Un thriller horror con Sarah Paulson che racconta un rapporto morboso di una madre per una figlia disabile: Run di Aneesh Chaganty arriva nei cinema italiani

Run, corri.
Titolo appropriato ad incorniciare un thriller puro, quadrato, dal ritmo sostenuto che raramente incespica in qualche perdonabilissima incertezza.
Ma andiamo con ordine.

Chloe è un’adolescente disabile amorevolmente accudita dalla madre (la Sarah Paulson di AHS).
Forse troppo amorevolmente… E se le attenzioni e premure maniacali della donna nascondessero qualcosa di più sinistro del normale affetto materno?
Il sospetto è cibo prelibato per una mente fervidamente attiva e “affamata” come quella di Chloe, che inizia a sospettare ci sia qualcosa
che non quadri nemmeno un po’ in quella che ha sempre ritenuto con arrendevolezza la sua ineludibile condizione… La sua vita.

Una ricetta riuscita ed appagante

“Zucchero, cannella ed ogni cosa è bella!” Esclamava il papà delle Superchicche nella sigla dello storico cartoon rimestando la sua coloratissima pozione. Ecco, immaginate che ad impugnare il mestolo ci sia Aneesh Chaganty, regista e sceneggiatore indo-americano: nel paiolo troviamo una squintalata di Carrie, Misery copre tutto (se mi passate la semi-citazione Masterchefiana), ma l’impiattamento è buono ed il gusto gradevole, capace di lasciare un palato fresco ed appagato a chiunque cerchi un film diretto e senza eccessive pretese per fuggire ai morsi della canicola.
Certo, i grandi maestri del genere rimangono ad osservare dall’ombra del proprio palco senza scomporsi, ma con un sorrisetto compiaciuto
di fronte ad alcune dinamiche trovate pro-tensione davvero on point.
Tecnicamente l’opera di Chaganty è ineccepibile, la macchina da presa segue gli attori senza mai perdere la prospettiva giusta per lasciarci avvolgere e trasportare dalle rapide di questo torrente in piena, spaventarci e premiare la nostra curiosità riguardo ad una storia ottima per quanto evidentemente “ispirata” a grandi classici del passato.


Il ritmo serrato che – come dicevo – giustifica appieno il titolo stampato sulla locandina è il fiore all’occhiello di una produzione che – forse –
si affida fin troppo alla corrente e non si prende un momento di riflessione per regalarci uno sguardo più profondo, attento, psicologico…
Bene, ma non benissimo… Già che siamo in tema di citazioni “dotte” e tormentoni estivi!

Classificazione: 3 su 5.