Vincitore della Palma d’Oro a Cannes per miglior film e miglior regia, Elephant è per molti il capolavoro del regista Gus Van Sant.

Elephant

Il titolo allude al proverbiale elefante nella stanza, metafora di un problema che tutti vedono ma di cui nessuno vuole parlare. Ma è anche una citazione dell’omonimo cortometraggio del 1989 diretto da Alan Clarke, che mostra la violenza politica nell’Irlanda del Nord come un’esplosione di caos arbitrario. Il film di Van Sant ha preso in prestito non solo il titolo di Clarke, ma rispecchia anche da vicino il suo stile minimalista con le riprese in steadycam.

Elephant
A destra il regista Gus Van Sant sul set del film

Elephant e l’approccio del regista

Nel realizzare Elephant, Gus Van Sant sceglie saggiamente di non schierarsi o empatizzare con nessun personaggio, perché non esiste una razionalizzazione accettabile per ciò che è accaduto a Columbine. Elephant ci mostra la natura della violenza e dell’apatia adolescenziale e lo fa sempre con distacco, osservando senza mai enfatizzare. Il realismo aiuta ad immergere e allo stesso tempo alienare lo spettatore dalla rappresentazione, creando un senso di irrequietezza. Come nel film Paranoid Park, che realizza nel 2007, il regista sceglie di utilizzare attori (adolescenti) non professionisti e liberi di improvvisare.

Elephant
i due protagonisti, Eric e Alex

Dopo aver realizzato alcuni film più hollywoodiani (Scoprendo Forrester, Will Hunting – Genio ribelle) Van Sant decide di tornare al suo amato cinema indipendente con la cosiddetta Trilogia della morte, composta da Gerry (2002), Elephant (2003) e Last Days (2005). Per Elephant si ispira molto al massacro di Columbine senza però cercare una ricostruzione fedele dei fatti. Siamo davanti ad un film che ha diviso (e divide) il pubblico, ma parliamo anche di un autore molto particolare e abituato a preferire un approccio più meditativo, sicuramente meno convenzionale. Il regista sceglie di mostrare la violenza privandola il più possibile da motivazione, fascino e contesto sociale. Succede e basta.

Columbine High School, 20 aprile 1999

Due ragazzi (Eric Harris e Dylan Klebold) fanno una strage nella scuola che frequentano, il bilancio dei morti è di 12 studenti, un insegnante e 24 feriti. Inoltre i due autori del massacro si suicidarono sparandosi a loro volta, asserragliati all’interno della biblioteca della scuola. Una strage che in qualche modo poteva essere prevista dato che i due studenti avevano già avuto problemi con la legge, mostrando anche segnali di squilibrio mentale.

Elephant

Nell’anno precedente vennero trattenuti dalla polizia per furto ma per via della loro età non ci fu un vero arresto. Nei mesi successivi cominciarono ad organizzare il futuro massacro, pubblicando anche qualche pensiero sul loro sito internet dove era già evidente il loro odio verso la società e molti compagni di scuola. I Basement Tapes (nastri di cantina) sono invece dei video che avevano registrato e custodito, e furono divulgate solo tre sequenze. In un video vediamo Harris, Klebold e altri amici che provano le armi al Rampart Range. In un altro i due ragazzi fingono di star combattendo una sorta di invasione, e infine un progetto scolastico in cui Harris e Klebold sono due hitmen che uccidono a pagamento i bulli della scuola. 

Elephant
Dylan Klebold e Eric Harris, autori della strage il 20 aprile 1999

Nel 2002 fu realizzato Bowling a Columbine, un documentario diretto da Michael Moore, e vincitore del premio Oscar 2003 come miglior documentario.

Seguendo i protagonisti del film

Elephant mostra la routine e gli eventi da più punti di vista: le scene si ripetono da diverse angolazioni, attraverso gli occhi di alcuni studenti, con piani sequenza ipnotici e momenti più intimi nella vita dei due assassini. I due assassini Eric (Eric Deulen) e Alex (Alex Frost) sono ovviamente ispirati a Dylan e Eric di Columbine. Tutti i personaggi del film hanno gli stessi nomi degli attori che li interpretano, per evitare più possibile il contrasto fra vita reale e finzione.

Elephant
Eric e Alex mentre pianificano la strage

Alex disegna, è appassionato di musica classica ed è soggetto a bullismo; Eric adora i videogiochi violenti e le armi e non ha una buona relazione con i suoi genitori. Nel film è presente anche l’omosessualità latente dei due ragazzi, poco prima dell’inizio del massacro, quando Eric bacia inaspettatamente Alex sotto la doccia.

