Quando ho iniziato Mask Girl, credevo si trattasse di un drama dai risvolti romantici; con mia grande sorpresa si è invece rivelata una serie spiazzante, cruda, agghiacciante, dalle parti di Perfect Blue (con una Black Mirror vibe). Mi sembrava doveroso dedicarle uno spazio qui non solo per le “contaminazioni”, ma anche e sopratutto perché parla di esperienze femminili da diversi punti di vista, e sono tutti spaventosi.

Trama

Kim Mo-mi è un’impiegata di 27 anni dalla vita anonima. Il sogno di Mo-mi era quello di diventare una star (più in particolare, un’idol) e, fin dai talent show cui partecipava da bambina, ha sempre dimostrato un grande talento e una straordinaria naturalezza davanti al pubblico. Tutto cambia quando Mo-mi cresce e si scontra con gli stereotipi e i canoni di bellezza, venendo così definita “troppo brutta per essere una performer”.

Mo-mi però trova un metodo alternativo per rimanere sotto i riflettori: di notte indossa una maschera e si trasforma in una cam girl. La sua vita diurna, caratterizzata da commenti sessisti che le ricordano ogni secondo che non è attraente, si scontra con lo scintillio e il glamour della sua vita notturna, quando può trasformarsi nella famosa e amata Mask Girl.

Tutto sembra procedere in maniera lineare con questa doppia vita finché un fan non scopre la vera identità della nostra Mask Girl; da quel momento la serie prende una piega diversa, assestando pugni allo stomaco dello spettatore puntata dopo puntata.

Il ribaltamento delle aspettative

Mask Girl inizia come il più comune dei k-drama: la protagonista è la tipica ragazza timida e “loser” che si innamora di un collega bellissimo e all’apparenza perfetto che sembra manifestare un certo interesse nei suoi confronti. Le basi di partenza sembrano esserci tutte per la perfetta storia d’amore, ma poi qualcosa viene messo fuori posto e il quadro inizia a disgregarsi. Scopriamo infatti nella primissima puntata che non solo lui è già sposato, ma che è attratto in realtà da un’altra collega, molto bella, disponibile e servizievole, il perfetto esempio di personaggio femminile scritto da e per gli uomini. La rabbia di Mo-mi si incanala subito verso la collega, come da copione, perché in lei vede quello che non è mai stata e mai sarà.

Mo-mi è arrabbiata, ma qui ha ancora speranza. Decide quindi di uscire con un altro uomo per dimenticarsi dell’amato; si tratta di un fan che se la intorta per bene, con l’intento di violentarla e svelare al mondo di internet la vera identità di Mask Girl. Tutto questo accade mentre un altro fan, Ju Oh-nam, ossessionato da lei, scopre tutto (perché la stalkera) e vuole salvarla.

Inutile dire che anche questi due uomini si rivelano tutt’altro che amichevoli ed è qui che Mask Girl inizia a cambiare rotta; la storia romantica è compromessa, gli uomini che Mo-mi incontra non sono principi azzurri e il mondo in cui lei vive non è quello di un k-drama. Cambia così la sua attitudine verso le cose, cambia la rappresentazione degli uomini (e il modo in cui lei li vede) e, sopratutto, cambia il modo di intendere i rapporti tra donne, non più in termini di rivalità ma di solidarietà e amore.

I punti di vista

Ogni puntata di Mask Girl presenta il punto di vista di un personaggio diverso, che dà anche il titolo all’episodio. A parte l’episodio due, che è dedicato al fan stalker, le altre sei puntate raccontano le vicende attraverso gli occhi di donne.

