C’è vita oltre la morte? Cosa succede all’anima quando il corpo muore? Esistono i fantasmi? Gli otto giovani ospiti del Brightcliffe Hospice si interrogano sull’aldilà a un passo dalla morte. Ilonka e i suoi amici, un gruppo di adolescenti gravemente malati, si incontrano ogni notte nella biblioteca dell’istituto, dove raccontano a turno storie inquietanti alla luce del fuoco. Tra i membri del Midnight Club c’è un patto: chi tra loro morirà per primo, dovrà mandare ai compagni un segno tangibile… dall’altro mondo.

Benvenuti a Brightcliffe

Quando la diciassettenne Ilonka (Iman Benson) scopre di avere il cancro alla tiroide, la ragazza è costretta a dire addio al suo brillante futuro ad Harvard e a sottoporsi ad un ciclo di cure sfibranti. Purtroppo, le terapie non riescono ad arrestare l’avanzata del mostro: nel giro di un paio di mesi, la malattia di Ilonka raggiunge lo stadio terminale. Alla ricerca di una cura miracolosa su Internet, la protagonista di The Midnight Club si imbatte in un articolo di giornale che attira rapidamente la sua attenzione: negli anni ’60, una ragazza di nome Julia Jayne, affetta dal suo stesso cancro, si è rimessa completamente dopo una breve permanenza al Brightcliffe Hospice, una struttura per malati terminali a picco sul mare.

In assenza di migliori alternative, Ilonka si trasferisce a Brightcliffe, dove viene calorosamente accolta dalla direttrice Georgina Stanton (Heather Langenkamp), che presenta il suo istituto alla ragazza come un luogo di passaggio in cui attendere la morte con dignità, deponendo le armi contro la malattia e concentrandosi sui giorni che si hanno ancora da vivere. La direttrice Stanton chiede alla nuova ospite del Brightcliffe di arrendersi, di smettere di lottare contro il subdolo male che cresce indisturbato dentro di lei. Per la ragazza, ogni speranza di recupero è ormai solo un’illusione, ma Ilonka vuole vivere, e ha scelto di trascorrere il tempo che le resta nella struttura della Stanton per un motivo ben preciso: a Brightcliffe c’è qualcosa, un’energia, un potere superiore che ha guarito Julia Jayne negli anni ’60 e che potrebbe guarire lei ora.

Quel potere sembrerebbe ricollegarsi al culto dei Paragon, una comune che, negli anni ’40, si stabilì nell’edificio. Nel seminterrato, i membri della setta, guidati dalla fondatrice Regina Ballard (Katie Parker), praticavano dei macabri riti pagani in nome delle “Cinque Sorelle“, le cinque divinità greche della guarigione: Panacea, Igea, Aglaea, Iaso e Aceso. Ma l’ascesa dei Paragon era destinata a subire un violento arresto dopo un clamoroso evento di sangue: l’omicidio-suicidio collettivo delle adepte al culto, morte avvelenate in un sacrificio rituale di gruppo orchestrato da Regina Ballard, l’unica sopravvissuta.

Dopo aver trovato in biblioteca il diario di Athena, la figlia di Regina, Ilonka si convince che la malattia di Julia Jayne sia stata debellata dal rituale dei Paragon, e coinvolge gli altri membri del Midnight Club nella sua scoperta. Spaventati ma affamati di vita, gli otto ragazzi si preparano a seguire passo passo le indicazioni contenute nel vecchio diario, in un ultimo disperato tentativo di sfuggire alla morte.

Raccontami una storia

The Midnight Club, la nuova serie TV horror targata Netflix basata sull’omonimo romanzo Young Adult dello scrittore Christopher Pike, si deve alla fortunata collaborazione tra l’autrice Leah Fong e il regista Mike Flanagan (The Haunting of Hill House, The Haunting of Bly Manor, Midnight Mass). Il regista di The Haunting of Hill House, che da ragazzo era un assiduo lettore dei libri di Pike – i Goosebumps della sua generazione – ha voluto omaggiare lo scrittore riunendo alcune delle sue migliori storie nella sua ultima fatica, una serie TV a tinte fosche che coglie mirabilmente gli stati d’animo di un gruppo di ragazzi destinati ad una morte precoce e ingiusta. I membri del Midnight Club riversano nelle argute storie di fantasmi che raccontano agli amici le loro paure e il loro rifiuto di lasciare questo mondo senza prima aver vissuto davvero. Appositamente inventati per suscitare inquietudine nei compagni, questi racconti horror a base di jumpscares e dettagli macabri sono la loro eredità.

