Dal 29 giugno è disponibile sulla piattaforma Netflix la prima parte dell’attesissima terza stagione di The Witcher. Dove saranno finiti i nostri eroi ma, soprattutto, le prime cinque puntate saranno state all’altezza delle aspettative?

Trama

Disclaimer: poiché questa è la prima volta che trattiamo la saga di The Witcher sui canali di Horror Italia 24 cercheremo di rendere fruibile l’articolo anche a coloro che non hanno mai visto la saga.

A metà tra l’horror e il fantasy The Witcher è la storia di Geralt di Rivia, uno strigo (o witcher in inglese) dalla folta chioma bianca, interpretato da Henry Cavill, Yennefer di Vengerberg (Anya Chalotra), una bellissima maga dagli occhi indaco, e la principessa Cirilla (Ciri), erede al trono del regno di Cintra interpretata da Freya Allan. I loro destini sono destinati ad unirsi e i tre dovranno combattere fianco a fianco per proteggersi dai mostri che, aimè, come al solito non sono solo quelli a dieci zampe e dotati di zanne.

*ALLERTA SPOILER SECONDA STAGIONE*

Al termine della seconda stagione avevamo lasciato i nostri eroi a Kaer Mohren, quartier generale dei witcher, dopo aver battuto e riportato nella sua sfera Voleth Meir, il demone conosciuto anche con il nome de “la madre immortale” e dopo aver visto la Caccia Selvaggia, una schiera di spettri (o forse no) antico presagio di guerra. È ben chiaro, quindi, che Cirilla debba essere educata a gestire il suo caos (la fonte della magia nel mondo di Sapkowski) e soprattutto protetta da coloro che vogliono mettere le sgrinfie sul (suo) sangue ancestrale.

Recensione

Prima di addentrarci nella vera e propria recensione della prima parte della terza stagione, sarà necessario effettuare qualche passo indietro e fare una valutazione circa la gestione che è stata fatta nella prima e nella seconda stagione di spazi e tempi.

Prima stagione

Una delle caratteristiche peculiari della prima stagione di The Witcher è stata la gestione decisamente poco lineare delle trame dei singoli protagonisti. Nonostante io sia una grande fan di opere letterarie/cinematografiche complesse, non posso negare che l’impostazione di questa prima stagione fosse a dir poco confusionaria. Quasi incomprensibile per chiunque non avesse letto i libri ha, a mio avviso, un rimando esplicito (e inutile) a Game of Thrones. L’impressione è, infatti, che l’intento degli sceneggiatori fosse quella di richiamare la tecnica dei POV (point of view) della saga di Martin. Il problema è che le linee temporali di The Witcher sono molto distanti tra loro (parliamo di differenze di venti/trent’anni tra un pov e l’altro). Non avendo ben evidenziato questo aspetto (ad esempio con dettagli che ci permettano di orientarci tra una linea temporale e l’altra) esse risultano sovrapposte e, quindi, incoerenti.

Un altro grande difetto di questa prima stagione che, come vedremo, si ripercuoterà totalmente sulla prima parte della terza, è la velocità. Veniamo inseriti in un mondo complesso, fatto di luoghi e nomi sconosciuti e difficili, senza dare il tempo, a chiunque non fosse un lettore o un giocatore, di capire le dinamiche politiche, gli equilibri, ma anche più banalmente la geografia del mondo diegetico che stiamo visionando. Insomma, non è il primo capitolo di Dune di Villeneuve.

Nonostante ciò, la regia è buona, la storia risulta comunque accattivante, le interpretazioni sono complessivamente ottime e Cavill è il miglior Geralt che potessimo sperare. Anche l’impianto audio è ben disposto, rendendo la colonna sonora della serie ben riconoscibile. Non nego che spesso mi ritrovi a canticchiare “Dona un soldo al tuo witcher o valle abbondante…”.

Seconda stagione

Nella seconda stagione abbiamo un complessivo cambio di rotta. Non mi addentrerò nella diatriba circa la distanza dai libri, ma valuterò la serie come prodotto a sé.

Probabilmente, dopo aver letto le numerose critiche per la gestione temporale della stagione precedente, gli sceneggiatori (forti anche dell’ormai contemporaneità degli eventi) decidono di adottare una narrativa più lineare e decisamente meno complessa. Nonostante ciò, ancora una volta, il tempo necessario a spiegare i contorti meccanismi politici della serie non viene rispettato, dando più spazio all’azione. Questo non sarebbe un male in assoluto se solo, come vedremo nel capitolo dedicato alla terza stagione, questi non diventassero così fondamentali ai fini della trama.

