In Prova a prendermi (2002), Steven Spielberg immortala la vita di Frank Abagnale (Leonardo di Caprio): celebre truffatore statunitense che è riuscito a guadagnare milioni di dollari con la falsificazione di assegni e frodi bancarie. Inseguito dall’agente speciale Carl Hanratty (Tom Hanks), lo specialista della truffa dovrà dare il meglio di sé per evitare l’arresto e la condanna. Ma a prescindere da ciò che accade nella pellicola, l’esistenza di Frank Abagnale resta un caso straordinario, che offre innumerevoli spunti di riflessione sul comportamento umano.

Frank Abagnale era un truffatore ignobile o soltanto un lupo tra i lupi?

Tom Hanks e Leonardo DiCaprio

Dopo la visione del film, si ha la sensazione di aver scoperto qualcosa che possa rappresentare una svolta per la propria vita. “Sento di poter sognare e conquistare il mondo” direbbe lo spettatore medio. Ma un microbo come lui, che conduce un’esistenza come tante altre, può davvero riuscirci? Prova a prendermi sembra suggerire una risposta affermativa. Il protagonista della pellicola, infatti, ha delle doti non trascurabili, ma in fondo è soltanto un ragazzo che non accetta le regole, la legge e il funzionamento della società.

Una componente di Frank Abagnale è insita in ogni persona: come lui, tutti hanno bisogno di fare esperienza, di soddisfare i propri bisogni più reconditi e volgari per comprendere quale sia il loro posto nel mondo.

Amy Adams, Christopher Walken e Leonardo DiCaprio.

Il lungometraggio porta a credere che, per un attimo, chiunque possa diventare un falsificatore. “Ma oggi è più difficile, poiché la sicurezza si è evoluta e le frodi bancarie, anche se esistono ancora, non sono questioni che possano riguardare un ragazzino” direbbe lo scettico. Eppure, anche lui si lascia ammaliare dal racconto della vita di Frank Abagnale. Quando la meravigliosa sensazione che lascia film svanisce, non resta che un ricordo del desiderio che ha inculcato nella mente dello spettatore. Prova a prendermi non è troppo diverso da una storia di supereroi, in cui un fanciullo con delle difficoltà famigliari e una volontà ferrea diventa un eroe. È per questo motivo che la pellicola riesce a far “sognare”.

Oltre al fascino della bella vita – tra viaggi, feste e sperperamento di denaro – si nasconde l’insicurezza e la ricerca del proprio posto nel mondo. Frank è dapprima un pilota, poi un medico e infine un avvocato: qual è la sua vera vocazione?

Si scoprirà solo alla fine del film, ed è qualcosa che il protagonista ha sempre avuto dentro di sé, ma che forse non voleva ammettere o affermare. Lui ha un talento nella falsificazione degli assegni, che solo nel finale lo porterà ad avere un lavoro legale e un’esistenza tranquilla, ma comunque agiata. Per tutto il film, allo spettatore è palese questo aspetto del personaggio. La domanda, dunque, sorge spontanea: perché Frank Abagnale non vuole valorizzarlo, senza evadere la legge?

Se si riflette sulla questione, si scopre che tutti hanno un talento o una passione celata dentro se stessi, che emerge sempre in qualche modo, ma che tendono ad ignorare o ad “utilizzare” per scopi secondari nella propria vita.

Forse ciò accade perché non si ha il coraggio necessario. Talvolta si preferisce ignorare la propria vocazione, per timore che la schiusa di tale aspetto possa fornire alla società un’idea del soggetto non desiderata. Ma comunque sia, quella caratteristica – o qualità – troverà il modo per uscire fuori, per soverchiare l’istinto che la trattiene. Quando ciò accade, restano solo due alternative possibili: o porta la persona al successo, oppure alla delusione assoluta.

A volte può sembrare troppo tardi per redimersi e accettare se stessi. Frank, di certo, non aveva questo problema, poiché compì i suoi misfatti quand’era poco più che un ragazzino.

Un giorno sarebbe stato tardi per cambiare? Non gli importava, non in quel momento. Lui seguiva l’emozione del cuore, un impulso irrazionale che filtrava con una razionalità incredibile. In questo, chiunque dovrebbe imparare da Frank. Uno degli insegnamenti che traspaiono dalla vita del protagonista schizza fuori a scintille. Sono scintille di un fuoco che non poteva essere estinto.

La legge poteva soltanto provare a contenerlo, a fare in modo che l’incendio non dilagasse nel mondo. Il fuoco di Frank Abagnale non s’è estinto; brucia ancora dentro di lui. Ma è un fuoco che tutti hanno e che, purtroppo, spesso viene portato all’estinzione dall’unico in grado farlo: lo stesso individuo che l’ha acceso. Una volta spenta, tale fiamma non tornerà in vita. A quel punto, si conduce un’esistenza fatta di accontentamenti.

Leonardo DiCaprio e Cristopher Walken

Che importa se l’animo dell’uomo porti, talvolta, a contraddire la legge? Quanto spesso, nella storia, l’essere umano è cresciuto soltanto dopo aver infranto le regole?

L’intento di queste parole non è quello di condurre l’uomo a fare del male. Ma quando la società è una selva in cui gozzovigliano bestie inferocite, pronte a uccidersi a vicenda, non resta che pensare a se stessi.

Homo homini lupus, sosteneva il vecchio commediografo Plauto: l’uomo è un lupo per l’altro uomo. Sottrarsi al carattere bestiale, insito in ognuno essere umano ed incentivato, ad esempio, dai social media – con l’indottrinamento ad emergere, che spesso sfocia in ossessione – diventa sempre più difficile con l’avanzare del tempo.

Frank Abagnale era un lupo: questo non si può negare. Ma era soltanto un lupo tra i lupi.