Le storie del Midnight Club abbracciano un mix eterogeneo di sottogeneri ben noti agli amanti dell’horror, sfociando di volta in volta nel sovrannaturale e nel genere poliziesco, nello slasher e nella fantascienza, e sono tutte accomunate da un elemento chiave: la Morte. In ogni storia, la Mietitrice è l’assoluta protagonista. Che si tratti di suicidio, assassinio o autodistruzione, nei racconti del Midnight Club il tema della Morte è un ingegnoso espediente al quale i narratori ricorrono per spaventare i compagni in ascolto e mascherare le proprie ansie e i sensi di colpa. Analizziamo alcune delle storie raccontate dagli ospiti di Brightcliffe:

  • Un cuore malvagio è la storia raccontata da Kevin (Igby Rigney). Il ragazzo, affetto da leucemia, è fidanzato con la bella Catherine, ma l’arrivo di Ilonka a Brightcliffe mette in crisi la sua relazione. Grazie a Ilonka, Kevin raggiunge nuove consapevolezze: la malattia lo sta cambiando, impedendogli di essere il ragazzo di cui Catherine ha bisogno; con la nuova arrivata, al contrario, può permettersi di essere sé stesso, con tutte le sue debolezze. Al Midnight Club, Kevin racconta la storia di Dusty, un giovanissimo serial killer che ha l’omicidio nel sangue: da tempo immemore, i membri della sua famiglia – compresi la madre e il nonno materno – uccidono, in preda ad un terrificante delirio lucido, giovani donne innocenti. Dusty sente delle voci che si placano solo dopo aver commesso gli omicidi, e fra di esse la più forte è quella della madre: la donna, che sembra essere posseduta da qualcosa di maligno, incalza il figlio a continuare la tradizione di famiglia ora che lei, gravemente malata, non è più in grado di farlo. Quando quest’ultima gli ordina di uccidere Sheila (Iman Benson), l’unica ragazza alla quale abbia mai tenuto, Dusty osa opporre resistenza ai suoi istinti più perversi… con un esito inaspettato. Alla fine della storia, il giovane omicida viene catturato dalle forze dell’ordine e rinchiuso in un ospedale psichiatrico. La scena finale mostra il ragazzo in isolamento, le mani premute sulle orecchie, condannato a sentire le voci sempre più alte delle sue giovani vittime. Attraverso questa storia, Kevin intende punire sé stesso con la solitudine: come Dusty, anche lui rischia involontariamente di fare del male a Catherine lasciandola all’improvviso e, più di tutto, vuole evitare di ferire Ilonka morendo; per questa ragione, scegliere il distacco dagli affetti nel momento più buio della sua breve vita sembrerebbe la soluzione migliore. Kevin non vuole mietere vittime innocenti.
  • L’Eterno Nemico è la storia raccontata da Spence (Chris Sumpter), un ragazzo afroamericano gay malato di AIDS. La sua è una rigida famiglia conservatrice e osservante, che condanna l’omosessualità del figlio e ne prende le distanze. L’orientamento sessuale di Spence è la causa della rottura dei rapporti con la madre, che considera l’AIDS una punizione divina scatenata dallo stile di vita “degenerato” dei ragazzi gay. Gli anni ’80 sono stati caratterizzati da un boom nella diffusione dei casi di AIDS e, attraverso il personaggio di Spence, la serie TV di Mike Flanagan riesce a dare voce al dolore e al disappunto della comunità LGBTQ+, che 40 anni fa fu quasi decimata dal quel mostro innominabile erroneamente bollato come “malattia dei gay”, un’etichetta fasulla che scatenò un’isteria collettiva senza precedenti. L’atteggiamento intollerante della Chiesa cattolica contribuì a promuovere l’odio nei confronti degli orientamenti non eterosessuali e la comunità gay fu lasciata sola, abbandonata da una società bigotta e ignorante nel suo momento peggiore; lo stesso Spence viene abbandonato dalla madre, che si ritira in un silenzio colpevole e rifiuta di andare a trovare il figlio a Brightcliffe. Ad un incontro del Midnight Club, Spence racconta la storia di Rel (Chris Sumpter), un ragazzo gay che riesce a prevedere gli eventi futuri grazie ad un misterioso videoregistratore. Quando Rel scopre che la vita del suo fidanzato Christopher è in pericolo e tenta di salvarlo, lo stesso Christopher, venuto dal futuro e metà cyborg, spiega