Pantafa, il nuovo film di Emanuele Scaringi prodotto da Fandango e Rai cinema, sarà disponibile in sala a partire dal 30 marzo .

Sinossi

Marta si trasferisce insieme a sua figlia Nina a Malanotte, un piccolo paese di montagna. La bambina da qualche tempo soffre di paralisi ipnagogiche, un disturbo del sonno che può portare ad avere stati allucinatori, e Marta ha pensato che un po’ di aria di montagna e di lontananza dalla frenesia cittadina possano giovare alla piccola. 

La casa in cui si trasferiscono però è tutt’altro che accogliente e per le strade di Malanotte non si vedono mai bambini. I sintomi di Nina cominciano a peggiorare già dalla prima notte, la bambina fa incubi sempre più vividi in cui una figura spettrale le si siede sul petto, la immobilizza e le ruba il respiro
Per Marta, madre sola in un paese che le appare sempre più sinistro, sarà ogni giorno più difficile trovare il modo di fare la cosa migliore per la sua bambina.

Emanuele Scaringi

L’horror “Pantafa”, basato su una leggenda popolare, è il suo secondo lungometraggio dopo l’esordio con “La Profezia dell’armadillo” tratto dalla graphic novel di Zerocalcare, Venezia 2018, con cui ha partecipato a oltre 50 festival. Ha curato la regia delle serie tv “Bangla” (Nastro d’Argento come miglior commedia) e “L’Alligatore” (puntate “Il corriere colombiano” e “Il Maestro di nodi”) tratta dai romanzi di Massimo Carlotto. Produttore creativo del film “Bangla” di Phaim Bhuiyan e produttore delegato dei film “I predatori” di Pietro Castellitto, “Il regno” di Francesco Fanuele, “Dove cadono le ombre” di Valentina Pedicini, “Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia, “Tutti contro tutti” di Rolando Ravello e
L’ultimo Terrestre” di Gipi.

Ha scritto le sceneggiature di “Senza nessuna pietà” di Michele Alhaique, “Diaz don’t clean up this blood” di Daniele Vicari e “BB e il cormorano” di Edoardo Gabriellini. Realizzato il documentario Okùnchiràn – Emergency in Cambogia”, I edizione festa del cinema di Roma 2006. Ha diretto le riprese degli spettacoli teatrali “Moby Dick” di Alessandro Baricco, “Non Dirlo” di Sandro Veronesi, “Chisciotte e gli invincibili” di Erri De Luca, “I capitoli dell’infanzia” di Davide Enia e dei concerti della notte della Taranta, del tour di Vinicio Capossela Nel niente sotto il Sole”, di “Ciao Poeta” omaggio a Sergio Endrigo.

Note del regista

Vi è mai capitato di svegliarvi all’improvviso e di trovarvi con gli occhi sbarrati nel cuore della notte, con addosso una strana sensazione di panico, l’incapacità di muovere un solo muscolo e la percezione di qualcosa o qualcuno sul petto che vi opprime? Non preoccupatevi, non siete soli. Qualche anno fa un gruppo di ricercatori dell’università di Padova in associazione con l’Università della California e di Harvard ha condotto uno studio sul fenomeno della paralisi del sonno, scoprendo che questa patologia colpisce circa il 10% delle persone nel corso della vita. La paralisi ipnagogica è l’incapacità di muoversi quando ci si risveglia durante la fase REM nella quale avvengono i sogni e il corpo è paralizzato per impedire il loro attuamento nella realtà.

L’attività onirica della fase REM, ancora attiva, può creare allucinazioni, anche terrificanti. Un terzo delle persone coinvolte nello studio ha dato una sorprendente interpretazione culturale a questo fenomeno. Riteneva che questa potesse essere causata da un’entità soprannaturale conosciuta con il nome di Pantafa. La Pantafa è una leggenda popolare. Una creatura che si siede sul petto e ti ruba il respiro. Il folclore italiano è popolato da numerose leggende che fanno parte della nostra cultura e che rappresentano uno dei modi principali con cui esorcizzare il male e le paure. Attingere a questo impressionante pozzo di storie significa entrare in un mondo fatto di riti, superstizioni e meraviglie. Un mondo affascinante e pauroso insieme.

La Pantafa è la raffigurazione del mostro. La rappresentazione del male. L’incarnazione della nostra parte più buia. Un male oscuro che ci consuma quotidianamente e rode ogni nostra piccola sicurezza. Una delle paure più inconfessabili e difficili da accettare è l’odio verso la progenie. Un rancore indicibile e soffocato. Quello spirito maligno che insinua il dubbio che senza quel figlio la propria vita sarebbe stata diversa. Un tabù. Forse il più terribile di tutti. La Pantafa è una parte di noi, parla delle nostre bassezze più recondite. Quello che spaventa non è l’orrore mostrato ma il non visto, l’orrore che viene evocato. Quello che non si potrebbe raccontare. Le storie dell’orrore servono anche a questo, a trasformare, tramandare e liberarsi delle nostre paure e debolezze.

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