Videodrome: il cult diretto nel 1983 da David Cronenberg arriva restaurato dal 19 settembre nelle sale italiane, dopo l’anteprima dello scorso giugno alla 36ª edizione del festival Il Cinema Ritrovato.
Realizzato da Arrow Films presso il laboratorio Silver Salt, il restauro di Videodrome è distribuito dalla Cineteca di Bologna grazie al progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema.

La genesi del film

“L’idea nasceva dalle numerose ore notturne che avevo trascorso davanti alla televisione da bambino, quando mi capitava di vedere improvvisamente dei segnali causati da interferenze”, ha raccontato lo stesso Cronenberg. “Era stata quell’esperienza che mi aveva portato a immaginare un uomo che capta per caso un segnale bizzarro, estremo, violento e molto pericoloso. A causa del suo contenuto ne diventa ossessionato, cerca di rintracciarlo e si trova invischiato in un intricato mistero. Quando cominciai a scrivere, la storia prese improvvisamente ad alterarsi. Max, il protagonista, aveva delle allucinazioni e gli succedevano delle cose fisiche impossibili, andavano anche oltre quelle contenute nel film.

A un certo punto si rendeva conto che la sua vita non era come aveva pensato che fosse: lui stesso non era come aveva creduto di essere. Alla fine decisi di interrompere, perché la storia era così esagerata da essere troppo per un solo film. Ciò che avevo scritto mi aveva davvero sbalordito. Se intendi fare dell’arte, devi esplorare alcuni aspetti della tua vita senza riferimenti a istanze o a posizioni politiche. Con Videodrome ho voluto suggerire la possibilità che un uomo sottoposto a immagini violente cominci ad avere delle allucinazioni. Ho voluto sperimentare cosa succederebbe se accadesse davvero quello che i censori sostengono. Come sarebbe? Dove porterebbe?”.

L’insuccesso iniziale

A un certo punto, durante la lavorazione, Videodrome diventò un film Universal. Trovo pazzesco il fatto che la Universal abbia partecipato a Videodrome, lo abbia prodotto e distribuito. Abbiamo fatto una proiezione campione a Boston. È stato un disastro. Questo è stato il mio primo impatto col modo in cui si fanno i film a Hollywood: le proiezioni campione ufficiali. Durante il montaggio sono senza pietà. Non bado a quanto tempo ci vuole per una ripresa, mi interessa solo che funzioni. Le cose mi annoiano subito e nel primo montaggio tendo a tagliare troppe scene. Mi sembra di essere arrivato a quella proiezione con una versione di Videodrome di settantacinque minuti. Era totalmente incomprensibile, anche se qualcuno pensa che sia incomprensibile anche adesso. Io conoscevo la storia: mi ero dimenticato che il pubblico può conoscere solo quello che gli viene detto. Un errore classico.

Così sono tornato in sala di montaggio pieno di lividi e ho cominciato a rimontare il film. La politica degli Studios comporta che il risultato della proiezione venga comunicato ai grandi capi. Se loro, basandosi sul risultato, si convincono che il film sarà un disastro, operano tagli al budget pubblicitario e riducono il numero delle copie da mettere in circolazione. Non avevo realizzato che il pubblico stava per uccidermi. Fortunatamente la cosa non mi spezzò il cuore. Ho avuto l’opportunità di rimontare il film, e non sono state fatte altre proiezioni campione ufficiali, ma solo piccoli test.

Alla fine sono uscite novecento copie, che non sono molte: mandarne in giro più di mille non sarebbe stata una novità in quel periodo. Ma per un film come questo novecento erano tante. È rimasto nelle sale una settimana, poi è sparito. Avevano investito esattamente ciò che era stato deciso in precedenza, ma il film non ha raggiunto nessuno: non ha raggiunto gli appassionati di horror e non ha soddisfatto quelli tra loro che l’hanno visto. Non era stato come Scanners. Non è nemmeno riuscito a raggiungere un pubblico più sofisticato, che ne avrebbe sopportato la crudezza; e non è nemmeno rimasto fuori abbastanza a lungo da suscitare le reazioni della critica.
(David Cronenberg, in Chris Rodley, Il cinema secondo Cronenberg, Pratiche, Parma 1994)

La “nuova carne”

A colpire, nell’opera di Cronenberg, è soprattutto la volontà di prendere le distanze dalla visione tradizionale del corpo proposta dall’arte. Volendo azzardare un confronto con le arti figurative, si potrebbe dire che il corpo che appare nei suoi film è lo stesso delle opere di Bacon o Soutine, mentre il cinema ci ha abituati a una visione ultraclassica, prossima a quella della statuaria antica. La litania, l’ossessione dei personaggi di Cronenberg rappresenta proprio quella “nuova carne” alla quale tutti freneticamente aspirano.

Contrariamente a quanto avviene nel cinema dell’orrore tradizionale, i corpi, sempre minacciati dalla mostruosità, non si trasformano in modo superficiale (i due poli della metamorfosi nel gotico sono rappresentati dal mostro di Alien di Ridley Scott, compromesso fra la macchina, il sauro e l’insetto, estraneo, come indica il nome, a ogni umanità, e il protagonista di Elephant Man di David Lynch che, sotto apparenze mostruose e animali, cela un’anima nobilmente umana) ma sono attirati in maniera irresistibile dal superumano, in particolare dal divenire-macchina (la cui ultima forma è la macchina da scrivere antropomorfica ed entomorfica di Il pasto nudo). Solo a uno sguardo superficiale la macchina può essere contrapposta all’uomo: essa infatti fin dalle origini (homo faber) fa parte delle sue estensioni.
(Serge Grünberg, David Cronenberg, Shake, Milano 1999)

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