Sleepaway Camp è senza dubbio un cult del genere slasher. Uscito nel 1983, il film, mai arrivato in Italia, può vantare uno dei finali più scioccanti e sconvolgenti della storia del cinema horror.

Un cult slasher

Sleepaway Camp, scritto e diretto da Robert Hiltzik, fa parte di quel gruppo di film slasher dei primi anni ’80, realizzati con un budget irrisorio e, perlopiù, con attori esordenti o addirittura amatoriali. Quando girò il film, Hiltzik sicuramente non poteva nemmeno immaginare il grandissimo successo che avrebbe avuto, e di certo non pensava che quel modesto progetto sarebbe divenuto un’icona di un genere cinematografico, un cardine dello slasher. Oltre ad aver guadagnato, infatti, una cifra molto alta (circa 30 volte superiore al budget), Sleepaway Camp è diventato un piccolo cult e la sua protagonista, Felissa Rose, un’attrice iconica dell’horror low-budget.

Ma quale caratteristica di Sleepaway Camp ha fatto in modo che il film fosse celebrato, osannato e, soprattutto, ricordato? Semplice, il finale. In Sleepaway Camp, infatti, la classica trama dei film slasher (messa qui in scena senza grandi artifici) viene arricchita da uno dei finali più inaspettati e sconvolgenti del cinema horror.

Questa analisi contiene SPOILER.

La storia e il finale

Nell’estate del 1975, John Baker sta facendo il bagno in un lago con i suoi due figli, Peter e Angela. Il compagno di John, Lenny, li aspetta sulla riva del lago ma, mentre stanno nuotando verso di lui, i tre vengono accidentalmente investiti da un motoscafo. Questo è l’inizio di Sleepaway Camp. Nella scena successiva, otto anni dopo, Angela, l’unica sopravvissuta nell’incidente, parte insieme al cugino per il Camp Arawak, dove trascorrerà l’estate. Angela è molto introversa e per questo diventa la vittima preferita dei bulli del campeggio. Dopo una serie di morti misteriose e violente, nell’ultima scena del film si scopre una scioccante verità: Angela è in realtà un maschio. Infatti, ad essere sopravvissuto nell’incidente non era stata Angela, ma il fratello Peter. Tuttavia, la zia che lo aveva adottato, avendo già un figlio maschio, aveva deciso di crescerlo come se fosse una bambina e, appunto, con il nome Angela.

Nell’ultima scena, nella quale scopriamo anche che Angela è l’assassina, la vediamo con un’espressione animalesca e completamente nuda, coperta di sangue, con i genitali (maschili) bene in vista. Proprio per la crudezza con cui viene messo in scena e per la sua imprevedibilità, questo colpo di scena è considerato uno dei più grandi del cinema horror.

Un film costruito interamente sul finale

A una seconda visione si può notare come tutto il film sia effettivamente costruito su quel finale. Ci sono molti indizi che, disseminati negli 84 minuti di film, fanno intuire che Angela non è semplicemente introversa, ma che vive un disagio assai più profondo. Infatti, per esempio, la scena in cui le altre ragazze prendono in giro Angela chiedendole perché non faccia mai la doccia quando ci sono loro, risulta molto significativa alla luce del finale. C’è anche un’altra scena, più ambigua e importante, che costituisce un potenziale indizio per lo spettatore, ma ne parleremo più tardi.

Tuttavia, il fatto che il film sia costruito sul finale, fa sì che lo svolgimento della pellicola sia in realtà piuttosto mediocre e poco interessante. La messa in scena degli omicidi e l’atmosfera creata sono inferiori rispetto a quelle degli altri slasher dell’epoca: senza scomodare Venerdì 13, possiamo prendere come esempio The Burning di Tony Maylam (1981) il cui svolgimento è molto più convincente e ricco di quello di Sleepaway Camp. Senza quel finale Sleepaway Camp sarebbe finito nel dimenticatoio dopo un paio di anni. E, quindi, sì: Sleepaway Camp è un film che è retto esclusivamente dal suo finale, un finale che gli dà un senso e che lo porta nell’Olimpo degli slasher.

