Il famoso filosofo Bauman disse che il male e la paura sono gemelli siamesi.

Un detto molto particolare, che possiamo con tutta tranquillità riprendere dai libri del filosofo per applicarlo alla saga di Outlast. Red Barrels ha ideato un titolo che è la pura rappresentazione del maligno, in tutte le forme in cui riesce a manifestarsi.

Il primo capitolo ha avuto un’accoglienza strepitosa seguita da un enorme successo, tanto da essere quasi celebrato come uno dei migliori survival-horror degli ultimi anni e recentemente è arrivato su Nintendo Switch nella Outlast: Bundle of Terror. Anche se ormai è passato un po’ di tempo, finalmente abbiamo modo di parlare anche del suo sequel disponibile sulla console ibrida della casa di Kyoto: Outlast 2.

Anche a questo giro il lavoro di porting della casa canadese Red Barrels ci ha lasciati soddisfatti. Il team ha dimostrato di nuovo una certa cura per i propri giochi.

outlast 2

Qualcuno cammina tra i filari

Lynn e Blake Langermann stanno viaggiando in elicottero al di sopra di un’area semi desertica e disabitata dell’Arizona. Lynn è una giornalista, indaga sull’omicidio di una ragazza incinta morta in circostanze misteriose. Noi vestiamo i panni di Blake, il marito (nonché suo cameraman). Per i primi tre minuti di gioco ci illudiamo ancora una volta, come già nel primo Outlast, che le cose tutto sommato possano andare bene. E invece non va bene niente, perché per qualche strano motivo l’elicottero precipita.

Ci ritroviamo separati da Lynn, feriti e smarriti in una zona che inizia a non sembrare più tanto disabitata. Qua e là, tra filari di grano e sterrati, qualcuno ha eretto delle croci di legno. In lontananza c’è un villaggio molto inquietante ad attenderci alla luce della luna.

Outlast 2 un anno fa ha alzato molto il tiro rispetto al primo capitolo, puntando ad un ambiente di gioco più vasto, più angosciante, e a tematiche (se possibile) ancora più spinte. Blake si ritrova invischiato tra la follia degli abitanti e il loro culto religioso molto particolare, sul quale non vogliamo anticiparvi più del necessario. A differenza del primo Outlast, tuttavia, la narrazione è molto più lineare e guidata. Quasi sempre si intuisce immediatamente e con chiarezza dove andare o che cosa fare e per tutte le altre fasi bastano alcuni tentativi trial and error o un minimo di esplorazione consapevole dell’ambiente circostante.

Ancora una volta la produzione ha puntato su un survival horror psicologico, ma a questo giro molto più semplice da comprendere, con un numero elevato di documenti e filmati (i collezionabili) da raccogliere e analizzare lungo il cammino, finché tutto quello che riguarda l’angosciante faccenda ci sarà chiaro.

outlast 2

L’esperienza vera e propria di Outlast, ciò che spinge all’acquisto, è il viaggio all’interno dell’incubo. Il modo in cui viene raccontato è estremamente efficace e la metafora degli sviluppatori, che hanno descritto il giocatore come “un topo in un labirinto”, è valida. A patto di comprendere che il labirinto è estremamente lineare, e che il livello di sfida non è tanto quello di riuscire a scappare, quanto godersi i dettagli disseminati in ogni angolo. Le modalità di gioco sono rimaste anch’esse immutate rispetto al primo Outlast, ricevendo solo qualche piccola rifinitura. Blake non è un guerriero, può contare solo in minima parte sulla resistenza della sua pelle. A farla da padrone torna la telecamera, con cui orientarci al buio tramite la visione notturna.

In giro troveremo bende con cui curarci se abbiamo ricevuto qualche colpo e batterie per ricaricare il nostro fidato strumento. Per il resto si esplora, ci si nasconde, ci si sente angosciati dall’inizio alla fine e si subisce (giustamente) qualche infame jump scare.

Un porting da paura

Il titolo di questo paragrafo è metaforico, non siamo riusciti a evitare la battuta. Ma attenzione: anche se Outlast 2 non può certo confrontarsi con la versione per PlayStation 4 o con quella per PC, non vuol dire che su Nintendo Switch le cose vadano male. Anzi, già dopo aver provato il primo Outlast le aspettative erano alte ed anche per il secondo porting non sono state deluse. Outlast 2 su Nintendo Switch in modalità portatile è incredibilmente solido, fluido e bello da vedere, a prescindere dai dettagli tecnici della questione (che tra l’altro non sono stati ancora confermati da Red Barrels).

In Modalità TV, a parità di frame rate, la qualità visiva subisce un’ulteriore spintarella, lasciando comunque il colpo d’occhio sempre soddisfatto ed evitando qualsiasi tipo di sbavatura.

Abbiamo quindi la conferma: Red Barrels i porting li sa fare e probabilmente è anche per questo motivo che di abbassare il prezzo dell’offerta proprio non ne vuole sapere. Outlast 2 costa infatti ben 30 euro su Nintendo Switch, mentre altrove si trova già da tempo a cifre più abbordabili. Non è tutto, restate seduti. Con Outlast 2 arriva quella che potrebbe essere una gradita aggiunta per tutti i giocatori che si stancano di morire sempre nello stesso punto e che magari non hanno capito così bene come nascondersi in un barile o dentro un armadio per sfuggire ai nemici. È la Modalità Avventura, ovvero la modalità “ancora più facile di quella facile”, adatta per godersi semplicemente la storia del gioco.

I nemici sono meno aggressivi, i loro colpi più leggeri, le batterie molto più generose e di tanto in tanto Red Barrels ci prende per mano e ci suggerisce di fare questo o quello per superare un determinato punto di gioco. I veterani che invece vogliono una sfida degna di tutto rispetto non devono temere: le difficoltà più elevate, compresa “Follia” sono sempre lì. Tutto il resto è rimasto completamente identico a quanto visto lo scorso anno su console rivali e PC. Non è stato introdotto alcun contenuto bonus di sorta, neppure una raccolta di bozzetti o una galleria per le tracce audio.

Si tratta di una scelta precisa degli sviluppatori: mentre Outlast: Bundle of Terror è stato pensato come raccolta del primo capitolo con relativo DLC, Outlast 2 viene ripresentato per quello che è, senza aggiunte di sorta. Aggiunte che per inciso non sono state sviluppate neppure altrove, dato che del DLC di Outlast 2 alla fine non se n’è fatto più nulla. Una critica invece può essere mossa al supporto dell’HD Rumble, che è stato implementato il minimo sindacabile al pari del capitolo precedente. Questo significa che i Joy Con ogni tanto vibrano, secondo scelte del tutto arbitrarie da parte degli sviluppatori, ma mai secondo un piano di fondo davvero studiato con cura.

Potevano essere utilizzati, ad esempio, per intuire la provenienza dei nemici, oppure per avvertire lo stato della telecamera: Outlast 2 offre davvero parecchi spunti per introdurre un sistema di vibrazioni tattili complesso. Peccato, perché l’immersività complessiva del titolo ne avrebbe sicuramente gioito.

Altra piccola pecca è quella legata ai sottotitoli. Sono presenti anche in lingua italiana, e questo è un bene per quei pochi dialoghi presenti.

La loro dimensione, tuttavia, è insignificante già in Modalità TV: figuriamoci quando portiamo Nintendo Switch con noi, dove ogni singolo carattere assume le dimensioni di una formica.