Era il 1975 e Dario Argento stava per decretare il suo definitivo passaggio dal thriller all’horror con l’uscita di uno dei suoi capolavori per antonomasia: Profondo Rosso. Scritto in collaborazione con Bernardino Zapponi, iconico sceneggiatore e amico di Fellini, è uno degli imperdibili per chiunque si ritenga un cinefilo.

Trama

Durante una conferenza sul paranormale la sensitiva Helga Ulmann (Macha Méril) percepisce la presenza di un assassino nella platea. Tutto ciò darà il via a una catena di omicidi che Marc Daly (David Hemmings), condomino di Helga, cercherà di risolvere con l’aiuto di Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), una fotoreporter in cerca di un articolo scottante.

Analisi

Spesse volte, quando mi capita di confrontarmi con altri cinefili, mi viene posta la domanda “qual è il tuo film preferito di un dato regista?”. Generalmente la mia risposta è sempre la stessa, ossia che, quasi sempre, ho un film che reputo il migliore del regista e uno che ho nel cuore. Ecco, Profondo Rosso è il mio film del cuore per quanto riguarda Dario Argento. Tecnicamente parlando quello che reputo il suo miglior film è Suspiria ma Profondo Rosso mi è rimasto impresso, fin dalla primissima visione. Non che tecnicamente non sia eccellente, ma credo che con Suspiria abbia effettivamente raggiunto l’apice.

Un trait d’union

Profondo Rosso, prima di essere esso stesso un capolavoro è un omaggio al cinema di genere. I riferimenti ad Hitchcock sono innumerevoli, dal rapporto morboso madre-figlio già visto in Psycho a una delle locandine promozionali che ricorda terribilmente quella di Vertigo – la donna che visse due volte.

Locandina di Profondo Rosso

Ma, forse, il riferimento più importante è quello alla filmografia di Antonioni. Il protagonista, Marc Daly è interpretato da David Hemmings, lo stesso protagonista del capolavoro Blow-up. Non è un caso, infatti, che entrambi i film parlino di un uomo che vede qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Ma ancor di più Profondo Rosso e Blow-up condividono la filosofia alla base:

“Io non so come è la realtà. Ci sfugge, mente di continuo. Io diffido sempre di ciò che vedo, di ciò che un’immagine ci mostra, perché immagino ciò che c’è al di là. E ciò che c’è dietro un’immagine non si sa. Il fotografo di Blow-Up non è un filosofo, vuole andare a vedere più da vicino. Ma gli succede che, ingrandendolo, l’oggetto stesso si scompone e sparisce. Quindi c’è un momento in cui si afferra la realtà, ma nel momento dopo sfugge. Questo è un po’ il senso di Blow-Up.”

Michelangelo Antonioni

Questo concetto di relatività della realtà verrà analizzato tanto nello sviluppo della vicenda stessa, quanto nell’ambientazione. Questo concetto verrà esasperato con la scena iniziale che verrà ripresa successivamente nel corso della pellicola. La stessa scena, ripresa da due angolazioni differenti ci permette di cogliere appieno il concetto di relatività di percezione e di quanto, questa percezione alterata, possa influire sulla nostra percezione della realtà stessa.

(Carlo): Certe volte…quello che vedi realmente…e quello che immagini…si mischia nella memoria…come un cocktail…del quale tu non riesci più a distinguere i sapori…”

(Marc): Ma io ti sto dicendo la verità!

(Carlo): No Marc, tu credi di dire la verità e invece dici soltanto la tua versione della verità. A me accade spesso.

Lo spazio sospeso

Profondo Rosso è un film che gioca con lo spettatore a partire dall’ambientazione. La vicenda, formalmente, si svolge a Roma, ma non troviamo nessuno dei monumenti e delle caratteristiche della città eterna. Le riprese, infatti, sono state fatte tra Perugia, Roma e Torino. Come dichiarato dallo stesso regista, questo espediente aveva il fine tanto di disorientare lo spettatore, quanto di creare una città immaginaria. Non è un caso, infatti, che la piazza in cui avviene il colloquio tra Carlo e Marc sia visivamente estremamente rappresentativa. La grande fontana rimanda la mente alle fontane romane, innescando un meccanismo di ricordo rimosso. Lo spettatore, infatti, sapendo che il film è ambientato a Roma, cercherà di ricollegare in che parte della città eterna si possa trovare questa fontana, di fatto non riuscendovi mai poiché la fontana in questione si trova in realtà in piazza C.L.N. a Torino.

Fontana in piazza C.L.N. a Torino

È sempre in questa piazza che il regista posiziona il Blue Bar, bar fittizio omaggio all’opera del pittore statunitense Edward Hopper intitolata Nighthawks (I nottambuli) del 1942. La realtà si mischia perfettamente alla finzione creando un senso di incredulità e sospetto. I clienti del bar sono, infatti, completamente immobili, rendendo la scena all’interno del bar plausibile ma improbabile, come il posizionamento della fontana a Roma.

Nightawks – Edward Hopper 1942

Il perturbante

«Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare.»

(Sigmund Freud, Il perturbante, 1919).

Argento sfrutta questo concetto e costruisce l’orrore passo passo, andando a colpire lo spettatore nell’aspetto più puro ed innocente: l’infanzia. Giocando sia a livello visivo che sonoro il regista prende oggetti e suoni tipicamente infantili e li profana, distorcendone la percezione. I bambolotti vengono impiccati e le nenie infantili diventano presagio di morte. In questo senso il regista gioca con lo spettatore andando a infarcire di terrore quell’aspetto tanto familiare e rassicurante che è tipico dell’età infantile. Lo vuole sconvolgere, non tanto attraverso le immagini cruente quanto attraverso un concetto terrificante. L’infanzia viene depauperata della sua innocenza diventando vettore di morte.

Il ricordo sospeso

[Questa sezione potrebbe contenere spoiler]

Profondo Rosso è un film che permette allo spettatore di immedesimarsi completamente in Marc giocando proprio sul concetto del ricordo sospeso. Marc e lo spettatore, infatti, vedono qualcosa, qualcosa che sanno entrambi essere importante e che può portare alla risoluzione del caso ma, in entrambi i casi, non riusciranno a focalizzare il dettaglio. È infatti un piccolissimo fotogramma a permetterci di vedere il volto dell’assassino all’interno della casa di Helga. Un fotogramma che rimane sospeso nei nostri ricordi, martellandoci per l’intera pellicola. Questo concetto verrà ripreso nell’intera filmografia di Argento, diventando uno dei suoi marchi di fabbrica. Tuttavia, il regista avvantaggia lo spettatore, fornendogli molti più dettagli di quanti ne possa fruire il protagonista. Dalla scena iniziale, all’occhio dipinto, Argento favorisce il suo spettatore, garantendogli una posizione privilegiata.

Conclusioni

Profondo Rosso non è solo un piccolo capolavoro del cinema horror italiano, è un’icona e soprattutto una fonte di ispirazione ancora attuale. Dopo la sua uscita diede il via a una serie di opere a lui ispirate tra cui l’iconico La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati. Dalla musica iconica dei Goblin, alle scene intramontabili Profondo Rosso è un film capace di affascinare ed estasiare ancora dopo 46 anni.

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