Candidato ai Golden Globes 2021 nella categoria Miglior film in lingua straniera, La Llorona (no, non quello del Conjuring verse!) è un film guatemalteco diretto da Jayro Bustamante che sfrutta in maniera intelligente la figura della donna piangente.

Trama

Il Generale Enrique Monteverde, ex dittatore del Guatemala, viene processato e giudicato colpevole dello sterminio dei nativi Maya Ixil avvenuto negli anni ’80, nell’ambito di una brutale repressione ai danni di quanti venivano considerati comunisti. Sorprendentemente, l’ormai anziano Monteverde viene rilasciato: secondo i giudici, non ci sono sufficienti prove per dimostrare che un genocidio sia avvenuto – nonostante le testimonianze dei sopravvissuti. Il popolo non accoglie positivamente il verdetto e inizia a protestare animatamente giorno e notte fuori la casa dell’uomo. Monteverde si troverà così intrappolato nella sua enorme dimora, insieme a moglie, figlia e nipote, mentre la maggior parte dei domestici si licenzia. L’uomo inizierà a sentirsi perseguitato, oltre che dalla demenza incombente della vecchiaia, da un pianto inconsolabile che ode soprattutto di notte. Quando Alma, una giovane donna appartenente proprio ai Maya Ixil, viene assunta come cameriera, i singhiozzi e le attività paranormali si intensificheranno sempre più.

Tra mito e realtà

La llorona è uno spirito appartenente al folklore dei popoli nativi del Sud America. Secondo la tradizione orale, si tratta di una donna che piange e che vaga alla ricerca disperata del figlio morto. La leggenda affonda le radici nell’America preispanica ma, con l’arrivo dei conquistadores, si modifica e diventa anche metafora delle paure legate alla colonizzazione. Esistono varie versioni della storia dello spirito piangente: quella guatemalteca narra di una donna di alta estrazione sociale, di origine spagnola, che uccide il proprio figlio, frutto di una relazione extra-coniugale, annegandolo in un fiume. Per questo crimine, la donna viene condannata nell’aldilà a piangere e gridare fino alla fine dei tempi ¡Ay, mi hijo! (“Oh, mio figlio!”), senza trovare mai pace. Bustamante rielabora il mito e lo utilizza per creare un film politico e di denuncia sociale, portando sullo schermo la storia di un genocidio della nostra storia recente che non tutti conoscono. La ghost story diventa dunque un pretesto per riportare alla luce crimini dimenticati o addirittura sconosciuti, per rivangare colpe e condannare i colpevoli: se è vero che Monteverde viene scarcerato, solo per subire una punizione differente, il vero uomo su cui è stato modellato il suo personaggio, l’ex dittatore del Guatemala Efraín Ríos Montt, venne realmente condannato nel 2013 per crimini contro l’umanità e genocidio, arrivando però a scontare solo 5 anni di carcere a causa della morte avvenuta nel 2018. Probabilmente, nel cuore dei guatemaltechi, una condanna arrivata troppo tardi in vecchiaia, dopo una vita passata tra agi e onorificenze, non era abbastanza: è da questa voglia di rivalsa che sembrerebbe dunque nascere La Lorona.

Analisi de La Llorona

Se vi aspettate jumpscares e un fantasma col mascara sciolto che urla, siete fuori strada. La Llorona è infatti un film che si prende i suoi tempi, che insinua senza mostrare troppo, e che strizza l’occhio al j-horror (anche, ma non solo, per la lunga chioma corvina di Alma), configurandosi come un dramma su due livelli: da un lato ci sono la moglie e la figlia del Generale che, nonostante la posizione reazionaria, dovranno fare i conti con i peccati dell’uomo; dall’altro lato, il micro-dramma familiare va a inserirsi in un contesto più ampio, quello di un intero Paese – ma è il caso di dire Madre patriache piange migliaia di morti o, peggio, di desaparecidos.

La questione etnica si lega alla questione di genere, perché all’eccidio si unisce lo stupro sistematico delle donne native di cui Monteverde e gli altri soldati si sono macchiati. La moglie di Monteverde, assumendo un’attitudine misogina nei confronti delle donne native (“Si sa che le native gli si buttavano tra le braccia!”) e aggrappandosi alla sua presunta superiorità razziale, si sentirà sempre più minacciata dalla bella e giovane Alma, vedendo in lei l’immagine delle lascive donne che avevano – secondo lei – circuito il marito anni prima. Alma è una figura perturbante, un’intrusa misteriosa e pericolosa per l’ordine familiare (potrebbe sedurre Monteverde o essere una figlia illegittima, arrivata lì in cerca di soldi?). All’indebolirsi del patriarca, sempre più esausto fisicamente e mentalmente ma comunque convinto di non essere colpevole di nulla, si indebolisce il nucleo familiare. I dubbi iniziano così a insinuarsi e le certezze a vacillare.

La Storia necessita di essere tramandata poiché la negazione del passato porta con sé rischi terribili per il presente. Il fantasma è la figura perfetta per la denuncia e la critica della pellicola: invisibile ma prepotentemente presente, la llorona è lì, non importa quanto si voglia credere che non esista, e il suo lamento diventa quello di un popolo lacerato da continue violenze e ingiustizie, segnato da un trauma mai superato né superabile. Ascoltare, comprendere e ricordare è ciò che la llorona ci chiede.

La Llorona è un dramma dalle tinte horror, ben girato e con un forte carattere rivendicativo. Non può che essere apprezzato un film guatemalteco che si riappropria di una figura del suo folklore, sottraendola alla violenza snaturante del cinema hollywoodiano. E noi facciamo il tifo per lei!