“Per qualche strano motivo, gli uomini che perdono la testa per mia figlia tentano sempre di farla a pezzi”.

“Tomie” è un manga scritto e disegnato dall’autore Junji Ito, pubblicato tra il 1987 e il 2002. La storia, che si articola nel corso di 20 capitoli, è quella di una ragazza di nome Tomie Kawakami, dotata di un sinistro fascino in grado di spingere chiunque ella incontri, in particolar modo gli individui di sesso maschile, a commettere atti terribili. In più di un’occasione la follia spingerà tali soggetti a fare brutalmente a pezzi la giovane, le cui carni mostrano tuttavia delle capacità rigenerative tanto sorprendenti quanto disturbanti. Le varie porzioni del corpo della ragazza appaiono inoltre in grado, alla pari di parassiti, di prendere il controllo delle altre persone, trasformandole in nuove “copie” della stessa. Quello a cui noi lettori assistiamo è pertanto un processo circolare di distruzione e nuova creazione, articolato in contesti e modalità sempre nuove. Unica costante è lo sguardo penetrante e imperscrutabile di Tomie, pronto a fare capolino da dietro la pagina e a trascinarci con lei.

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Non è difficile rendersi conto come uno dei temi principali di quest’opera sia quello del conflitto fra opposti. In primis troviamo quello fra distruzione e creazione, qui rappresentato dalla macabra messinscena nelle molteplici morti di Tomie seguite da altrettante rinascite. Non ci viene fornita alcuna informazione in merito alla maniera in cui ciò possa avvenire, lasciando la figura della ragazza avvolta da un alone di mistero che non fa altro che accrescerne il fascino. E proprio al potere d’attrazione di Tomie è legato il secondo conflitto: quello tra amore e odio. Gli uomini appaiono irrimediabilmente ammaliati dalle parole e dall’aspetto della giovane, arrivando a venerarla e ad obbedire a qualsiasi suo ordine. Il loro è però un amore malato, destinato a macchiarsi sia del sangue di altri individui che di quello della ragazza stessa. Pur trattandosi di un prodotto di intrattenimento e dagli evidenti connotati surreali, sorge quasi spontanea l’associazione con alcuni tristi vicende di cronaca nera a cui viene attribuita l’inopportuna etichetta di “eccesso di amore”. Il terzo conflitto è fra umano e artificiale. L’unico modo per rivelare la reale natura di Tomie è infatti quello di avvalersi del “filtro” di una macchina fotografica. Non a caso la ragazza, alla pari di un vampiro posto di fronte ad uno specchio, eviterà in ogni modo di essere immortalata su pellicola. L’occhio umano, uno degli elementi più sorprendenti e complessi del mondo naturale, risulta pertanto fallace se confrontato con la sua controparte artificiale, costituita da lente e otturatore. Questo elemento va a rafforzare ancora di più la sensazione di sconforto che l’opera di Ito infonde nel lettore. In nessuno dei capitoli compaiono passaggi capaci di trasmettere un senso di risoluzione: non c’è modo per sottrarsi all’influenza funesta di Tomie.

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Lo stile di Junji Ito mostra una costante evoluzione nel corso delle pagine, passando dal tratto molto acerbo dei primi capitoli a delle linee sempre più dettagliate e precise. Il mangaka mostra una maestria incredibile nel giocare con le vignette, immergendo il lettore nel flusso della narrazione per poi spiazzarlo con tavole mute dallo straordinario impatto visivo, accostabili ai jumpscares di una pellicola cinematografica. Non a caso da questo manga è stata tratta una saga di film che ad oggi comprende ben 8 titoli, tutti realizzati sotto la supervisione dello steso Ito.

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In definitiva ci troviamo di fronte ad un’opera che appare come il perfetto riflesso della sua protagonista, data la sua capacità di trainare il lettore in un folle vortice di morbosità e disagio. Un volume che non può mancare nella libreria di qualsiasi appassionato della nona arte, ma imperdibile anche per tutti gli amanti del cinema horror made in Japan.

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