Diretto da Justine Kurzel e uscito in sala originariamente nel 2021, Nitram è un film che offre uno sguardo disincantato sul disagio di una mente instabile e le conseguenze dell’abbandono, ispirato al massacro di Port Arthur del 1996 e impreziosito dalle interpretazioni di Caleb Landry Jones e Essie Davis.

L’incubo di Nitram

Nitram (Caleb Landry Jones) è un elastico allungato oltre i suoi limiti, che attende solo di spezzarsi. Lui non fa parte della comunità che lo circonda: è in un altro mondo, estraniato e disconnesso da tutti come sottolinea la telecamera che lo inquadra da lontano. Eppure, nei primi piani, dà prova di un tormento senza fine. È incapace di adattarsi. Frustrato e rassegnato, Nitram vive con i suoi genitori (Judy Davis e Anthony LaPaglia) nella periferia di una città australiana. A sconvolgere l’equilibrio è Helen (Essie Davis), con la quale il protagonista instaura un rapporto d’amicizia. Ma il sodalizio tra i due incontra una fine prematura a causa di un tragico incidente. Nitram non può accettarlo: la sua stabilità mentale, già precaria, inizia a crollare. E nel parossismo della crisi compirà un atto che influenzerà per sempre la sua esistenza, ma anche quella di altre sfortunate persone

L’avvento del nichilismo 

Attraverso Nitram assistiamo alla svalutazione dei valori supremi, al sopraggiungimento della mancanza di scopo e all’assenza di una risposta ad ogni possibile perché. La rottura del rapporto d’amicizia con Helen, per lui, apre le porte al nichilismo. Il suo Dio è morto, ma non è facile abituarsi al silenzio. Il protagonista, vittima dello smarrimento, non ha più appigli. È sopraffatto dall’angoscia e dalla nostalgia verso un punto di riferimento stabile. Tuttavia, non è il leone nietzschiano che morde e lacera né il fanciullo in grado di trasvalutare i valori, ma solo un ragazzo incapace di adattarsi alle circostanze della vita. Lo sbilanciamento, perciò, risulta fatale: lo schema è rotto, non c’è possibilità di riassestamento e l’ombra di uno squilibrio psichico inizia a gravare sulla sua vita. Il disagio troverà il suo climax nello sfogo che porterà al massacro di decine di persone.

Il Massacro di Port Arthur

Non a caso, il film è ispirato alla vita di Martin Bryant, autore del massacro di Port Arthur: uno tra gli episodi più bui della storia australiana. Martin, nato nel 1967 a Hobart, capitale della Tasmania, era intellettualmente disabile. Aveva già dato prova di comportamenti fuori dalle norme prima del massacro. A seguito di una valutazione psichiatrica, poté anche usufruire di una pensione d’invalidità. 

Proprio come in Nitram, Bryant iniziò a lavorare come tuttofare per l’ereditiera Helen Harvey. La donna, tuttavia, morì in un incidente d’auto. Era presente anche il ragazzo, che ne restò ferito. Si ipotizza che possa essere stato lui a causare l’incidente, poiché era solito afferrare il volante mentre Harvey guidava. In ogni caso, come unico erede della proprietà di Harvey, Bryant divenne ricco e iniziò ad accumulare armi

28 aprile 1996: la strage

Quel giorno, Bryant visitò la Seascape Cottage: una locanda a lui non proprio nuova. Secondo la polizia, uccise i proprietari dell’edificio. Quindi guidò fino a Port Arthur (ex colonia penale trasformata in una destinazione turistica). Sostò in un bar, per poi tirare fuori da un borsone un fucile semiautomatico e iniziare a sparare. Fu l’inizio della strage.

In pochissimi minuti, morirono decine di persone. E l’assassino continuò a uccidere mentre scappava con l’auto. Rubò un altro veicolo dopo averne massacrato i proprietari. In una stazione di servizio sparò a una donna. Prese un ostaggio. Tornò al Seascape Cottage. Arrivò la polizia per tentare di negoziare, ma Martin non esitò a sparare. La mattina successiva diede fuoco alla locanda (dove altri tre corpi attendevano di essere ritrovati). Infine, Bryant fu arrestato nel tentativo di fuggire

Dopo l’evento, il governo australiano vietò le armi completamente automatiche o semiautomatiche. Furono concesse solo a chi fosse in grado fornire un motivo valido per il loro utilizzo (che non includeva l’autodifesa).

Martin Bryant

Nitram: un film potente

La pellicola di Kurzel mette a dura prova i nervi dello spettatore: lo invita a smettere di guardare, ma allo stesso tempo lo costringe a proseguire con la visione. Lo esorta a saltare dalla sedia e fare qualcosa, perché nessuno risponde alle richieste d’aiuto del protagonista e delle vite innocenti moriranno per questo motivo. Il film invita a ricordare quel terribile massacro, senza tuttavia glorificarne l’autore o le sue vittime. È un angosciante esame della malattia mentale.

Perché qualcuno dovrebbe uccidere delle persone innocenti? Kurzel indaga sulla questione durante tutto il film, pur essendo consapevole dell’impossibilità di fornire una risposta alla suddetta domanda. Inoltre, ciò non preclude al regista la possibilità di mettere in scena il massacro in modo spregiudicato.  

Nitram è un film brillante, straziante e complesso a prescindere dai fatti a cui è ispirato, in cui Kurzel riesce a creare un’atmosfera che tocca le viscere.