In un mondo sempre più connesso grazie alla tecnologia, l’essere umano ha cominciato a sviluppare nuove paure verso tutto quello che dovrebbe renderci la vita più semplice. Il secondo capitolo di Unfriended ci svela il lato oscuro e nascosto di Internet ma pronto a colpire a soli pochi click di distanza dalla nostra apparente sicurezza domestica.
Nel 2014 dall’unione tra l’americana Blumhouse Productions e la russa Bazelevs Production uscì Unfriended, film a suo modo molto sperimentale che si impose come uno tra i primi di un nuovo canone cinematografico erede del mockumentary di inizio millennio. Per chi non lo sapesse, questo particolare tipo di film utilizzava elementi fittizi ma presentati attraverso la tecnica del linguaggio documentaristico. Capostipite di questo sottogenere viene considerato The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair del 1999, un film ancora oggi innovativo e pregno di fascino. La geniale intuizione del produttore Timur Bekmambetov fu quella di svecchiare il finto documentario in qualcosa di più vicino a ciò che il pubblico utilizzava tutti i giorni: la tecnologia. L’idea fu quella di utilizzare lo schermo come un gigantesco display di un computer su cui gli attori del film avrebbero interagito grazie alle webcam ed alle finestre che si aprivano davanti ai loro occhi, venne così coniato il termine screen life, che dava perfettamente il senso della vita moderna sempre più spesso passata davanti a qualsiasi tipo di schermo.
Unfriended: il Male ritorna sempre
Prima di parlare del secondo capitolo è giusto dire due parole sul film di Levan Gabriadze del 2014 che ha inaugurato questo sottogenere e che ancora oggi viene spesso citato da altre pellicole, basti solamente pensare all’adrenalinico thriller Searching del 2018. La storia si svolgeva a Fresno in California, dove un normale giovedì sera un gruppo di amici si trovava su Skype per chiacchierare. Quel giorno ricorreva l’anniversario della morte di una loro compagna del liceo, suicidatasi con un colpo di pistola un anno prima. Alla conversazione si unisce un misterioso utente Billie227 che si scoprirà essere qualcuno che finge di essere la defunta Laura Barns. Tutto sembra essere uno scherzo di pessimo gusto fino a quando la protagonista Blaire, dal cui computer osserviamo tutta la storia, capisce che quel misterioso utente sta uccidendo tutti i suoi amici nei modi più cruenti. Solo cercando di risolvere il mistero di chi si celi dietro quel nickname misterioso e del perché li abbia presi di mira potrà tentare di salvarsi. La tematica alla base del film è ancora oggi oggetto di discussione nella più stretta attualità, l’elemento soprannaturale rende ancora più angosciante una storia già tragica nella sua cruda realtà. Il fatto che i produttori aprissero realmente finti profili social con i personaggi del film, molti dei quali compaiono a schermo anche durante la visione, contribuisce solo a rendere il tutto ancora più inquietante. Soprattutto se su questi profili compaiono post in memoria della defunta ed altre chicche simili, riprendendo la tradizione della VHS ritrovata del film sulla strega di Blair.
Unfriended: Dark Web e il fiume della Paura
Nel 2018 viene presentato al South by Southwest il secondo capitolo di Unfriended dal titolo Dark Web, questa volta affidato totalmente dal soggetto alla sceneggiatura fino alla regia a Stephen Susco. Il suo è un esordio dietro la macchina da presa, anche se gli appassionati del genere horror lo ricorderanno come sceneggiatore dei due remake americani di The Grudge e del recente Hell Fest. La pellicola viene distribuita a luglio 2018 negli Stati Uniti, gli incassi lo penalizzarono già al debutto finendo per chiudere con risultati meno soddisfacenti del precedente anche a livello globale. Una delle motivazioni potrebbe essere la profonda e netta differenza tra le due pellicole: il primo è permeato da un’atmosfera soprannaturale mentre il secondo abbraccia più gli angoscianti scenari del thriller moderno, facendo risultare ininfluente aver visto il capitolo precedente.
Durante una normale serata Matias accende un computer trovato nell’internet café in cui lavora ed abbandonato da settimane. All’inizio lo utilizza per comunicare con la sua ragazza Amaya, con cui ha un rapporto di alti e bassi anche per via del fatto che lei sia sordomuta e lui non abbia mai imparato la lingua dei segni. Per questo cercherà di stupirla con un programma scritto da lui che traduce simultaneamente tutto quello che dice a gesti, i due vengono subito interrotti dal loro gruppo di amici che decidono di avviare una conversazione Skype per giocare a Cards against humanity e chiacchierare insieme. Sul computer trovato cominceranno ad arrivare alcuni messaggi misteriosi da parte di alcuni utenti sconosciuti che cercano di mettersi in contatto con il misterioso Norah C. IV. Passando il tempo Matias, le due future spose Nari e Serena, lo youtuber complottista AJ, la musicista DJ Lexx e l’esperto informatico Damon verranno trascinati alla scoperta di un mondo nascosto alla Rete. Le cose precipiteranno definitivamente quando Damon spiegherà a Matias come aprire la cartella criptata dal nome The River che conduce ad una videata ad 8 bit di una barca che attraversa un fiume mentre si può chattare con misteriosi utenti chiamati tutti Caronte, distinti solo dal numero romano alla fine. I membri di questa cerchia hanno fatto e continuano a fare cose orribili per denaro, trasferito in bitcoin sui conti degli affiliati. Inoltre molte delle prove sono nei filmati all’interno della cartella criptata del computer trovato da Matias. Inizierà una corsa contro il tempo per sfuggire ai misteriosi individui e trovare un modo per riportare il computer in un luogo sicuro stando attenti a non avvertire la polizia, dal momento in cui chi li osserva saprà subito se tenteranno di rivelare qualcosa alle autorità.
Ammettiamo che questo secondo capitolo ci ha in parte sorpreso: la componente thriller e la minaccia più reale, ma non per questo meno pericolosa, rende il film per certi aspetti ancora più intrigante. Infatti questa misteriosa cerchia sarà un pericolo sempre presente sia per i protagonisti sia per gli spettatori che si immedesimeranno in situazioni che ormai vivono quotidianamente con i loro device, aumentando il senso di ansia durante la visione. La tematica di fondo risulta però meno profonda del precedente, che aveva il merito di inserire l’attualità nel film, ma risulterà più funzionale nell’evitare di ricadere nella mera copia della prima pellicola. Ovviamente risulta inutile parlare di regia in un film screen life semmai di montaggio, il quale riesce a dare il giusto ritmo alla narrazione della storia, grazie anche all’inserimento di musiche selezionate e riprodotte dalle playlist sul computer in questione. Gli attori anche in questo caso sono tutti quasi sconosciuti proprio per rendere vincente la tecnica cinematografica utilizzata.