A 32 anni di distanza dall’uscita del primo capitolo de “La casa” il 9 maggio 2013 usciva nelle sale italiane il “remake” del capostipite dell’omonima trilogia. In attesa di vedere il capitolo successivo, nelle sale in questi giorni, vi proponiamo una recensione di questo quarto capitolo della saga.

Trama

Mia (Jane Levy) è una giovane donna con il desiderio di voler uscire dal tunnel della droga. Per farlo si reca insieme al fratello David (Shiloh Fernandez), la fidanzata di quest’ultimo Natalie (Elizabeth Blackmore) e gli amici Olivia (Jessica Lucas) e Eric (Lou Taylor Pucci) in una baita isolata nel bosco. I ragazzi non sanno, tuttavia, che in quella stessa casa dimora il male, nascosto in un piccolo libricino rilegato in pelle umana.

Recensione La Casa (senza spoiler)

Quando esce un remake di un grande cult la domanda che sorge spontanea è sempre la stessa: “ne avevamo davvero bisogno?”. E la risposta è quasi sempre la stessa: “no”. Eppure, questo Evil Dead (La Casa in italiano) non è esattamente quello che si può definire un remake nel senso assoluto del termine. Diretto dall’uruguaiano Federico “Fede” Álvarez al suo primo lungometraggio e prodotto dallo stesso Raimi (in collaborazione con Bruce Campbell – l’Ash della trilogia originaria) è più un tributo che un vero rifacimento. Álvarez, infatti, attinge a piene mani dai primi due capitoli della trilogia cercando di dare una sua visione ma senza allontanarsi troppo dal selciato. La Casa del 2013 è una pellicola che, infatti, si prende più sul serio rispetto all’originale, fornendo un contesto più costruito ma senza mai esagerare. Mia è, come anticipato, una tossicodipendente e questo dettaglio permette al regista di prendersi più tempo. Nel film originale, infatti, la violenza e la possessione iniziavano in modo estremamente repentino. Questa scelta è stata sicuramente ponderata e funzionale al contesto cinematografico in cui il film è stato girato (stiamo parlando sempre del 1981, otto anni dopo l’Esorcista e solo cinque anni dopo Carrie – Lo sguardo di Satana) ma, trent’anni dopo sarebbe risultata poco attuale e irrealistica. Álvarez quindi gioca sugli effetti dell’astinenza rendendo la presa di coscienza dei protagonisti circa la possessione in atto più graduale (e quindi più in linea con il cinema horror del primo decennio del nuovo millennio). Tenta anche una specie di parallelismo tra possessione e dipendenza, tra demone e droga ma, ancora una volta, senza cadere nel moralismo spicciolo. Piuttosto l’idea è proprio quella di riprendere gli stilemi del cinema di Raimi inserendo un forte elemento grottesco che, anche all’apice della tensione riesce a strappare un sorriso. Epica è, infatti, la scena finale di cui parlerò nella parte spoiler.

Particolarmente apprezzabile anche una lettura più approfondita del Necronomicon Ex-Mortis (il libro della morte). Nel primo La Casa il libro passava quasi in secondo piano a favore della testimonianza dell’archeologo riprodotta su nastro. In questo remake il libro dei morti la fa da padrone, diventando origine dell’evocazione dei morti ma anche forte per la ricerca di una soluzione. Ed è forse una questione legata a gusti prettamente personali ma ho apprezzato questo aspetto. Il fascino suscitato da un vecchio manoscritto non è sicuramente paragonabile a quello di un nastro.

Innegabili sono poi i riferimenti, non solo alla trilogia originaria ma, anche alla storia del cinema horror. Con evidenti rimandi all’Esorcista da una parte come a The Ring, The Grudge e Hostel dall’altra, la scena finale strizza l’occhio al finale di Carrie – lo sguardo di Satana e a Non aprite quella porta del 2003. Per maggiori delucidazioni rimando alla parte spoiler.

