Nel 2005 Park Chan-wook, cineasta coreano dall’immenso talento, decideva di concludere la sua c.d “trilogia della vendetta” con un film targato completamente al femminile. Meno esplosivo ma più poetico e metaforico del precedente Oldboy, Symphathy for Lady Vengeance (in italiano Lady Vendetta) è la degna e splendida conclusione di un’antologia capace ancora di stupire a quasi 20 anni dalla sua uscita.

Trama

Lee Geum-ja è una giovane ragazza di 19 anni quando viene condannata per il rapimento e l’omicidio di un bambino. Una volta uscita, dopo aver scontato 13 anni di carcere, Geum-ja decide di portare a galla la verità e cercare la redenzione attraverso la vendetta.

Recensione

Se avete letto altri articoli scritti da me saprete quanto difficilmente io riesca a dissimulare l’entusiasmo verso certe pellicole. Symphathy for Lady Vengeance è una di quelle per cui ho deciso di ammettere subito la mia totale ammirazione. Decisamente meno famoso del predecessore, SFLV è, a mio avviso, più maturo e curato. Aulico fino allo sfinimento, è un film in grado di racchiudere in sé la poetica della violenza, mutandola ad arte e elevandola a sacramento.

Regia Fotografia e uso del colore

Prima di aprire l’analisi sul simbolismo di SFLV è fondamentale focalizzare la propria attenzione su regia, fotografia e uso del colore. La regia del film è curata nei minimi dettagli. Più lenta rispetto a quella del precedente Oldboy, segue perfettamente il ritmo del film. I movimenti sono fluidi ed eleganti, in completo accordo con lo spirito della protagonista. Allo stesso modo anche la fotografia segue perfettamente l’animo di Geum-ja. Desaturata e fredda, rispecchia l’animo di una ragazza disillusa e ferita, come fredda sarà la vendetta che metterà in atto. Le inquadrature sono estremamente simmetriche, tranne che in alcuni fotogrammi in cui possiamo notare una asimmetria voluta. L’animo di Geum-ja è racchiuso in questo splendido gioco di geometrie, in cui l’asimmetria dura solo pochi secondi e ci svela la rottura presente nell’animo della ragazza.

Un esempio del gioco di asimmetria

Un’importante valutazione va fatta sull’uso del colore. Nella tradizione coreana il colore è legato al concetto di Obangsaek, ossia lo spettro dei colori coreano: bianco, nero, blu, giallo e rosso. Nella cultura tradizionale, questi cinque colori individuano i quattro punti cardinali, più il punto centrale. Possiamo notare come, nella pellicola, questi colori siano preponderanti, soprattutto nell’identificazione di Geum-ja. La ragazza, infatti, sarà caratterizzata dall’uso del bianco, del rosso, del blu e del nero, ma mai del giallo, colore tipicamente associato alla ricchezza e alla nobiltà. Particolare importanza va dato al colore bianco. Legato al concetto dello ying e dello yang è simbolo di purezza, pulizia e umiltà. Rappresenta anche l’inizio di tutto, il punto di origine di tutte le cose, e il Sole. Sarà proprio un panetto di tofù bianco a dare inizio e conclusione alla pellicola. Conclusione che sarà poi un nuovo punto di partenza.

“Be white. Like white. Like this”.

Geum-ja rivolgendosi alla figlia

Il concetto di Vendetta

1.1 La vendetta è donna

La vendetta narrata in Symphathy for Lady Vengeance è nettamente diversa rispetto a quella descritta nelle precedenti pellicole. Il mondo di Geum-ja è un mondo di donne. Donne che possono tanto uccidersi e violentarsi tra loro quanto allearsi e diventare inarrestabili. In questo mondo la vendetta prende una connotazione completamente femminile. È lenta, costruita e studiata nei minimi dettagli. È una vendetta meno d’impeto e più di elaborazione. È un atto pulito, nel vero senso della parola. Il sangue deve essere raccolto e lavato. La sofferenza deve essere ripagata con altrettanta sofferenza. Ma soprattutto è una pantomima. Gli atti di vendetta che Geum-ja compie all’interno della prigione sono tutti celati dal suo sorriso cordiale. Geum-ja finge benevolenza verso tutte le sue compagne di cella ed è per questo la più letale. Ma anche la più benvoluta. Grazie al mix tra gentilezza e letalità la protagonista riesce a creare alleanze strategiche e attuare il suo piano di vendetta.

