“Ci sono persone che nascono con la tragedia nel sangue” esclamava una giovanissima Jena Malone in “Donnie Darko”.
Il termine “tragedia”, relativamente al battesimo cinematografico di Florian Zeller, è utile per aprire uno squarcio nella tela e prepararvi alla visione di The Father.
Ma andiamo con ordine.

La tragedia è innanzitutto una delle forme più antiche di teatro, e “The Father” è composto al 75% di teatro puro.
Tralasciando il fatto che derivi da una costola dell’omonima pièce teatrale dello stesso Zeller, l’impalcatura è quella di un “Carnage” Polanskiano – per intenderci – slanciata però al naufragio su lidi diversi, altri, quasi onirici… Non fosse che la discesa mentale che compiamo con Anthony scrutando una realtà alterata dagli stessi occhi con cui guardiamo (i nostri, i suoi) ha davvero poco del sogno e molto dell’incubo.
Tragedia, appunto, è anche un evento dal boato e dall’eco immensi, capace di scavare una voragine nel petto di una persona lasciando un nodo alla gola che le dita del tempo possono soltanto allentare, se forti abbastanza.
Questo film ci racconta una tragedia tremendamente “vicina”, quotidiana seppur silenziosa, nascosta da chi – più o meno consapevolmente –
la perpetra spacciandola spesso come zelo, favore, premura.

Solitudine, confusione, disperazione.
Il deterioramento della mente dovuto all’età ed alle patologie che questa – avanzando – talvolta porta è compreso in tutta la sua terrificante portata solo da chi lo prova, ed è proprio per questo che Zeller sceglie di fare un tentativo. Un tentativo che affonda le radici nella tradizione più classica, da palcoscenico, ma guarda all’orizzonte con uno storytelling coraggioso e avanguardistico per farci provare, sperimentare quella confusione vivendo il dramma di un abbandono attraverso gli occhi di chi lo subisce.
In questo particolare caso è Anthony a subirlo, interpretato magistralmente dall’omonimo premio Oscar che ormai sono ben pochi a non riconoscere e stimare come uno dei più grandi interpreti che Hollywood ci abbia regalato.


Hopkins strappa l’Oscar ad ogni altro possibile pretendente con una performance pazzesca, disarmante, commovente nel senso più profondo e letterale del termine.
“The Father” è un’esperienza, un film che non ci si limita a guardare ma si vive, una storia che fa sorridere, piangere, che disorienta e affascina trasportandoci nella normalissima anormalità di un vissuto certamente sbagliato… Ma non per colpa di chi “impazzisce”, piuttosto di chi prende le distanze definendosi “normale”.

Dopo un periodo decisamente nero per il cinema mondiale Zeller inonda le sale – unica vera casa e tempio del Cinema – di una luce che vi saprà riscaldare lasciandovi con un buonissimo palato, soddisfatti e inappagati al tempo stesso… Perché il Cinema è così, quando è bel Cinema: non è MAI abbastanza.