Nanny, scritto e diretto da Nikyatu Jusu, è un lungometraggio horror disponibile alla visione su Amazon Prime Video dal 16 dicembre 2022.

Nanny è la storia di una donna tormentata, Aisha (Anna Diop), alle prese con la distanza che la separa da suo figlio, Lamine (Jahleel Kamara). Rimasto in Senegal e affidato alle cure della cugina di Aisha, il bimbo attenderà con pazienza il momento in cui rivedrà la mamma. Ma non potrà accadere finchè la protagonista non guadagnerà abbastanza denaro perché il bambino e la sua affidataria acquistino i biglietti per l’America. È qui, infatti, che vive Aisha. E realizzare il suo desiderio sembrerà possibile quando una famiglia benestante la assumerà come tata per la piccola Rose (Rose Decker).

Anansi: soltanto il dio ragno dell’inganno?

Aisha racconta a Rose delle storie su Anansi, il dio ragno dell’inganno secondo la mitologia africana. In Nanny, però, scorpriremo che lo spirito è molto più di questo.

Ricordiamo, in breve, uno dei racconti che lo riguardano: Anansi vuole portare il corpo della nonna defunta al paese dei morti. Nel percorso, incontra diverse creature, come Tigre, che teme di perdere i suoi prosperosi testicoli facendo un bagno nel lago. Anansi, con un sotterfugio, riesce a rubarli. Continua a ingannare altri personaggi, così da scampare i pericoli del cammino, portare a termine il compito prefissato e soddisfare i propri bisogni. Il dio ragno è disposto a tutto, anche a costo del sacrificio di altri. Provoca zizzania, malintesi e morte per realizzare le proprie volontà e sopravvivere.

La narrazione del racconto è disponibile all’ascolto su Audible, nel podcast Sezione Mitologia.

Resistenza per le persone oppresse

Anche Aisha, la protagonista del film, pensa che Anansi sia soltanto un ingannatore. Ma i dialoghi illuminanti con l’anziana Kathleen (Leslie Uggams) rivelano qualcosa in più.

Kathleen: «Anansi e Mami-Wata [creatura mitologica simile a una sirena] rappresentano la sopravvivenza e la resistenza per le persone oppresse. Loro sfidano l’ordine dominante, lo sovvertono con il caos, l’anarchia, l’energia creativa. Rifiutano di essere governati, sia dall’umano che dal divino».

Aisha: «Io vorrei sapere cosa vogliono da me».

Kathleen: «Dovresti chiederti cosa vogliono per te. Io l’ho imparato a mie spese. Hanno tentato di avvisarmi, ma io ho ignorato i segnali. Quel dolore, quel senso di colpa… ti restano dentro»[Kathleen si riferisce a un trauma personale, una situazione in cui, se fosse intervenuta al momento opportuno, imponendosi, avrebbe forse evitato una tragedia].

Il carattere in parte nietzschiano di questi spiriti li eleva a modelli ispiratori. Sembra che Aisha, proprio come il gigante Anteo, non possa fare a meno di toccare la propria terra per risollevarsi – o, nel caso in questione, che sia proprio la sua terra a cercarla per rianimarla.

Ma la loro presenza si traduce soprattutto in un monito, un’avvertenza, una richiesta d’attenzione per qualcosa che lo spettatore scoprirà soltanto nel finale. In questo modo sarà anche spiegata la presenza dell’acqua, quasi costante negli incubi e nelle visioni di Aisha.

Nanny è un film capace di catturare lo spettatore. Il racconto segue un crescendo di intensità palpabile, insaporito dalla presenza di elementi simbolici e abissi di umana disperazione. Gli effetti speciali non strabordano dalla cornice della narrazione. Le vicende che riguardano la protagonista, invece, diventano veicolo per illuminare disagi sociali ed emotivi che corrodono le vite di chi è obbligato a lasciare la propria terra d’origine.