1894, i fatti realmente accaduti sono quelli dell’affare Dreyfus, ufficiale francese ebreo che fu ingiustamente accusato di tradimento e spionaggio a favore della Germania. Si crearono e scontrarono due campi profondamente opposti: quelli che difendevano l’innocenza di Dreyfus (tra loro si distinse Emile Zola con il suo intervento giornalistico denominato “J’Accuse”), contro quelli convinti della sua colpevolezza.

Basato sul libro “An officer and a spy” di Robert Harris, L’ufficiale e la Spia di Polanski riesce a ricreare il periodo storico maniacalmente, e ogni aspetto è curato con molta precisione. Siamo immersi nella Francia di quell’epoca, la scenografia ed i colori sono sempre abbinati con gusto, con una fotografia splendida di Pawel Edelman che aveva già collaborato diverse volte con Polanski.

Da sottolineare innanzitutto che è riuscito a vincere il Gran premio della giuria a Venezia 2019, ed è uscito nelle sale italiane il 21 novembre grazie a 01 Distribution.

L'ufficiale e la spia

In questo film, a differenza delle sue ultime opere, Polanski mostra più interesse nei dettagli, che qui sono fondamentali. Seguiamo il colonnello Picquart mentre cerca di ricomporre lettere, vediamo continuamente manoscritti, pennini e scrittoi, e tutto deve essere al posto giusto per portare alla luce una prova schiacciante, in grado di dare giustizia ad un ufficiale ingiustamente incarcerato.

I protagonisti, Jean Dujardin e Louis Garrel, grazie anche alla loro innata presenza scenica, portano sullo schermo due personaggi caratterizzati molto bene, che non hanno bisogno di aggrapparsi a compassione o sentimentalismi.

Polanski riesce intelligentemente a non perdere il suo stile nonostante il film sia una ricostruzione di fatti e periodi storici. Ne viene fuori un’avvincente opera che non ha nulla da invidiare ad altri film di spionaggio. E qui si vede la maestrìa di un regista che ha davvero contribuito a fare la storia del cinema. Non dimentichiamoci che nei lontani anni ’60 riuscì a fare capolavori come Repulsion e Rosemary’s baby.

Due anni fa ha realizzato un film abbastanza dimenticabile, Quello che non so di lei, ma arrivato oggi a 86 anni dimostra che è ancora quello straordinario regista che conoscevamo. E non ci importa della sua vita privata, stiamo giudicando l’opera, non l’uomo.

L'ufficiale e la spia

Non è la prima volta che Roman collabora con lo scrittore Robbert Harris, infatti nel 2010 realizzò The Ghost Writer (L’uomo nell’ombra), bellissimo thriller-noir tratto sempre da un suo libro.

L’Ufficiale e La Spia – J’accuse è sicuramente all’altezza di altri suoi grandi film come Carnage, Frantic, La Nona Porta e The Ghost Writer, ma non è ovviamente paragonabile a quelli più importanti come Chinatown, L’inquilino del terzo piano, Il Pianista, o i suoi capolavori degli anni ’60.

Il film non presenta difetti rilevanti, forse alcune parti risultano un po’ lente, come ad esempio la scena in tribunale della vicenda Zola. Nel complesso ci troviamo davanti ad un’opera di tutto rispetto, realizzata da chi il cinema lo ama (e lo conosce) davvero.

L'ufficiale e la spia

Difficile spiegare ad un cinefilo in erba (perdonatemi il termine!) cosa significhi una fotografia cinematografica, ma negli ultimi due mesi ho visto tre film che ce l’hanno, uno dei tre è questo, e gli altri sono: Motherless Brooklyn e Light of my life. Avete presente l’arte del saper abbinare luci e sfumature di colore? La profondità di campo per non avere immagini piatte? I colori tenui? Ecco insomma, questi film per me assomigliano al cinema che amo e ho sempre amato.

Grazie ancora Roman!

Voto Finale
75%

A cura di Alex Modica.

Curiosità: il regista compare nei panni di un barista, e vediamo anche Luca Barbareschi che oltre ad avere una piccola parte è uno dei produttori del film!