1.2 La vendetta è l’unico atto di giustizia

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Uno dei concetti affrontati all’interno della pellicola è quello di giustizia. Una volta catturato il Professor Baek, Geum-ja decide di porre i genitori delle vittime davanti a una scelta: affidarsi alle forze dell’ordine o farsi giustizia da soli. Il regista è abile nel permetterci di immedesimarci nell’animo dei personaggi. Se, infatti, da una parte saremmo portati a ricercare la vendetta, dall’altra la nostra coscienza ci pone davanti il dilemma di cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Così come se lo pongono i genitori delle piccole vittime. Interessante è vedere come la coscienza del singolo sia diversa dalla coscienza del gruppo. Se, infatti, i genitori presi singolarmente mostrano titubanza nel mettere in atto la propria vendetta, quando inseriti all’interno del gruppo si spalleggiano a vicenda. Da singolo individuo si passa a singolo gruppo sociale, accumunato dall’avere una storia comune e un desiderio comune. E allora è doveroso porsi la domanda: la percezione di giusto e sbagliato è intrinseco nella coscienza della persona o dipende dal gruppo sociale in cui siamo inseriti?

1.3 La vendetta come atto di redenzione

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L’ultimo concetto da analizzare è quello della vendetta come atto di redenzione. Park Chan-wook gioca su questo concetto di natura profondamente cattolica già dalla copertina della pellicola. Geum-ja, rappresentata come una Madonna, è vista come un angelo dall’immensa benevolenza, che impartisce lezioni di pietà e pentimento alle sue compagne di cella. Il suo viso, illuminato dalla luce divina, è di una bellezza disarmante che rispecchia l’aspetto interiore della giovane. Eppure, Geum-ja dovrà fare i conti con il concetto di “porgi l’altra guancia”. Quando, infatti, una sua compagna di cella viene violentata, la giovane e bellissima ragazza deciderà di farsi giustizia. Questo primo omicidio segna l’animo di Geum-ja che “cambia”.

“Hai cambiato stile, sei diversa. Perchè usi quell’ombretto rosso sangue?”

“Per sembrare meno buona”.

Il trucco di Geum-ja identifica il cambiamento della sua personalità che ora necessita di un tipo diverso di redenzione. In un gioco degli opposti l’ascesa alla purezza non si attua con il semplice pentimento ma con la legge del taglione. La vendetta prende la connotazione di un atto di purificazione dell’animo. Un atto che può essere completato solo tramite l’intercessione di un’anima ancora pura, quella della figlia di Geum-ja. È, infatti, lei la vera chiave di volta capace di redimere l’anima della donna e permetterle di ricominciare da una forma di tofu bianchissima.

Le mie considerazioni

Sono passati diversi anni dalla prima visione di questa pellicola ma ho ancora impressa quella sensazione di aver visto una pellicola dall’immensa bellezza. Sensazione che confermo ad ogni nuova visione. La figura di Geum-ja è spettacolare sotto tutti i punti di vista. Al di là della bellezza oggettiva dell’attrice Lee Young-ae, l’anima del personaggio è complessa e strutturata. La dicotomia tra sacro e profano, tra divino e terreno, è affrontata con una danza continua che porta lo spettatore ad interrogarsi sulla natura dell’animo umano. Un film che permette di porsi diversi interrogativi sulla società e su sé stessi. Per me è pura poesia.

Classificazione: 4 su 5.

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