a Rel che il ragazzo è il frutto di un suo progetto: Rel è un robot in fuga nel passato, creato da Christopher per eliminare la paura, il dolore e quei “difetti” di fabbrica che impediscono agli esseri umani nati diversi di accettarsi. L’uomo considera Rel – che ama, soffre, ed empatizza col prossimo – un fallimento, e ha deciso di inseguirlo nel passato per eliminarlo. Messo alle strette, il cyborg accetta il suo destino, ma prima di morire esorta il Christopher del futuro ad amarsi per ciò che è, e gli rimprovera di aver cercato di modificare la sua natura con la tecnologia: non c’è nulla di sbagliato nell’essere gay, nulla che giustifichi la creazione di una nuova specie incapace di provare sentimenti. Il racconto di Spence incita all’accettazione quei ragazzi che non riescono a convivere bene con sé stessi e con il proprio orientamento sessuale, malgiudicati da società e istituzioni religiose, disapprovati e isolati da amici e familiari per via della loro unicità. La storia personale di Spence è la storia di tutta la comunità gay, ancora oggi in lotta per il suo diritto ad amare e ad essere.
  • Strada verso il Nulla è una delle storie raccontate da Natsuki (Aya Furukawa). La ragazza, la cui fragile esistenza è già duramente messa alla prova dal cancro, è affetta da anni da una grave forma di depressione, che la porta spesso ad isolarsi dal gruppo e a chiudersi in sé stessa. Natsuki racconta la sua storia soltanto ad Amesh (Sauriyan Sapkota) perché la considera troppo personale per essere condivisa con gli altri membri del Midnight Club. Sceglie di aprirsi con lui perché è il ragazzo che le piace, una persona sensibile che rispetta i suoi spazi e sa aspettare che i suoi episodi depressivi si dissipino senza farle pressioni. Prima di cominciare il racconto, la ragazza mette in guardia il suo ascoltatore: questa storia è diversa dalle altre perché si basa su un evento realmente accaduto. Strada verso il Nulla è la sua storia. La protagonista del racconto, Teresa (Aya Furukawa), è un alter-ego di Natsuki che in una brutta serata decide di prendere l’auto per fare un giro e allontanare i pensieri negativi, ma questi non la abbandonano. La ragazza è stanca della sua vita, vorrebbe farla finita, ma prima di riuscire a girare la macchina si imbatte in due autostoppisti dall’aria pericolosa. Freedom Jack (Henry Thomas) e Poppy Corn (Alex Essoe) dicono di essere dei musicisti diretti a nord, ma Teresa si sente tutt’altro che tranquilla in loro presenza. Quando gli eventi iniziano a prendere una brutta piega, la ragazza non esita ad incolpare i due autostoppisti, che si rivelano essere dei criminali in fuga. Teresa, minacciata da Freedom Jack, continua a guidare, ma ben presto inizia a notare delle stranezze che la mettono in allarme: i tre, che si imbattono continuamente nella stessa stazione di servizio, sembrano girare in tondo viaggiando sempre sulla stessa strada, una strada apparentemente dritta che non porta da nessuna parte. La ragazza capisce di essere intrappolata in un limbo con i due autostoppisti, che hanno già sollevato i sospetti del pubblico: sono, forse, degli spettri? Le anime dannate di due persone morte sulla strada? La risposta è no. Non c’è spazio per i fantasmi, in questa storia; non per il concetto tradizionale di fantasma, almeno. La rivelazione finale di Strada verso il Nulla è sconvolgente: Poppy Corn e Freedom Jack sono le voci nella testa di Teresa, che non è mai uscita dal garage, e sta lentamente morendo suicida respirando il gas di scarico della sua auto. Freedom Jack illustra a Teresa i benefici della morte (“niente più dolore, niente più sofferenza”), Poppy Corn la incita invece a resistere, a scegliere la vita. Natsuki confida ad Amesh di aver tentato il suicidio, di aver provato a togliersi la vita e di esserci quasi riuscita, ma ora che rischia di morire a causa del cancro ha realizzato di non desiderare davvero la morte. Vuole vivere, vuole amare, vuole resistere fino al sopraggiungimento dell’oblio. La vita è crudele, vivere causa sofferenza, ma a questo mondo esistono anche cose per le quali lottare. L’amore è una di queste.