Come in altri film di Gus Van Sant (Gerry, Last Days e Paranoid Park) assistiamo ad un processo di decostruzione della struttura narrativa classica: anche se la messa in scena sembra ricercare un realismo assoluto, ci ritroviamo allo stesso tempo davanti ad un’atmosfera alienante. Non viene fornita nessuna risposta, a malapena vengono poste domande ed il film si svolge con un ritmo lento ed inesorabile, in uno spazio/tempo frammentato. In questa prospettiva lo spettatore può sperimentare la pura banalità della routine di questi adolescenti fino all’esplosione improvvisa di violenza, una vera intrusione nel mondano che destabilizza come farebbe nella vita reale. 

Elephant
Carrellata a precedere in steadycam

Soluzioni non convenzionali e le influenze del regista

È una realtà psicologica complessa quella che Van Sant ci mostra nel film. Riesce a creare un’atmosfera inquietante all’interno del mondo diegetico anche prima della comparsa di qualcosa di apertamente spiacevole. In diretto contrasto con alcuni critici che hanno sottovalutato Elephant giudicandolo irresponsabile, questo approccio non educativo su un argomento così delicato è in realtà molto responsabile e riflette la reale complessità del mondo moderno. L’ambiguità del film è la prova che non si può (o non si deve) dare un senso a tale violenza.

Elephant
Carrellata a seguire in steadycam

I lunghi piani sequenza, inquadrature prolungate, l’uso di attori non professionisti, l’ubicazione della narrazione nella realtà storica, l’attenzione sull’aspetto quotidiano della vita delle persone, tutti elementi che si allineano con la teoria del cinema realista sviluppata da André Bazin, in relazione al neorealismo italiano. Lo stesso Van Sant ha ammesso di esser stato ispirato nel suo approccio visivo dai documentari del regista americano Frederick Wiseman, ma anche da un certo tipo di produzione cinematografica osservativa, ma principalmente non manipolativa – retorica – moralistica.

Interessante questo video su YouTube dove sono montati in contemporanea le riprese in piano sequenza.

Oltre ai due autori della strage, entriamo nella vita di: Michelle, una ragazza così a disagio con il suo aspetto estetico da non poter indossare i pantaloncini durante le lezioni di ginnastica; Nathan e Carrie, una giovane coppia innamorata; John, che ha un padre alcolizzato; Elias, che ama la fotografia; Acadia, che seguiamo in un incontro sull’educazione sessuale (e qui si torna al tema della sessualità poi ripreso nella scena della doccia).

Alcune scelte tecniche

Il formato non panoramico scelto dal regista rende il tutto più angusto e permeato da un’atmosfera quasi documentaristica. Sembra voler imprigionare i personaggi nei propri corpi e nello spazio ristretto dell’inquadratura. Splendido il lavoro sulla fotografiaHarris Savides aveva già collaborato con Van Sant e realizzeranno insieme anche il successivo Last Days (2005). Il giallo è un colore che ritorna molte volte nel film: nell’abbigliamento, nel fogliame all’inizio del film e in diverse ambientazioni interne alla scuola. La maglietta gialla con il toro nero indossata da uno dei protagonisti (con i suoi lunghi capelli biondi) è una delle immagini più iconiche del film.

Elephant
John nella scena presente sul poster del film

Interessante anche l’uso di riprese al rallentatore (una scelta stilistica che piace molto al regista). In un momento del film, prima della sparatoria, vediamo John che gioca con un cane ed il tempo sembra fermarsi, anche se per pochi attimi. Un’altra costante del suo cinema che ritroviamo è l’inquadratura fissa del cielo nuvoloso. La natura in generale è ancora presente in diversi elementi, come il disegno di un elefante in camera di Alex, o il cinguettio degli uccelli usato come sottofondo sonoro (spesso indefinito). Questa scelta sonora è usata anche nel suo Paranoid Park (link a fine articolo), un altro dramma adolescenziale da vedere assolutamente.

Il tema musicale principale di Elephant è di Ludwig van Beethoven: la famosissima sonata Chiaro di Luna, nonché Per Elisa in un’altra scena. Chi le suona è Alex, che ha scelto la musica del film in totale libertà come richiesto dal regista.

Elephant

Nell’ultima sequenza del film Van Sant cerca di non farci entrare emotivamente nel massacro, annientando in ogni modo la suspense. Anche in questa prospettiva c’è sicuramente la scelta di non mostrare tutto, di lasciare molto nel fuori campo, lì dove sarà poi lo spettatore a dover rielaborare tutto.

Classificazione: 5 su 5.

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