Paranoid Park è un film del 2007 diretto da Gus Van Sant. Non è soltanto un film sul mondo degli skater ma è soprattutto il dramma interiore del giovane protagonista.

Trama: il Paranoid Park è un parco intorno al quale ruota un’umanità non del tutto rassicurante. Affascinato dal posto, uno skater adolescente vi entra da solo in una notte fatale, destinata a segnare la sua esistenza.

Gus Van Sant è un regista americano noto soprattutto nel panorama del cinema indipendente, ha vinto la Palma d’oro a Cannes nel 2003 con Elephant, straordinario film basato sulla strage della scuola di Columbine. Sempre a Cannes, nel 2007, vinceva un premio speciale (60° anniversario) per Paranoid Park, che è stato anche eletto miglior film del 2007 dalla prestigiosa rivista francese Cahiers du Cinéma. Non è soltanto un regista underground, infatti ha realizzato anche film più convenzionali come Da morire (1995) e Will Hunting – Genio ribelle (1997), e c’è da aggiungere che è stato anche molto produttivo con i video musicali.

Un regista che ha uno sguardo peculiare, soprattutto quando racconta i disagi legati all’adolescenza. Oltre al capolavoro Elephant, consigliamo di recuperare uno dei film più belli degli anni ’90, ovvero Belli e Dannati (My own private Idaho, 1991) con quella che è stata forse la migliore interpretazione di River Phoenix (attore che ci lasciava nel 1993 all’età di 23 anni).

Gus Van Sant, Gabe Nevins e Taylor Momsen

La lavorazione del film

Gus Van Sant ha scritto il soggetto tratto dall’omonimo romanzo di Blake Nelson, e durante la pre-produzione creò un casting con una pagina MySpace cercando attori (ragazzi) non professionisti per il film. Per chi non lo sapesse, prima del 2008 (con il boom di Facebook) il social network più usato fra i giovani era proprio MySpace. Il regista era già abituato ad usare liceali non professionisti, anche per Elephant lavorò con diversi teenagers che non avevano mai recitato. L’abilità di un regista si vede anche in questo, perchè dirigere bene il cast è probabilmente la sfida più difficile su un set.

Il film è ambientato a Portland, Oregon (come Elephant), e il regista era molto interessato al libro perchè da adolescente era uno skater anche lui. Le riprese sono state realizzate in pellicola 35mm con alcune scene girate in Super-8 per rendere meglio il realismo quando usano lo skateboard. Come succedeva in altri suoi film abbiamo una narrazione non lineare che sembra seguire il flusso di coscienza del protagonista, in un’atmosfera sognante ed ipnotica (anche grazie alla bellissima colonna sonora).

Alex, il giovane protagonista interpretato da Gabe Nevins

Alienazione, senso di colpa: è tutto fluttuante

Il ragazzo di Paranoid Park, Alex (Gabe Nevins), è uno skater che vive a Portland, Oregon, e una sera viene coinvolto nella brutale morte di una guardia di sicurezza. Nell’adattare il romanzo per ragazzi di Blake Nelson, Gus Van Sant ha conservato gran parte della storia, ma ha rimescolato la catena di eventi dell’originale per creare una narrazione più ellittica. Poco dopo l’inizio del film vediamo Alex scrivere le parole Paranoid Park su un taccuino, un gesto che sembra innescare una raffica di immagini apparentemente sconnesse: ragazzi che saltano in aria al rallentatore in contrasto con le nuvole che si spostano veloci nel cielo. L’immagine del cielo con le nuvole è una costante di questo regista, mi viene in mente il film Belli e dannati del 1991, quando il suo stile era già ermetico e quasi narcotizzante.

Alex vaga per il suo mondo come un alieno, apatico con il volto impenetrabile con i capelli che cadono davanti agli occhi. Parla poco e accenna qualche sorriso. È alla deriva in un mare di quasi sconosciuti, inclusi i suoi genitori. E il parla anche di questo, della vulnerabilità dell’adolescenza e la mancanza di punti di riferimento adulti in grado di comprendere e proteggere.

Paranoid Park
Alex mentre scrive sul suo diario

Gus Van Sant non si limita ad esplorare il mondo degli skater

Nessuno è mai pronto per Paraonoid Park. La frase pronunciata dal suo amico Jared, ma il giorno dopo si dirigono proprio lì. Il parco dove bisogna essere pronti per il grande salto, liberi di essere se stessi. Lo skateboard diventa l’elemento con cui potersi esprimere isolandosi dal mondo reale. Il nome Paranoid è di finzione, inventato dai giovani che lo frequentano.

Il film ci mette davanti ad un percorso interiore, con il flusso di coscienza di un sedicenne in preda ai sensi di colpa per l’omicidio involontario di un inserviente ferroviario. Si crea una sensazione di angoscia e disagio che riesce a disorientare lo spettatore.

Christopher Doyle alla fotografia

Dopo il devastante film Elephant (2003) e il bellissimo Last Days (2005), Gus Van Sant continua a perfezionare questo suo stile minimalista fatto di inquadrature fisse, rallenty, carrellate (steadycam) a seguire e a precedere. Con i suoi colori tenui i direttori della fotografia Christopher Doyle e Rain Kathy Li ricreano un realismo che incorpora il mistero e l’ambiguità dell’esistenza umana.

Paranoid Park

Christopher Doyle è senza alcun dubbio uno dei direttori della fotografia più talentuosi di sempre. Fedelissimo al regista Wong Kar-wai con il quale ha realizzato capolavori come Hong Kong Express e In the mood for love. L’etereo e l’irreale diventano il fondamento di questo mondo, così come la base della pubertà è il cambiamento. Gli adulti vengono quasi messi da parte, quando Alex parla con i genitori li vediamo spesso fuori fuoco o fuori dall’inquadratura.

Le riprese in movimento di questo regista sono sempre affascinanti ed ipnotiche. Nonostante la narrazione disarticolata, spesso frammentata e confusa, il film riesce a catturare l’attenzione stimolando sempre lo spettatore a livello psicologico.

Paranoid Park

Una delle scene più eloquenti è quella con il primo piano di Alex sotto la doccia, di ritorno dall’incidente. Un rallenty in cui sovrasta il rumore dell’acqua misto al cinguettio degli uccelli, e gli effeti sonori risuonano per contrastare il senso di colpa del protagonista.

Nelle mani di un altro regista probabilmente avremmo avuto l’ennesimo teen-drama con cliché e critica sociale. Ma Gus Van Sant non è demagogico in questo e preferisce soffermarsi su quello che tendenzialmente non viene messo in primo piano. Lontano dal fare considerazioni morali il regista osserva sempre con distanza i suoi personaggi.

Paranoid Park, come altri film di questo regista, potrebbe deludere gli spettatori che prediligono una struttura più convenzionale e spettacolare. Ma se non lo conoscevate e siete incuriositi vi consiglio sicuramente di recuperarlo.

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