda, però, c’era un paese che attraeva la sua attenzione più d’ogni altra cosa.

“È bello, vero?” fece una voce alle spalle del capomastro. Lui si voltò e scoprì che si trattava del contadino che abitava in fondo alla strada.

“Che cosa è bello?”

“Il paese che c’è dall’altra parte del fiume. È tanto vicino… eppure incredibilmente lontano. Se solo si potesse raggiungere senza attraversare le acque, ne gioveremmo tutti”.

Il capomastro iniziò ad accarezzarsi il mento con una mano. Sentì i ciuffi della barba che quasi gli pungevano le dita e non poté fare a meno di riflettere che somigliavano ai peli del verro che possedeva il contadino. 

“Per quanto è vero che questa barba è rade come il pelo del verro, io unirò il nostro borgo a quello che si trova dalla parte opposta del fiume!”

Il contadino chiese al capomastro in che modo avesse intenzione di unire i due paesi. “Con un ponte” replicò il capomastro, “ho innalzato case, castelli e botteghe: costruire un ponte per congiungere le due borgate sarà facilissimo”. Detto ciò, andò via senza neppure salutare. Si recò nel punto in cui sarebbe sorto il cavalcavia e notò che nei paraggi si trovava una cappella, perciò decise di chiamare la sua opera ‘Ponte della Maddalena’.

Si convinse inoltre che, con l’aiuto della Santa Vergine, avrebbe portato a termine i lavori prima del previsto. Comunicò la notizia ai compaesani, che la accolsero con gioia. Ed è così che cominciarono i lavori: il capomastro convocò decine di operai e muratori, grazie ai quali giungevano ogni giorno sulla sponda del fiume carichi di mattoni, cemento e altri materiali utili alla costruzione. Ma dopo un paio di giornate, trascorse a dirigere le operazioni e lavorare, il capomastro guardò il risultato e storse il naso. Un operaio si accorse del suo atteggiamento e chiese spiegazioni.

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“Siamo troppo lenti” disse il capomastro, “continuando di questo passo i più anziani del paese non vivranno abbastanza per vedere il ponte”.

L’operaio annuì, ma anche lui aveva qualcosa da dire, perché si mordeva le labbra fino a farle sanguinare. 

Poi finalmente si fece coraggio e parlò: “Vede, signore, oltre a non finirlo in tempo… io e gli altri dovremmo farle qualche domanda. Ad esempio, come si fa a costruire quella curva tipica dei ponti senza far cadere i mattoni nell’acqua?” Il capomastro aggrottò le sopracciglia. Sentì la rabbia scorrere nelle vene e fu sul punto di colpire l’operaio con un pugno. Ma all’improvviso comprese che neppure lui, costruttore di case, castelli e botteghe, sapeva come innalzare un cavalcavia.

A quel punto cadde disperato al suolo e rimase lì fino a quando calò la notte.

Gli altri lavoratori andarono via, ma il capomastro si teneva le mani premute in faccia, a causa del senso di vergogna che lo pervadeva dappertutto. Provò a dimenticare i pensieri che lo tormentavano e nei giorni successivi continuò a faticare, faticare e faticare. Tutte le sere, però, prese l’abitudine di non tornare a casa per restare lì, a crogiolarsi nel pianto e nella disperazione. Non aveva una moglie, né il vizio di bere sempre nello stesso locale come gli altri lavoratori, perciò nessuno l’avrebbe cercato durante il crepuscolo. Eppure, le sue aspettative si rivelarono errate: in una notte illune, in cui le stelle sembravano essere sparite per lasciare il posto all’oscurità assoluta, qualcuno si presentò al cospetto del capomastro

“Povero uomo” disse lo sconosciuto. Il capomastro sussultò, perché non aveva sentito alcun passo prima di udire la voce. In ogni caso, si sollevò da terra e sperò che chiunque l’avesse disturbato a quell’ora della notte sarebbe andato via il prima possibile. In fondo, pensò, nessuno vuole chiacchierare con i barboni, o con quelli che sembrano tali. Ma ancora una volta si sbagliava. “Non è facile costruire un ponte, vero?” 

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Già” rispose il capomastro. Provò a stringere le pupille per distinguere meglio la figura che gli si parava davanti. Il tentativo, tuttavia, fu inutile: quell’uomo era più nero della notte.

Scosso da un brivido gelido che gli attraversò la schiena, il capomastro chiese all’estraneo di presentarsi. “Chi sei tu? Che cosa vuoi?”

“Non importa chi sono io, ma chi sei tu. Sei un uomo rispettabile o un ciarlatano?”

“Un ciarlatano non di certo!” esclamò il capomastro. L’individuo misterioso però ebbe da ridire: affermò che in città si vociferava che non sarebbe riuscito a mantenere le sue promesse riguardo alla costruzione del ponte. Allorché, il capomastro si accasciò al suolo. Piagnucolando, espresse le proprie preoccupazioni a proposito del cavalcavia e di tutto ciò che sua costruzione implicava.

“Disperarsi non serve a niente” annunciò l’estraneo, “io posso darti quello che desideri”.

“Davvero?”

“Sì, ma cosa sei disposto a perdere?”

Tutto!” disse senza esitare il capomastro, “darei ogni mio avere per salvare la reputazione!” L’estraneo sghignazzò. Una risata cupa si diffuse nell’atmosfera con un’eco che non aveva niente di naturale. 

“E così sia. Entro domani i lavori saranno completati. Ma ascoltami bene, capomastro: dovrai consegnarmi l’anima della prima persona che attraverserà il ponte”. L’interlocutore non fece in tempo a replicare, che gli occhi dell’estraneo si illuminarono di una luce rossa come le fiamme dell’inferno.  E all’improvviso sparì, tanto velocemente come era arrivato. Nel cielo si palesò una luna scarlatta e anche le stelle tornarono a splendere, ma erano disposte a formare delle costellazioni che mai il capomastro aveva visto prima di quel momento. Restò a fissarne una che pareva la rappresentazione di un pentacolo rivolto verso il basso, mentre cercava di realizzare l’accaduto.