Oscure presenze al Brightcliffe Hospice

Che il Brightcliffe Hospice nasconda dei segreti terribili fra le sue mura, appare sin da subito molto chiaro al pubblico di The Midnight Club. Ilonka riporta alla luce il sinistro passato della struttura grazie al diario di Athena, ma i sacrifici di sangue dei Paragon non inquietano i ragazzi del Midnight Club quanto la strana ombra umanoide che parrebbe infestare l’istituto, e che alcuni di loro giurano di aver visto. Sembra che questa entità, la cui natura resta avvolta dal mistero, si avvicini ai ragazzi sempre di più via via che le loro condizioni peggiorano, e tenda le sue dita lunghe e scheletriche verso di loro nel tentativo di afferrarli. Anya (Ruth Codd) è il suo bersaglio principale: la ragazza sente che l’Ombra la brama, e ne è terrorizzata. Ma chi o cosa è, davvero, l’Ombra che tormenta gli ospiti di Brightcliffe? L’arguto simbolismo che contraddistingue il cinema e le serie TV di Flanagan, in The Midnight Club trova la sua dimensione nel paranormale. I ragazzi del Brightcliffe assistono ad apparizioni fantasmagoriche presunte o reali che li terrorizzano e alle quali non sempre riescono a dare un significato; una di queste è l’Ombra. Non se ne ha la certezza, ma i membri del Midnight Club covano tutti il medesimo, inconfessabile sospetto: l’entità senza nome che li perseguita è la Morte, venuta finalmente a reclamarli come suoi. Questa interpretazione è supportata dalle tradizioni ebraica e cristiana: Ilonka e gli altri ragazzi del Midnight Club stanno camminando “nella valle dell’ombra della morte” (Salmo 23), un’ombra che anticamente gli Ebrei credevano perseguitasse chi era gravemente malato. Quell’ombra rappresentava la Morte, un’entità indesiderata e spettrale che cammina con i vivi in attesa del momento in cui potrà finalmente sopraffarli.

L’Ombra non è l’unica presenza infestante: Ilonka e Kevin, di tanto in tanto, ricevono la visita di una coppia di anziani, un uomo e una donna decrepiti e raccapriccianti che indossano abiti dismessi. Queste figure minacciose – lei, con lunghi capelli bianchi e gli occhi velati dalla cataratta; lui, con indosso un inquietante grembiule di pelle che ricorda quello usato da Faccia da Cuoio in Non aprite quella porta – sembrano avere una predilezione per i due ragazzi, gli unici in grado di vederli. La loro identità rimane avvolta dal mistero finché un ritaglio di giornale non ne svela i nomi in un inaspettato cliffhanger: l’uomo è l’industriale Stanley Oscar Freelan e la donna la moglie Vera; i due, vissuti nell’Ottocento, sono stati i primi proprietari di Brightcliffe, coloro che hanno fatto costruire l’imponente dimora. I ragazzi del Midnight Club, a differenza del pubblico, non risalgono all’identità della coppia di fantasmi, né riescono a comprendere il perché le entità abbiano preso di mira soltanto due di loro, ma Natsuki suggerisce ai compagni una teoria interessante: gli spettri potrebbero essere i Toshi no Taberu Hito/Eaters of Years (traducibile in italiano come “Mangiatori di anni”) dell’omonima leggenda giapponese. Secondo il mito, gli Eaters of Years si manifestano a coloro che sono in punto di morte per nutrirsi degli anni che gli sfortunati mortali avrebbero avuto ancora da vivere. Questa teoria troverebbe conferma nelle parole del fantasma di Vera Freelan che, prima di aggredire Ilonka, le sussurra: “Ho fame“.

