Il 27 Agosto 2004 usciva in Italia “Two Sisters” (Janghwa, Hongryeon ). Il film è diretto da Kim Ji-Woon, che ne ha curato anche soggetto e sceneggiatura, e si basa su un popolare racconto folcloristico coreano: la storia di Janghwa e Hongryeon, di cui potete trovare un riassunto in chiusura di questo articolo.

Nella seguente andremo a esplorare i pregi di questa complessa pellicola, senza tralasciare un importante colpo di scena presente a circa tre quarti del minutaggio, per cui potrebbero essere presenti spoiler.

TRAMA

Le due sorelle Soo-Mi e Soo-Yeon rientrano a casa dopo un periodo passato lontano a causa dell’elaborazione del lutto della madre. L’atmosfera tra le mura domestiche si rivela tutt’altro che idilliaca, data la presenza della nuova compagna del padre, i cui comportamenti risultano piuttosto ambigui. E’ soprattutto Soo-Mi a nutrire un particolare astio nei confronti della donna, mentre la più taciturna Soo-Yeon avverte la presenza di un male sepolto all’interno della casa, un male che si esplicita in rumori e inquietanti visioni oniriche.

Qual è l’orrore che si cela dietro questa oscura vicenda familiare?

RECENSIONE

Two Sisters ebbe un enorme successo a livello di incassi in madrepatria, mentre l’accoglienza in Italia si rivelò piuttosto tiepida tanto a livello di incassi quanto di critica. Nel corso del tempo, la pellicola è stata tuttavia soggetta ad un graduale processo di rivalutazione che l’ha portata ad acquisire la fama di uno dei film horror più riusciti tra quelli prodotti dopo il 2000. Effettivamente questo non è un film che può essere pienamente valutato subito dopo la prima visione, ma richiede tempo per essere digerito e apprezzato del tutto. Inoltre, a ben pensarci, Two Sisters è riconosciuto come un film horror solo per questioni di comodità nella classificazione. Sicuramente non mancano scene in cui la tensione viene perfettamente costruita in vista di una rivelazione che va ad assumere i connotati dello jumpscare, con i tipici effetti sonori d’accompagnamento. L’orrore in Two Sisters non è però il cosa della storia quanto il come, lo strumento con cui essa ci viene raccontata.

Nella prima metà, la pellicola assume a tratti dei toni fiabeschi. Il paragone tra la nuova compagna del padre delle due sorelle e la figura di un’antagonista delle fiabe è reso esplicito da vari elementi, primo fra tutti il fatto che Soo-Mi e Soo-Yeon arrivino a definirla “la matrigna”. Tale parallelismo viene poi suggerito da elementi più sottili. In primis, la donna appare molto affezionata ai suoi uccellini, che però tiene all’interno di gabbie dalle dimensioni decisamente ridotte. Questi animali vanno quindi a fungere da metafora del nucleo familiare che la donna ha privato della felicità e della libertà. Il padre delle due ragazze ci viene presentato fin da subito come succube alla personalità forte della compagna. L’attore presenta inoltre un colorito grigio dei capelli evidentemente posticcio, che non può non attirare l’attenzione. Anche qui siamo di fronte ad una metafora: la “strega” lo ha privato delle energie vitali e ridotto ad un invecchiamento precoce.

Quello della fiaba è però un filtro sulla realtà delle cose. L’arredamento della casa è ricco e variopinto, eppure sono poche le scene in cui le luci vanno ad esaltare i colori a pastello degli interni. In altre parole, veniamo posti davanti ad una casa potenzialmente accogliente che però appare quanto mai spenta e cupa. Anche questo potrebbe apparire come un effetto dell’influenza della donna sull’edificio, ma la verità è un’altra. Il filtro della fiaba non è infatti opera della matrigna, ma frutto di una narrazione da parte di Soo-Mi.

Dapprima ci viene infatti svelato che Soo-Yeon è morta, per scoprire poi che anche la compagna del padre, per come ci veniva presentata, non è mai esistita. Tutto è frutto della mente di Soo-Mi, preda di un disturbo dissociativo dell’identità.

Secondo la quinta edizione del Manuale Diagnstico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V), le caratteristiche del disturbo dissociativo dell’identità sono le seguenti:

Presenza di due identità distinte. Nel caso del film, sono ben tre.

Lacune ricorrenti nel richiamo di eventi quotidiani, di informazioni personali o di eventi traumatici.