Che cosa aveva fatto? Aveva davvero stipulato un patto… col demonio?

Per redimere la propria anima si allontanò dalla zona dei lavori. Iniziò a supplicare perdono a Dio, ad invocare il nome dei santi e della trinità affinché potessero proteggerlo. Camminò fino al centro del paese, dove si trovava la cappella più frequentata del borgo. Poté constatare che le porte erano spalancate e che c’era persino un parroco impegnato a pregare, nonostante la tarda ora. Il capomastro, tuttavia, non ebbe il coraggio per entrarci. Quale essere ignobile osa mettere piede nella casa di Gesù, dopo aver concluso un accordo col Principe delle Tenebre?

Insistette a vagare per il paese e talvolta gli sembrava di distinguere ombre malvagie negli anfratti più oscuri. Infine, crollò stravolto nei pressi di una fontana e si addormentò. Quando il sole risorse, si sciacquò il volto e sperò di aver vissuto gli eventi del giorno precedente soltanto in un incubo. Corse a perdifiato verso la sponda del fiume scelta per l’edificazione del ponte. Il contadino suo conoscente, però, lo fermò a metà strada.

“Bel lavoro, capomastro!” e si avvicinò al suo orecchio, “come hai fatto a finirlo in una sola notte?”

“Di che parli?” Il capomastro decise che non voleva ricevere una risposta. Riprese a correre verso una metà che lo ammaliava e lo terrorizzava allo stesso tempo finché…

eccolo! Il ponte era lì, bell’e pronto, più notevole e appariscente di quanto potesse immaginare!

Gli operai, giunti sulla scena con l’intenzione di proseguire i lavori, stavano a guardare il cavalcavia con gli occhi fuori dalle orbite. Presto si accorsero della presenza del capomastro e, uno ad uno, fecero la fila per dargli la mano e complimentarsi. Lui, però, disse che non potevano restare lì: dovevano tornare subito alle loro case, giacché il ponte poteva crollare. Ma alcuni non erano d’accordo.

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“Che dice il capomastro? Non s’è mai visto un ponte migliore di questo”.

“Vi dico che non è così. E poi… guardate lì, non è per niente simmetrico!”.

Sapendo che avrebbe dovuto donare al diavolo la prima anima che fosse passata sul ponte, il capomastro tirò un sospiro di sollievo quando convinse i lavoratori ad andare via. Ma la costruzione avrebbe presto attirato tutti gli abitanti del paese, perciò decise che doveva sbrigarsi a trovare una soluzione. Stabilì che sarebbe tornato alla chiesa che aveva visto la notte prima e che avrebbe pregato con tutte le sue forze.

Dei pensieri terribili, però, lo tormentavano: e se le sue preghiere non avessero funzionato? Già immaginava il terrificante svolgersi degli eventi. La sola idea che la prima persona che fosse passata sul cavalcavia sarebbe morta a causa sua lo faceva tremare come un verme. In ogni caso, come stabilito, il capomastro raggiunse la parrocchia. Si inginocchiò su una panca e iniziò con un Pater Nostre, per poi proseguire con un’Ave o Maria e un Confesso. Trascorse così minuti interminabili, finché il prete non gli si avvicinò per chiedergli di abbassare la voce, poiché stava per cominciare la messa. Il capomastro si scusò e asciugò una lacrima che scendeva lungo uno zigomo con la manica della giacca.

“Dimmi, figliuolo, che cosa ti tormenta?”

“Non merito le vostre attenzioni, padre. Ieri sera ho parlato col maligno e ci ho stipulato un patto”. Il parroco chiese di saperne di più; il capomastro spiegò come stavano i fatti. “Non darti pena, capomastro. Tutto quello di cui abbisogni è un porco”. In un primo momento, le parole del prete risultarono incomprensibili. Un porco? Cosa doveva farci con un porco? Ma il cappellano gesticolò ciò che avrebbe fatto la bestia: sarebbe salita sul ponte e il diavolo l’avrebbe ghermita, poiché l’avrebbe di sicuro scambiata per una persona.

Il capomastro lo ringraziò e promise che sarebbe tornato in quella chiesa tutti i giorni. In seguito si recò dal contadino in fondo alla strada, a cui chiese di prestargli un maiale. Lui acconsentì senza troppi problemi. Avrebbe ricavato da quel prestito la somma più cospicua mai guadagnata nella sua vita. Col verro legato ad una corda, dunque, il capomastro raggiunse il ponte.

Fu rincuorato di scoprire che era ancora troppo presto perché potesse essersi radunata una folla. Giunto alla sottilissima linea di confine che separava il ponte dalla terra, il capomastro slegò il porco e lo spinse dall’altra parte. L’animale, grazie al cielo, seguì la rotta prestabilita dal volere di Dio. Quando arrivò alla sommità del ponte, un’ombra corvina apparve dal di sotto della costruzione e avviluppò il verro. I grugniti della bestia si mischiarono alle urla inferocite del diavolo, che lo fece cadere dal ponte e lo trascinò con sé nel fiume.

Il capomastro allungò le labbra a formare un sorriso. Si precipitò in un’altra corsa verso le case del borgo, per incitare tutti gli abitanti a guardare la maestosa costruzione che collegava i due paesi.

Insieme a loro inaugurò il Ponte della Maddalena che, come afflitto da una maledizione, sarebbe stato per sempre conosciuto come… il Ponte del Diavolo.

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