Rimaniamo un attimo sull’episodio due, perché è qui che le cose prendono una piega inaspettata. Oh-nam, il fan stalker, vive da solo con una bambola che considera la sua fidanzata e trascorre il tempo libero a guardare e “cuorare” le dirette di Mask Girl, fantasticando su di lei e credendo di poterla salvare dagli altri uomini che, secondo lui, non la meritano. Questa è una puntata cruda che mette in scena i mostri che la società crea, vittime che si trasformano in aguzzini e che interiorizzano la violenza, arrivando a considerare il sopruso come unico modo d’interagire con altri esseri umani; a farne le spese, si sa, sono sempre le donne. Il parallelismo con Perfect Blue è evidente in questo, ma lo è anche quando si parla di identità flessibile, mutevole, molteplice.

Da qui in avanti saranno presenti spoiler!

Mo-mi, lo vediamo già dalla seconda puntata, decide di sottoporsi a un intervento drastico di chirurgia estetica e cambiare completamente faccia per essere, finalmente, bella – e per ottenere tutto ciò che ne consegue. Ciò che si aspetta è di essere amata o, almeno, di essere trattata come un essere umano e non più come qualcosa di scomodo da nascondere per non dare fastidio agli altri. Però la vita ti tratta male e, anche se è vero che il mondo è più gentile con te quando sei attraente, è anche vero che se sei donna probabilmente te la passi male in ogni caso. Insomma, Mo-mi viene molestata e violentata indipendentemente dal suo viso, perché se sei brutta devi ringraziare se ricevi questo tipo di “attenzioni” e se sei bella un po’ te la sei cercata.

Nonostante cambi aspetto, dunque, il modo in cui viene trattata non cambia. Ciò che cambia, come detto in precedenza, è la sua attitudine verso le cose. Mo-mi non è monolitica, si adatta e risponde con la stessa brutalità che riceve, ed evolve di pari passo con la serie che tocca diversi generi; la seconda puntata, infatti, si tinge inaspettatamente di rosso quando Mo-mi attacca due uomini, uccidendone uno (lo stalker Oh-nam) dopo che questi l’aveva violentata. Da qui parte la vendetta in pieno stile coreano seguita principalmente dal punto di vista di due personaggi: Mo-mi che cerca un riscatto e la madre di Oh-nam, Kyung-ja, che vuole uccidere l’assassina del figlio.

Dalla parte degli emarginati

Mask Girl è una secchiata d’acqua gelata (ti arriva in faccia anche il secchio), ma offre uno spiraglio di luce grazie a due coppie, Mo-mi e Chun-ae prima, Mi-mo (figlia della protagonista) e Ye-chun poi. La quarta puntata, in particolare, è dedicata al rapporto tra Mo-mi e Chun-ae, fondato sulla mutua comprensione e sul sostegno: le due, che si trovano a lavorare insieme in un locale notturno, hanno patito le stesse sofferenze e condividono la stessa esperienza di vita, e questo le rende inseparabili. È l’emarginazione che le fa sentire vicine, è questo che le unisce contro il mondo. Mo-mi e Chun-ae si sarebbero amate anche se fossero state ancora entrambe “brutte”, e si amano proprio perché sono l’una il riflesso dell’altra. Non credo ci sia molto da dire sulla scena in cui insieme strozzano quell’altro personaggio orribile, se non che è stupenda ed esplicativa.

Insomma, Mask Girl parla principalmente di emarginazione ma, avendo settato fin da subito il mood sulla disillusione e la brutalità, è chiaro che nessuno avrà il suo lieto fine. Che sia Mo-mi, che voleva solo fare la cantante, o la sua nemesi Kyung-ja disposta a tutto per farle capire “cosa si prova ad avere un mostro come figlio”, tutte le donne in questa serie soffrono perché la società è sbagliata, perché il marcio è ovunque, e perché questa non è la storia della ragazza brutta che diventa bella e vissero tutti felici e contenti. C’è tanto sangue, tanta violenza, tanta tristezza, eppure la solidarietà non manca mai, tra compagne di cella in prigione, ballerine in un night club o sfigate tra i banchi di scuola. In fondo, l’amore che Mo-mi cercava non si trovava in una folla adorante, ma in una piccola cerchia di Sorelle.

Classificazione: 4 su 5.