Dopo i suoi horror più famosi, ovvero Paura nella città dei morti viventi (1980) e L’Aldilà (1981), Lucio Fulci completa la sua trilogia con questo film molto amato dai suoi fan, e rivalutato nel tempo come altri lavori del regista.

Fulci
Il titolo inglese del film

Lucio Fulci, il maestro del gore italiano, era particolarmente ispirato negli anni che vanno dal 1977 al 1982, realizzando probabilmente i suoi film migliori. Quella villa accanto al cimitero lo scrisse sempre insieme a Dardano Sacchetti, inizialmente da un soggetto di Elisa Briganti e poi con Giorgio Mariuzzo a revisionare.  La narrazione parte da molte suggestioni che riguardano l’infanzia e la paura di un qualcosa di ignoto che si trova nel seminterrato buio della casa. Siamo messi di fronte all’ambiguità dell’innocenza, in un’apologia della meraviglia e dell’orrore generato da uno sguardo infantile.

Trama: Uno scrittore si trasferisce insieme alla famiglia in una vecchia casa del New England, sta svolgendo delle ricerche su un misterioso scienziato pazzo. Iniziano una serie di eventi inquietanti.

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Il film ha anche molti rimandi psicanalitici: lo scienziato Dr Freudstain, gli incubi dell’infanzia e la cantina buia dove è nascosto l’orrore dal passato.

A differenza dei film precedenti, qui abbiamo una narrazione all’apparenza più compatta, che prende ispirazione anche dai classici come il romanzo Il Giro di vite di Henry James. Il regista romano sembra concentrarsi più sulla suspense, senza comunque rinunciare alle sue iconiche scene gore. L’atmosfera cupa è molto ricercata e ricorda anche quelle di alcune opere di Edgar Allan Poe e H. P. Lovecraft.

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Fulci dichiarò:

«Dopo L’aldilà e Black Cat, volevo realizzare un film che potesse contenere tutti i deliri dello scrittore di Providence, senza per forza essere tratto da uno dei suoi racconti.»

Paura nella città dei morti viventi è il primo horror in cui il regista sperimentò una struttura narrativa libera dalla sintassi convenzionale, dove non è tutto spiegato o spiegabile. L’aldilà, considerato da molti il capolavoro del regista, porta all’estremo le sperimentazioni narrative inseguendo anche un’atmosfera più eterea. Quella villa accanto al cimitero presenta una sceneggiatura che appare più convenzionale, ma il film, per il suo insieme di orrore, gore e suspense, è considerato il più pauroso della trilogia.

Interpretato da attori presenti già in altre opere di Fulci, ritroviamo in primis Catriona MacColl, protagonista anche de L’aldilà e di Paura nella città dei morti viventi. Il protagonista maschile è invece interpretato da Paolo Malco, qui alla sua prima collaborazione con Fulci. Il regista romano appare come suo solito in un breve cameo, nel ruolo del professor Muller.

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Lucio Fulci (sinistra) sul set

Un film cupo e terrificante

La storia inizia nel modo più classico e funzionale possibile per un horror. Un mistero che vede uno scrittore sulle tracce del suo ex collega, entrambi stavano facendo delle ricerche sullo strano caso del dottor Freudstein. Sebbene la sceneggiatura sia un po’ confusa nella seconda parte, ci sono un certo numero di sequenze decisamente raccapriccianti. Uno dei punti di forza di Fulci come regista è la sua capacità di creare un forte senso di terrore, e infatti come diceva anche Dario Argento: Fulci è prima di tutto un narratore di immagini e sensazioni.

Lavorando a stretto contatto con il direttore della fotografia Sergio Salvati (Il gatto nero), riescono a ricreare un’atmosfera horror gotica, funzionale per una storia che riguarda una vecchia casa oscura, c’è un’attenzione non solo per luci e ombre ma anche per la composizione di ogni singola inquadratura. Questo perché il film è per la maggior parte ambientato in interni cupi e claustrofobici, e hanno giustamente cercato di mettere a disagio il pubblico. Interessante anche l’uso del grandangolo in alcune scene per creare maggiore angoscia. Per illuminare il terrificante dottor Freudstain, Salvati modificò l’illuminazione durante le riprese seguendo i movimenti della macchina da presa.

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In home video è andato fuori catalogo, a differenza del secondo che ancora si trova facilmente. Fiduciosi di avere prima o poi una nuova edizione magari con un bel cofanetto della trilogia.

Gli effetti gore artigianali potrebbero sembrare datati agli occhi di spettatori più giovani, ma c’è qualcosa che continua a colpire ancora oggi a distanza di 40 anni. Siamo fin troppo abituati a vedere film che usano la computer grafica da non accorgerci che in qualche modo smorzano l’orrore ed il realismo. Fulci partiva invece dall’irreale per poi concentrarsi su un’esperienza viscerale fatta di visioni lucide ed angoscianti.

Curiosità: il dottor Satana di Rob Zombie nel film La Casa dei 1000 corpi, è in parte ispirato al dottor Freudstain di Fulci.

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Quella villa accanto al cimitero riesce a rendere morbosamente affascinante la più classica delle storie dell’orrore, mettendo in scena uccisioni tra le più folli di tutto il suo cinema. Onirico e malinconico il finale, memorabile ed imprevedibile. L’aria di morte che permea il film dall’inizio alla fine della sua durata è di quelle che restano anche dopo la visione. 

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