Happiness è un k-drama del 2021 di 12 episodi che parla, può sembrare banale, di felicità. La protagonista Sae-Bom (Han Hyo-joo), agente delle forze speciali, desidera una casa tutta sua; per ottenere l’appartamento in un gigantesco complesso di condomini, decide di fare un po’ di magagne e sposare per finta il suo amico di sempre Yi-Hyun (Park Hyung-sik). Se per lei la felicità è avere una stabilità, per lui, poliziotto onesto, è trascorrere del tempo proprio con Sae-Bom per la quale nutre sentimenti molto forti. I due novelli-finti sposini verranno però ostacolati da un’epidemia causata da un medicinale, il Next, sviluppato durante l’emergenza Covid per curare la polmonite. Proprio il complesso residenziale dei due protagonisti verrà messo in lockdown a causa di un focolaio, e Bom e Hyun dovranno fare di tutto per sopravvivere e proteggere il loro nido.

“Lockdown” è un concetto ormai a noi familiare e non stupisce trovarlo all’interno di serie tv o film. Già Non siamo più vivi (ve ne abbiamo parlato qui) ambientava l’epidemia zombie in uno scenario post Covid-19; ma se lì la questione era appena accennata, in Happiness è molto più rimarcato il trauma che pandemia e restrizioni hanno causato – c’è chi parla di “lavare bene le mani appena si torna a casa” e chi distribuisce mascherine alle persone che in ascensore non la indossano. Non l’ho ancora detto, ma Happiness è, almeno in superficie, una serie sugli zombie. O meglio, una serie con gli zombie. Gli infetti, dopo la comparsa di sintomi più lievi come una sete implacabile, iniziano a sviluppare una tremenda voglia di sangue umano che li porta a dei veri e propri blackouts durante i quali la follia la fa da padrona. Il virus quindi, denominato “della rabbia pazza”, fa letteralmente impazzire gli infetti che si scagliano sugli altri per morderli. Dopo gli attacchi però, gli “zombie” tornano in sé, fornendo la chiave di lettura dell’intera serie: una straniante ordinarietà nella straordinarietà.

Dopo l’annuncio dello stato d’emergenza e del lockdown, i residenti non sono apparsi allarmati: l’abbiamo già vissuto. Sappiamo come funziona. Assalto al supermercato e poi chiusi in casa (chi ha visto la serie sa quanto la scena del supermercato sia stata “strana” da guardare). Il lungo periodo di isolamento dovuto al Covid, quello che avrebbe dovuto farci tornare “più forti e uniti di prima”, in realtà ci ha desensibilizzati. Incarnazione di questo ideale è Han Tae-Seok (Jo Woo-jin), il colonnello che si impegna a trovare una cura a tutti i costi. Se razionalmente il suo operato meticoloso e asettico ha senso, dal lato umano le sue scelte sono discutibili.

Le preoccupazioni principali degli inquilini sono altre, come la possibilità che a causa del lockdown i loro appartamenti possano essere svalutati o dover condividere questi giorni di clausura con inquilini di “serie B” e membri dell’impresa di pulizie. La questione delle differenze sociali è un must nei prodotti coreani e non manca neppure in Happiness, in cui troviamo una vera e propria piramide: al vertice c’è chi l’appartamento in cui vive l’ha comprato (e vive ai piani più alti) e alla base chi invece è un semplice affittuario. La mancanza di cibo e acqua e il protrarsi del lockdown porterà a galla il vero volto dei personaggi, dimostrando che il pericolo peggiore non sono gli infetti (che non hanno il controllo della loro sete), ma coloro che consciamente tradiscono, ingannano e uccidono.

Sarebbe impossibile scendere nei dettagli senza fare spoiler, soprattutto perché Happiness è una serie corale fondata sui suoi personaggi, che sono tanti e complessi. Ciò che posso dire è che la serie è scritta benissimo e diretta ancora meglio; non è super action-adrenalinico bensì più introspettiva e drammatica (con un pizzico di romanticismo), pur possedendo dei bei momenti di tensione e paura. Se bisogna trovargli una nota negativa, direi che il finale appare troppo affrettato, con qualche story-line lasciata all’interpretazione dello spettatore. Probabilmente un paio di episodi in più l’avrebbero resa perfetta.

Conclusioni

Tirando le somme, Happiness è un drama che parla al cuore. Nonostante l’indifferenza, nonostante l’apatia nella quale sembriamo essere scivolati, dei momenti di felicità sono ancora possibili. Perché la felicità non sta nei possedimenti più o meno permanenti, come la tanto agognata casa di Sae-Bom, ma in piccoli momenti fugaci, semplici e condivisi con le persone che più amiamo. Piccoli momenti di normalità che abbiamo tanto dato per scontati e a cui aggrapparsi per non perdere la nostra umanità.

Classificazione: 4.5 su 5.