Posso tranquillamente affermare che non è assolutamente corretto dire che Tenet è incomprensibile, diciamo che è solo un po’ duro da capire in alcuni frangenti. Tale colpa va effettivamente attribuita all’ossatura scelta da Nolan nella concezione di questo film, il quale torna nuovamente a divertirsi con i principi della metafisica che modellano la reale concezione del mondo. Come spesso accade nei film del regista britannico, il tempo è un elemento come sempre essenziale, che viene completamente stravolto, ed è questa volta praticamente invertito e concepito seguendo tutto quello che la meccanica quantistica più ostica e complessa può offrire.
Nolan con questa pellicola ha portato la sua concezione artistica a livelli davvero elevatissimi, arrivando possiamo dire a trasformare la cinematografia in una quintessenza.

John David Washington e Robert Pattinson sul set di Tenet

Il regista Nolan di fatto prende una piega lynchiana, accompagnato dalle musiche di Goransson, e comincia a giocare con la sua creatura e con il pubblico, confezionando una concreta applicazione del Diagramma di Feynman sull’Annichilazione Positrone-Neutrone e sull’interpretazione delle Storie Consistenti, la più condivisa per spiegare oggigiorno lo scopo primario della meccanica quantistica. E da qui lo sforzo mentale si fa più consistente ma non impossibile.
È comunque fondamentale comprendere quanto in questo film innanzitutto non sia il tempo a scorrere all’indietro, ma bensì i soggetti e gli oggetti della storia. Ciò è spiegato addirittura proprio in partenza quando il protagonista (John David Washington) viene attentamente istruito sulla missione a cui andrà incontro. Non è la dimensione temporale a scorrere a ritroso, ma l’entropia di un oggetto a essere invertita.


Cos’è l’entropia?

Il secondo principio della termodinamica afferma che l’energia termica (il calore) fluisce sempre da un corpo più caldo a uno meno caldo e mai in direzione contraria.
L’energia, cioè, si ridistribuisce finché il sistema costituito dai due corpi raggiunge un equilibrio completo, entrambi hanno la stessa temperatura e non è più possibile il passaggio di calore dall’uno all’altro. L’entropia può essere definita proprio come la misura del grado di equilibrio raggiunto da un sistema in un dato momento.

Lo stesso avviene nel film di Nolan, che cerca a tutti gli effetti di invertire la direzione del mondo per poter stravolgere allo stesso modo la linea temporale e ottenere il senso inverso di quello che noi proviamo effettivamente a comprendere:
accogliendo il suddetto invito ad abbandonarsi a quel che accade sul grande schermo, si accetta senza troppe domande che sia l’azione a irrompere gloriosamente e con la delicatezza di un martello pneumatico sulla scena; un’azione che sin dai primi istanti aggredisce una scena d’apertura da cuore in gola ma che va accettata nella sua parziale ‘incomprensibilità’. Ad accompagnare il pubblico da lì in poi ci penseranno i brevi e frequenti intermezzi in cui i personaggi dialogheranno e si interrogheranno reciprocamente con spiegoni in pieno stile nolaniano. Il tessuto narrativo mai come questa volta è una base sulla quale cucire una crescente spettacolarità della visione, che non intende cedere nemmeno per un momento lo spazio a una resa tridimensionale dei protagonisti.

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A dare un certo dinamismo alla storia ci pensa fortunatamente la giusta scelta di John David Washington (figlio d’arte di Denzel, già visto in Blackkklansman) e anche di Robert Pattinson, due soggetti ideali cui affidare il viaggio nell’inversione temporale che pervade tutto il film. Il primo è l’attore ideale alle dipendenze di un regista che gli cuce addosso la didascalica e ben poco fraintendibile di “The Protagonist“, mentre il secondo è perfettamente a proprio agio nei panni del coprotagonista carismatico.