Il 31 Dicembre 2013 usciva nelle sale “Oltre il guado” di Lorenzo Bianchini, distribuito poi come “Across the River” a livello internazionale. Il film ha ricevuto molti riconoscimenti nell’ambito di diversi festival, tra cui il Fantasia Film Festival di Montréal e il Fantafestival di Roma. Con questa recensione, proviamo a comprendere le ragioni dietro il successo di questo horror italiano.

TRAMA

Marco è un appassionato etologo naturalista recatosi nelle foreste friulane per ottenere riprese della fauna locale. Giunto sul posto, l’uomo fa la scoperta di un paesino abbandonato collocato oltre il corso di un fiume. A causa della pioggia, purtroppo il livello dell’acqua del fiume comincia salire a tal punto da rendergli impossibile la via del ritorno. L’etologo, rimasto quindi da solo fra quelle case abbandonate, risulta disperso. Mentre vengono avviate delle ricerche, un male proveniente dal passato si è però risvegliato e si sta avvicinando al nostro sventurato protagonista…

RECENSIONE

“Oltre il guado” è una pellicola a basso budget, dal ritmo piuttosto lento (la prima vera “svolta” arriva dopo 38 minuti), povera di dialoghi, pressoché priva di jumpscares e basata sostanzialmente su un singolo attore. Sembra insomma che Bianchini, che ha curato anche la sceneggiatura, abbia fatto di tutto per complicarsi la vita. Date queste premesse, era infatti molto facile realizzare un prodotto mediocre. Eppure non è stato così: “Oltre il guado” è uno dei miglior horror italiani degli ultimi venticinque anni.

Qualche mese fa si parlò de “La Casa”come esempio perfetto di un ottimo film realizzato con mezzi modesti. “Oltre il guado” condivide con la pellicola di Raimi sia questa caratteristica, sia il fatto che l’ambientazione arrivi a ricoprire il ruolo di un vero e proprio personaggio attivo all’interno della trama. In principio vediamo il paesino “parlare” a Marco attraverso i molteplici indizi che vi sono disseminati, indizi di un passato doloroso che la gente ha preferito dimenticare. L’unico altro personaggio degno di nota è quello di un anziano uomo sloveno, solo depositario di quell’insieme di eventi che il nostro protagonista sta riportando alla luce e che segue via radio le ricerche di Marco. Andando avanti col minutaggio, l’agglomerato di viuzze e casette diroccate sembra assorbire le energie vitali del povero etologo, che ci appare sempre più debole e terrorizzato. La paura che assale l’uomo emerge in assenza di elementi concreti che la giustifichino: ancora prima di averne la certezza, lui sa che qualcosa non va. Questo sentimento è esattamente lo stesso che il film infonde nello spettatore. Come anticipato, non ci sono jumpscares, eppure è assolutamente difficile concludere la visione con la classica (e un po’ antipatica) frase “ma questo horror non fa paura!”.

“Oltre il guado” colpisce nel segno perché recupera il significato più concreto del concetto di ansia: una paura di qualcosa che non conosciamo e non vediamo ma che sentiamo allo stesso modo come molto vicino. Nel tessere le lodi di questo film non possiamo non citare poi l’agghiacciante tema principale, basato sul sempre azzeccato utilizzo di una sinistra nenia infantile.

In definitiva, siamo di fronte ad un film che testimonia nella migliore maniera possibile come l’horror italiano non solo sia ancora vivo, ma si sia anche evoluto.

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