Né carne, né pesce. Ma in ogni caso scialbo.

Malevolent, film britannico del 2018 disponibile su Netflix, è un horror incentrato su un gruppo di ragazzi che si fingono esperti del paranormale per estorcere soldi a persone alle prese con delle infestazioni spiritiche. Nel cast troviamo Florence Pugh e Ben Lloyd-Hughes nel ruolo di Angela e Jackson, due fratelli ormai orfani, e Scott Chambers (Elliot) e Georgina Bevan (Beth) nei panni dei loro amici e fidanzati.

Alla trama c’è poco da aggiungere: i quattro si fingono cacciatori di fantasmi per truffare la gente, facendo credere che Angela abbia il dono di vedere e comunicare con gli spiriti, inscenando ogni volta un piccolo spettacolo per imbrogliare i clienti e riscuotere la paga. Un giorno a contattarli, però, è la signora Green (Celia Imrie), proprietaria di un ex orfanotrofio infestato. Gli artisti della truffa si ritroveranno di fronte a una realtà che finora avevano solo finto, perché questa volta gli spiriti sono veri e sono molto arrabbiati.

Risulta molto difficile dare un giudizio a questo film: la storia è un insieme di idee prese da opere diverse (ESP – Fenomeni Paranormali, Get Out, The Conjuring ed altri che non sto ad elencare), messe assieme con un po’ di fantasia, condite con qualche dramma familiare a cui aggiungere dei personaggi non proprio intelligenti. Il risultato è un’ora e mezzo di pellicola che passa velocemente e non lascia nessuna traccia di sé, una volta ai titoli di coda.
Malevolent
Le vicende sono ambientate nella metà degli anni 80. Il problema è che di quegli anni lì si ha solo un piccolo sentore, una minima sensazione che i personaggi li stiano vivendo per davvero: i vestiti sono piuttosto contemporanei, non vengono mostrati oggetti particolari tipici di quegli anni – se non l’attrezzatura per registrare e qualche macchina trasandata, cosa che possiamo benissimo vedere ai giorni nostri-. Tutto ciò che circonda i protagonisti sembra realizzato senza tenere conto del tempo in cui si svolgono le vicende e l’esempio più lampante è la discoteca che vediamo subito all’inizio del film, più tipica del 2000 che del 1984.

A livello tecnico il film regge, la regia è piacevole e la fotografia è cupa, grigia, in grado di trasmettere il senso di smarrimento provato dai giovani. L’uso intervallato tra riprese del regista e quelle della telecamera dei ragazzi dà un buon senso di found footage, coinvolgendo lo spettatore nelle vicende; forse un uso maggiore di questa tecnica avrebbe giovato ancora di più alla pellicola. Per quanto riguarda gli attori, Florence Pugh dà il meglio di sé e prende in mano il cast offrendo una prova assolutamente positiva, forse il miglior pregio dell’opera.

Quello che fa storcere il naso sono alcune mosse dei personaggi che non hanno completamente senso, o effettuate esclusivamente per far andare avanti la trama: guida spericolata quando ormai si è al sicuro, non scappare in situazioni difficili e anche una troppo accentuata invincibilità della protagonista, che viene sbattuta a destra e a manca ma sembra non risentirne minimamente.
Malevolent
Altro punto debole è il colpo di scena, fin troppo prevedibile, che si manifesta nella mente dello spettatore non appena avvengono i primi scambi di battute con la signora Green. Forse sarebbe stato necessario mascherarlo in maniera migliore, visto che le potenzialità dell’effetto Wow ci sarebbero state tutte. È anche un peccato non aver mostrato qualcosa di più su quell’orfanotrofio e la sua storia ma purtroppo queste possibilità vengono accantonate per dar spazio alle scene di azione del film.

In conclusione, Malevolent non è un film completamente da buttare e riesce ad intrattenere fino alla fine, ma fallisce nel sorprendere lo spettatore, raccontando una storia che sa di già visto e che riserva ben poche sorprese, con un finale particolare che ci lascia liberi di interpretarne il significato.