Il sesso e la sessualità nel genere slasher

Non è un mistero: il sesso e la sessualità sono sempre stati al centro del genere slasher. L’inconscio, la sessualità, la perversione, anche in chiave psicoanalitica (il binomio Freud-cinema continua a riscuotere grande successo in questo periodo), costituiscono colonne portanti, anche se spesso celate o mascherate, del genere. Negli anni ’80, il genere slasher ha avuto un ruolo importante anche per emancipare l’omosessualità nel cinema: Nightmare 2, per esempio, è un film allegorico (anche se può sembrare strano) che ruota unicamente intorno all’omosessualità del protagonista e alla paura che lui ha di essa. Paura che è incarnata da un mostro (Freddy Krueger) e in cui l’unico trionfo può essere l’accettazione del sé (QUI trovate un articolo molto interessante su Nightmare 2).

Anche in Sleepaway Camp è presente il tema dell’omosessualità, ma anche dell’identità di genere. Per quanto riguarda il primo, come abbiamo visto, il padre di Peter e Angela ha come compagno Lenny. Questo elemento diventa essenziale verso la fine del film, quando vediamo una scena che costituisce anche un potenziale indizio che (anche se è molto difficile) potrebbe far intuire il finale. Infatti, a un certo punto del film, Angela sta presumibilmente per avere un rapporto sessuale con Paul, l’unico ragazzo del campeggio che le porta rispetto ed è gentile con lei. Tuttavia, mentre l’intimità tra i due sta crescendo, improvvisamente Angela si blocca e ripensa a quando, con il fratello, sorprese il padre a letto con Lenny. Inizialmente lo spettatore può pensare a un trauma infantile, ma con il finale tutto si chiarisce: Angela, nel momento in cui sta per avere un rapporto con Paul, ripensa a suo padre e Lenny, perché è consapevole che anche lei sta per avere un rapporto omosessuale. Un indizio preziosissimo che, però, risulta abbastanza inutile in quanto nessuno spettatore potrebbe mai immaginare un risvolto simile nella trama.

Il “genere forzato” di Angela

A essere centrale in questo film è, invece, il tema dell’identità di genere (nonostante possa sembrare paradossale in un film horror del 1983). La figura di Angela è assai ambigua e controversa, sia perché di lei e della sua “transizione forzata” ci viene mostrato poco o nulla, sia perché scopriamo chi è davvero solo negli ultimi secondi del film. Il suo silenzio costante, l’incapacità di parlare e di creare legami potrebbero evidenziare il fatto che Angela non accetti e viva come un trauma la forzatura della zia. Tuttavia, questo si scontra con i film successivi, in cui Angela completa il suo percorso di affermazione di genere, continuando poi la sua opera da serial killer.

Bisogna però considerare che non è stato Hiltzik a scrivere e dirigere i capitoli successivi (tranne il quarto) e quindi è possibile che la sua idea originale sia stata poi cambiata per esigenze narrative. Gli elementi che vediamo in Sleepaway Camp, infatti, confermano che l’identità di genere di Angela sia in realtà quella maschile e che la transizione verso il femminile (nell’aspetto, per lo più) sia palesemente forzata un capriccio della zia. Credo che si possa dire tranquillamente che in Sleepaway Camp (senza considerare i sequel) il sesso biologico e il genere di Angela siano coincidenti: Angela è un maschio e il suo disagio interiore è dovuto alla forzatura che ha subito.

N.B: la scelta di riferirsi al personaggio di Angela usando pronomi e aggettivi femminili è dettata da esigenze di chiarezza e comprensibilità.

Il contesto culturale: dal fallimentare esperimento di Money alla psicanalisi

C’è da dire che in quegli anni le teorie sul genere e sul rapporto che esso avesse con il sesso biologico erano molte. Inoltre, in America, iniziavano a echeggiare le teorie e il conseguente esperimento di John Money, sessuologo e psicologo neozelandese, convinto che ogni bambino nascesse con un genere neutro.

Il tragico esperimento di John Money

Money era convinto che il genere potesse essere tranquillamente riassegnato ed ebbe modo di testare la sua teoria su David Reimer, un bambino il cui pene era stato irreversibilmente danneggiato da un intervento di circoncisione. Money convinse la famiglia Reimer ad eliminare completamente i genitali di David e a crescerlo come se fosse una bambina. La vicenda fu piuttosto grottesca: Money offrì il suo aiuto come psicologo per seguire David (che aveva un fratello gemello) e iniziò a incontrarlo frequentemente sottoponendolo a pratiche ingiuste e abominevoli: Money costringeva David a sottomettersi totalmente al fratello, anche in ambito sessuale (facendo simulare dei rapporti uomo-donna). A 14 anni, però, David (il cui nome intanto era diventato Brenda), scoprì la verità e due anni dopo iniziò un percorso inverso: voleva riappropriarsi della sua identità maschile. Il dottor Money, che fino a quel momento aveva raccontato pubblicamente i grandi successi del suo esperimento nascondendo la verità, fu costretto a dichiarare il suo fallimento. Ma il trauma per David non fu mai superato: egli si suicidò nel 2004, a 39 anni.

