In questa torrida estate italiana, arriva a portare portare un po’ di refrigerio cinefilo l’ultimo lavoro della regista Paola Settimini dal lapidario titolo: Per Horror intendo.

Di che si tratta?

Trattasi in realtà di un documentario, intervallato da sequenze di fiction che hanno più lo scopo di accompagnare lo spettatore che di creare una narrazione parallela. Ma è proprio il documentario il vero corpo di questo lavoro intrigante, dedicato agli appassionati della paura made in Italy, ma anche a quei neofiti che si affacciano al mondo del cinema oscuro magari grazie ai social e a siti come il nostro.

Cos’è la paura?

Per Horror intendo è una dissertazione sulla paura, sul suo significato e sul modo in cui molti dei migliori registi di casa nostra sono riusciti a declinare questo sentimento primario in opere diventate immortali, anche oltre i confini di casa nostra.

Una appassionante ed appassionata escursione sul sentiero dei ricordi, accompagnati da autori del calibro di Dario Argento, Aldo Lado, Francesco Barilli, Sergio Martino e tanti altri registi che hanno contribuito a canonizzare un genere battezzato dai precursori Riccardo Freda e Mario Bava.

Obbiettivo raggiunto

Il lavoro della Settimini rimane concentrato sull’obbiettivo e lo centra, invogliando il cinefilo più esperto a rispolverare classici senza tempo e stimolando lo spettatore meno ferrato a farsi una cultura sulle base dei titoli più intriganti e morbosi creati dai nostri maestri del genere. 

La carrellata proposta, da Profondo Rosso a Cannibal Holocaust, da La corta notte delle bambole di vetro a Dellamorte Dellamore non è che un assaggio di quanti piccoli, grandi gioielli sia possibile recuperare avendo la voglia di scandagliare le carriere dei tanti talenti, a volte un po’ dimenticati, che il nostro cinema ha saputo sfornare.

Da vedere

Ben vengano dunque pellicole didattiche come Per horror intendo, che mantengono viva la memoria cinematografica in un mondo distratto nel quale tutto sembra vecchio il giorno dopo, un mondo nel quale i giovani cinefili rischiano di perdersi il meglio.

Classificazione: 3 su 5.