La regia continua ad essere buona, niente di sconvolgente ma ben gestita, e l’impianto sonoro non perde colpi anzi, si arricchisce di nuove ballate sempre molto orecchiabili e canticchiabili. Ogni tanto la computer grafica risulta posticcia, ma le interpretazioni restano di alto livello, nonostante vi sia una netta differenza tra la gestione del personaggio da parte di Cavill e quella di Freya Allan nei panni di Cirilla.

Terza stagione

Arriviamo, così all’analisi di questa prima parte della terza stagione, l’ultima che vede l’interpretazione di Geralt da parte di Henri Cavill. E con questa terza stagione arriviamo, volenti o dolenti, al terzo cambio di rotta. La struttura della narrazione continua ad essere lineare, tranne nel quinto episodio, ma ci troviamo a raccogliere i frutti non ancora maturi delle stagioni precedenti. La non-linearità della prima stagione e la fretta eccessiva nella gestione della costruzione del mondo politico in cui è ambientata la vicenda a questo punto diventano un problema. Infatti, questi ultimi episodi riducono enormemente le scene di azione a favore dell’analisi strategica della gestione di Ciri, degli equilibri delle diverse nazioni del Continente e soprattutto degli interessi personali che ognuno di questi ha nel volere Cirilla. Ma, purtroppo, avendo delle fondamenta sabbiose, diventa difficile seguire senza fatica tutti i giochi di potere narrati. Questo senza contare che, purtroppo, chi è abituato alla saga di Martin rischia di trovare la loro risoluzione particolarmente noiosa. Chi fa il doppio gioco non viene ben caratterizzato, i personaggi chiave vengono trattati come se fossero secondari e gli intrighi non sono così ben elaborati come potrebbero sembrare.

In tutto questo vi è un tentativo, seppur debole, di ritorno ai libri. Tuttavia, esso risulta mal riuscito e comprensibile anche a chi i libri non li ha letti. Ci sono intere scene che sembrano letteralmente prese e incollate, senza un filo logico che ne dia il giusto significato. Purtroppo, l’effetto complessivo è quello di un prodotto con un grandissimo potenziale gestito da persone che non lo hanno amato fino in fondo. Un’altra opera trattata come mera fonte di guadagno. E pare che a pensarla così non sia solo io. Si vocifera, infatti, che l’abbandono (o la cacciata) di Cavill dal ruolo dello strigo dipenda proprio dalla poca attenzione ai dettagli posta dagli sceneggiatori. E si sa, a noi nerd duri e puri non basta la quantità. Pur conscia che non sia giusto fare parallelismi, ci tengo a sottolineare come la qualità paghi. Basti vedere le reazioni ad House of the Dragon (lo spin off del Trono di Spade su casa Targaryen). Con quello sceneggiato la HBO ha dimostrato come lo spettatore di oggi sia attento ai dettagli e adori vedere amore e premura nella realizzazione di prodotti di intrattenimento di alto livello. Soprattutto, se cercano di riportare su grande schermo opere largamente amate.

Il problema di The Witcher, tutta, è che sembra approssimativa e, soprattutto, alla continua ricerca di approvazione da parte del pubblico, non capendo che l’approvazione la si ottiene facendo le cose bene, non cambiando impalcatura ogni volta per cercare di accontentare le lamentele degli spettatori.

Nonostante tutto quello che ho appena detto confermo nuovamente che regia, impianto sonoro e interpretazioni sono di un buon livello.

Conclusioni

Al termine di questo lungo excursus, e in attesa degli ultimi episodi di questa stagione, risulta, pertanto, necessario tirare le somme. The Witcher è uno sceneggiato con grandi potenzialità, ma non completamente sfruttate. Come già detto Henri Cavill è decisamente il miglior Geralt che potessimo desiderare, Anya Chalotra riesce a portare sullo schermo tutto lo charme e il fascino di Yennefer, non perdendo mai di espressività, nemmeno con gli splendidi occhi viola e Joey Batey è il perfetto Ranuncolo. Forse la giovane Freya Allan, nei panni di Cirilla, risulta leggermente sottotono rispetto ai colleghi più adulti. La storia è intrigante e riesce a incuriosire e stimolare domande su questo universo diegetico fornendo, tuttavia, di rado risposte complesse e soddisfacenti. Insomma, se siete alla ricerca del nuovo Game of Thrones beh, non è lo show che fa per voi. Ciò non toglie che, nonostante tutti i difetti, la storia dello strigo riesca a colmare la mancanza di magia e intrighi che tutti i nerd avvertono, a cicli più o meno regolari. Se volete scervellarvi in teorie e approfondimenti non siete nel posto giusto, ma se siete alla ricerca di un buon fantasy da godersi davanti a una pizza fumante non perdetevi le avventure di Geralt, Yennefer, Cirilla e, ovviamente, del brillante Ranuncolo. E se vi ho convinti, ci vediamo al prossimo articolo per commentare la stagione 3 per intero!

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