La psicanalisi: Lacan, oltre l’essenzialismo e il culturalismo

Negli anni ’70-’80, inoltre, era ancora molto importante e forte il rapporto cinema-psicanalisi. Tra gli psicanalisti possiamo citare Jacques Lacan che rifiutava sia l’essenzialismo femminista (per il quale la differenza anatomica era qualcosa di essenziale e di “plasmante”) e il culturalismo (per quale il genere si formava solo a contatto con la cultura, in pratica la teoria di Money). Per Lacan, infatti, in ogni individuo vi è un percorso di “sessuazione”, un processo in cui un corpo anatomicamente definito e culturalmente plasmato inventa un terzo corpo maschile o femminile (determinato dall’inconscio).

Per completare la parentesi culturale in cui si sviluppa Sleepaway Camp, ci sarebbe ancora da dire moltissimo, ma gli esempi di Money e Lacan possono essere utili per capire l’importanza che certi argomenti iniziavano ad avere tra gli intellettuali. Lo scalpore mediatico creato poi dall’esperimento di Money, ci aiuta a comprendere come chiunque iniziasse ad entrare in contatto con certi temi e argomenti.

Il sesso al centro di tutto: morti simboliche

Sicuramente è a dir poco sorprendente vedere uno slasher del 1983 in cui la sessualità ha un ruolo così importante. Come ben sappiamo, negli slasher il sesso è fondamentale: elemento ricorrente e causa di morte. Inoltre, nella maggior parte di questi film la nudità del corpo femminile è comune, quasi un cliché. Ma in Sleepaway Camp tutto questo non c’è: non vediamo nessuna scena di sesso e la cinepresa indugia più sui corpi maschili che su quelli femminili. Nonostante ciò, il sesso è uno dei protagonisti del film, forse il protagonista assoluto: a un livello psicologico più profondo, infatti, la componente sessuale è sempre presente, sia nelle relazioni tra i personaggi che nelle loro morti.

Basti pensare ad Artie, uno dei pochi adulti del campeggio, un pedofilo che, dopo aver provato a violentare Angela, verrà brutalmente ucciso. Il suo omicidio viene visto da molti come una sorta di ultimo orgasmo: l’olio che lo ricopre è bollente, pulsante, gli toglie il fiato pian piano. L’agonia di Artie è molto più lunga di quanto ci venga mostrato e la sua sofferenza è spesso fuoricampo, come se Hiltzik volesse proteggere l’intimità di quell’ultimo orgasmo, in un rapporto intimo e “bruciante” con la morte stessa (l’espressione francese La petite mort è qui particolarmente appropriata).

La mutilazione e il serpente

Ancora più simbolica è però la morte di Judy. Il suo (detestabile) personaggio rappresenta l’uso del sesso per ottenere il potere. Judy vuole avere una posizione privilegiata rispetto alle altre ragazze del campeggio e soprattutto rispetto ad Angela che si diverte a deridere e umiliare continuamente. Quando Angela la uccide, lo fa “mutilando” i suoi genitali con un ferro dalla forma fallica. Questa morte, oltre a poter fornire un ulteriore indizio sul vero genere di Angela e su un suo possibile desiderio sessuale, ha un significato importante: uccidendo Judy in questo modo, Angela la sta privando della sua femminilità. È come se, in questo modo, Angela portasse via a Judy qualcosa che lei non ha ma che, dato com’è costretta a vivere la sua vita, sente di dover avere. Con questa mutilazione, inoltre, Angela priva Judy di ciò che quest’ultima usava per ottenere il “potere”: è un annientamento totale del personaggio di Judy. Anche la morte di Kenny, infine, diventa sessualmente evocativa: il serpente che scivola dalla bocca semi-aperta del suo cadavere, diventa simbolo di un intreccio perfetto tra sesso e morte.

Al di là di tutte le analisi che si possono fare, Sleepaway Camp rimane un film molto interessante, uno slasher iconico che, nonostante una narrazione mediocre, rimane impresso nella mente di chiunque lo vedo, a causa del suo finale tanto geniale quanto scioccante.