-Tali sintomi comportano un disagio clinicamente significativo e compromissione sociale.

-Il sintomo non è ricollegabile a pratiche religiose o culturali.

Il sintomo non è riferibile ad altra condizione fisiologica o all’effetto di una determinata sostanza.

Un peso importante nel determinare le cause dei disturbi dissociativi lo occupano una o più esperienze traumatiche pregresse. Nel caso di Soo-Mi, come vediamo nella scena di chiusura della pellicola, il trauma è stato quello della morte concatenata della madre e della sorella. Un evento devastante, su cui la ragazza non è riuscita a esercitare alcun controllo. E’ così che, in mancanza di un senso a quanto avvenuto, Soo-Mi si è chiusa in una propria realtà dotata di una narrazione chiara e compiuta: la sorella è ancora viva, la matrigna è cattiva e probabilmente responsabile della morte della madre.

Two Sisters è quindi una storia dell’orrore nel senso più crudamente realistico del termine, un orrore generato dalle tragedie a cui possiamo essere soggetti e agli effetti che tali avversità possono avere sulla nostra mente. Kim Ji-Woon non manca comunque di instillarci un certo dubbio sia riguardo ad un’effettiva malvagità della “matrigna”, sia riguardo a una concreta presenza di un piano soprannaturale all’interno della storia. Sono dubbi che volutamente restano tali, aperti alla libera interpretazione dello spettatore.

Non si può concludere l’analisi di questo film senza elogiare il lavoro registico di Kim Ji-Woon. Il primo elemento che colpisce è la perizia nella costruzione delle inquadrature, capaci di rendere diversi momenti della pellicola alla pari di piccoli quadri. Funzionale a questo aspetto è l’ottima espressività degli attori, che va colmare i lunghi silenzi del film in maniera quantomai efficace. Le inquadrature diventano quindi interpretabili anche senza bisogno di uno specifico contesto, data la leggibilità dei sentimenti di tutte le figure contenute all’interno di esse. A livello di movimenti di macchina, essi sono piuttosto limitati. La staticità di molte inquadrature non è però fine a sé stessa ma va, per contrasto, ad esaltare i momenti in cui essa viene interrotta. Il più notevole, nella sua semplicità, è quello della rivelazione della morte di Soo-Yeon: quando Soo-Mi viene posta di fronte alla verità, si lancia in urla disperate mentre la macchina da presa oscilla in un movimento tremolante, come se un terremoto si stesse abbattendo sulla realtà in cui la ragazza si era chiusa.

Classificazione: 4 su 5.

Nel 2009 è stato prodotto un remake statunitense del film, The Uninvited. La pellicola è senza dubbio apprezzabile, ma quasi del tutto priva del sottotesto drammatico dell’originale.

La leggenda di Janghwa e Hongryeon

La leggenda su cui il film si basa racconta di due sorelle: Janghwa e Hongryeon. In seguito alla morte della madre, il padre delle ragazze si sposa con una donna dall’animo crudele. Dal matrimonio nascono tre altri figli. Dopo alcuni anni, Janghwa è in procinto di sposarsi e il padre chiede alla moglie di assistere la giovane nella preparazione della cerimonia. Tuttavia la matrigna ordisce un piano diabolico: mentre Janghwa dorme, la donna e uno dei figli mettono nel letto della ragazza i resti di un topo. La mattina successiva, la donna spinge il padre ad andare in camera di Janghwa e lo convince che la carcassa sia in realtà il feto di un bambino concepito al di fuori del matrimonio. Janghwa, incapace di farsi credere, fugge di casa. La matrigna ordina tuttavia ad uno dei figli di seguirla e annegarla in uno stagno, facendo poi credere a chiunque che si sia trattato di suicidio. Poco tempo dopo, distrutta dal dolore per la perdita della sorella, Hongryeon si suicida nel medesimo luogo.

Gli spiriti delle due ragazze continuano però ad aggirarsi nel villaggio, in cerca di giustizia. Una notte, i fantasmi appaiono al nuovo governante locale, chiedendogli di riesaminare i resti che furono scambiati per il feto del figlio di Janghwa. A questo punto l’inganno ordito dalla matrigna viene scoperto e la donna viene condannata a morte.

Il padre delle due sorelle si sposa con una nuova donna e da essa ha due gemelle a cui dà nome Janghwa e Hongryeon, in onore delle figlie perdute.