Appare curioso, tuttavia, che Ilonka e Kevin siano i soli ad avere il singolare onore di vedere la coppia. Che i due ragazzi siano una loro reincarnazione? Dopotutto, Ilonka ha delle visioni sui Freelan prima ancora di arrivare a Brightcliffe e, la prima volta che incontra Kevin, i due ragazzi ridono della sensazione di deja-vu che entrambi hanno appena avuto. Allo stesso modo, Kevin e Ilonka potrebbero essere solo dei corpi giovani che gli spettri di Brightcliffe vogliono usare come tramite per tornare a camminare sulla Terra, ma sembrerebbe altrettanto verosimile che i due anziani siano una personificazione del cancro che se li sta mangiando dall’interno e reclama altre parti di loro. La questione (insieme ad altri interrogativi rimasti senza risposta) rimane aperta in attesa dell’annuncio di una seconda stagione.

La genesi di The Midnight Club: oltre la finzione letteraria e televisiva

In un’intervista, Christopher Pike ha raccontato di aver scritto The Midnight Club per omaggiare una sua lettrice, una ragazza col cancro che all’epoca era ospite in una struttura molto simile a Brightcliffe, e che lo ha ispirato raccontandogli di come i pazienti dell’hospice sgattaiolassero fuori dalle loro camere a mezzanotte per le riunioni segrete del loro club del libro. Sfortunatamente, la ragazza è morta prima di vedere il libro di Pike finito.

La nuova serie TV di Mike Flanagan ha una forte componente emotiva che scaturisce dall’affrontare tematiche di grande impatto. Mostri visibili e invisibili come depressione, trauma, AIDS, e cancro giovanile sono realtà crudeli delle quali nessuno parla, ma The Midnight Club costringe il suo pubblico alla riflessione. La percezione della morte tra gli adolescenti è senza dubbio il filo centrale della serie TV e dell’opera di Pike, che ha dichiarato:

Ho parlato con tanti ragazzi che stavano per morire. Tutti loro credevano di possedere un’anima e che, alla loro morte, non sarebbero semplicemente spariti. Ho trovato la loro fede e il loro coraggio sbalorditivi e di grande ispirazione. Paragonati a loro, noi adulti dovremmo vergognarci.” 

I membri del Midnight Club vanno incontro alla morte a testa alta, e fanno fronte comune contro le avversità della vita, affrontando tutto insieme come una famiglia. Brindano ai trapassati sapendo che presto li raggiungeranno, ma nel frattempo si raccontano storie agghiaccianti che gli facciano provare quel salutare brivido di paura che rende vivi, perché nulla potrebbe spaventarli più della Morte.

Flanagan mostra grande sensibilità e delicatezza nel trattare le difficoltà che derivano dall’avere una malattia terminale, e restituisce dignità a chi versa nelle medesime condizioni dei suoi protagonisti. Il regista ha coinvolto nella realizzazione di The Midnight Club oncologi e infermiere che prestano quotidianamente assistenza a ragazzi col cancro. La loro collaborazione è stata essenziale: i medici conoscono intimamente i loro pazienti, sanno cosa li motiva, cosa li rattrista; combattono al loro fianco, e, a volte, riescono persino a sconfiggere la Morte.

The Midnight Club è disponibile solo su Netflix.

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