Complessivamente questo “remake” è, a mio parere, ben riuscito sia nell’intento che nei fatti. Non è certamente un capolavoro e non pretende di equiparare il primo a livello innovativo ma funziona. Intrattiene, diverte e approfondisce. Decisamente consigliato soprattutto in attesa de La casa – Il risveglio del male nelle sale già in questi giorni.

Recensione La Casa (spoiler)

Fin dalle prime inquadrature capiamo che l’intento di Álvarez è quello di riportarci con la mente (e con la vista) alle atmosfere dei primi due capitoli della saga. La baita nel bosco, la botola, addirittura la lente che David regala a Mia sono vere e proprie citazioni al La Casa dell’81. Anche la scena della possessione tramite i rami nonché l’avanzare della presenza demoniaca con l’uso della shakey-cam sono pure citazioni al primo capitolo, a differenza della scena finale in cui abbiamo un connubio tra L’armata delle tenebre del 1992, Carrie lo sguardo di Satana e Non aprite quella porta del 2003. Quello che vediamo, infatti, è Mia che, sotto una pioggia di sangue in pieno stile Carrie (ma esagerato) impugna una motosega come l’Ash del terzo capitolo della trilogia e, squarciando il demone dichiara a gran voce:

Demone: Inghiottirò la tua anima!
Ash: Inghiotti questo!

– La casa 1981

Questa parte in particolare rimanda all’ Ash del primo capitolo ma, in un qualche modo, anche alla foga di Jessica Biel in Non aprite quella porta quando, scappata dalla casa passa tre volte sullo sceriffo.

Frame tratto da La Casa del 2013
Frame tratto da Carrie, lo sguardo di Satana

Il film è, inoltre, caratterizzato da un ben costruito (e quindi decisamente desiderato) grottesco. Il desiderio del regista, come già anticipato, non è quello di prendersi troppo sul serio, di piazzarci una morale a tutti i costi ma, piuttosto di prendere il senso dell’eccesso tipico di Raimi e rileggerlo in chiave strettamente personale. Si percepisce che Álvarez si sia divertito ad inserire elementi sia visivi che a livello uditivo volutamente eccessivi e volgari.

Interessante anche il cambio delle dinamiche. Nel primo capitolo Ash era l’unico sopravvissuto, il prescelto per così dire, mentre in questo remake è Mia che, rinascendo, prende il ruolo della “vergine” (come spiegato ampiamente in Cabine in the Wood – Quella casa nel bosco). Álvarez cambia le dinamiche per rientrare in quelli che sono gli stilemi tipici dell’horror del primo decennio del 2000.

“La morte della vergine è opzionale. L’importane è che sia l’ultima sopravvissuta e che soffra”

– Quella casa nel bosco

Ed è veramente curioso che vi sia stato questo cambio in pieno stile “regole dell’horror secondo Quella casa nel bosco” quando proprio in quest’ultima pellicola di appena un anno prima (2012) sulla lavagna nella sala di controllo comparivano, tra le creature su cui scommettere, le “Deadites” creature un tempo umano possedute da esseri malvagi e gli “Angry Molesting Trees” – alberi arrabbiati e molesti, chiara citazione alla trilogia di Raimi[1].

Frame tratto da Quella casa nel bosco

Infine, mi sembra necessario sottolineare come di questo La Casa del 2013 vi sia una parodia all’interno di Scary Movie 5. Quest’ultimo capitolo della saga è decisamente il più debole (e demenziale – non in senso positivo) ma la sequenza in cui viene citato il film di Álvarez è una delle poche che rende godibile la pellicola.

Parodia di La Casa (2013) presente all’interno di Scary Movie 5

Conclusioni

Siamo così giunti al termine di questa recensione e, come sempre, questo è l’angolo delle considerazioni personali. Come deducibile dal resto dell’articolo a me questo remake è piaciuto. Si percepisce come il regista non abbia alcuna pretesa di ergersi a nuovo “genio” del cinema horror ma, anzi, abbia voluto dare un suo contributo ad una delle saghe più iconiche del genere. Godibile, divertente, riesce a riempire una serata strappando sorrisi e anche forti sensazioni di dolore. Per me promosso e da recuperare prima di recarvi nelle sale per vedere il nuovo capitolo della saga!

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