45 anni e non sentirli!

il 31 agosto del 1975 usciva per la prima volta il film di Jim Sharman The Rocky Horror Picture Show, adattamento cinematografico dello spettacolo teatrale del 1973. Ma definirlo film è davvero riduttivo. Quando infatti mescoli sapientemente bellissima musica, horror, commedia, attori di talento e argomenti all’avanguardia sull’ epoca non può che uscire un capolavoro.
The Rocky Horror Picture Show è un cult che non ha età che ha stregato milioni di spettatori in tutto il mondo e che è ancora più che attuale dopo tutti questi anni.

Trama

Brad Majors e Janet Weiss stanno viaggiando di notte in auto durante una tempesta. Una gomma forata li costringe a chiedere riparo per la notte ed i due bussano alla porta di un inquietante castello. Ad aprire loro il maggiordomo Riff Raff, che accompagnerà la coppia nel salone principale dove è in atto una grande festa, la convention dei trans-vestiti della Transilvania. Scandalizzati ed impauriti dai presenti e dalle loro canzoni i due vogliono lasciare immediatamente il castello ma è qui che fa il suo ingresso Frank-n-Furter. Lo scienziato, in tacchi a spillo e calze a rete che viene direttamente da un’ altra galassia, darà vita alla sua creatura Rocky, e porterà i due a conoscere i piaceri della carne e della libertà di genere e pensiero…

Il regista rimase così folgorato dallo spettacolo teatrale di Richard O’Brien che decise di portarlo nelle sale cinematografiche. Così diresse lo stesso O’Brien, che nel film interpreta Riff Raff, e attori brillanti all’ epoca ancora non famosissimi. Una giovane Susan Sarandon nei panni della casta (ma non troppo) futura mogliettina di uno sconosciuto Barry Bostwick (Brad Majors) che nella pellicola incarna il classico bravo e ingenuo ragazzo. Una spanna sopra tutti uno strabiliante Tim Curry, bellissimo e quasi irriconoscibile in reggicalze e rossetto rosso. Non potrei associare ad altro volto il personaggio di Frank-n-Furter, lo scienziato transgender alieno che dà vita a Rocky ed attorno al quale tutto gira. Con un budget limitato ed un vecchio teatro di posa che fa da sfondo alle riprese, The Rocky Horror Picture Show scandalizzò l’opinione pubblica sconvolgendo il perbenismo dell’ America bigotta degli anni 70.

Reinterpretando il mito di Frankestein

Sono moltissime le citazioni, cinematografiche ed artistiche, presenti nel film. Quella senza dubbio più sfacciata è al capolavoro di Mary Shelley. Ma qui il “mostro” è tutto fuorchè tale. Bellissimo, biondo e palestrato è destinato a diventare il giocattolo sessuale del suo creatore.
The Rocky Horror Picture Show però, dietro tutta l’ ironia e la sua estrosità, vuole essere una denuncia di libertà dai pregiudizi e dai preconcetti ben incarnati dalla coppietta che bussa alla porta dei transilvaniani. E’ una riflessione sull’ ambiguità sessuale, un viaggio alla scoperta di ciò che si è e di ciò che ci piace, al di là di cosa la società imponga come giusto o sbagliato.
Mentre all’apparenza i due bravi ragazzi vengono portati sulla via della perdizione, in realtà vengono resi liberi di vivere i piaceri che la vita dona loro, se lo vogliono. Liberi di scegliere cosa essere e come. E i consigli, perle di saggezza, sono portati alle nostre orecchie dalle canzoni che accompagnano tutto il film ed i cui messaggi sono inviti a riflettere. Come “Don’t judge a book by its cover“, non giudicare un libro dalla sua copertina. O ad esempio, la frase “don’t dream it, do it.” Non sognarlo. Fallo.

Ed è proprio la musica a sancire il successo della pellicola. Le canzoni sono travolgenti ed è impossibile non lasciarsi trasportare. Questo decreta anche il successo del musical teatrale, replicato ancora oggi in tutti i teatri del mondo, dove il pubblico interagisce con gli attori alzandosi a ballare assieme al cast e lanciando ed utilizzando oggetti di scena forniti assieme al biglietto.
Insomma se non conoscete il film vi consiglio assolutamente di aggiungerlo alla vostra collezione, ma vi consiglio anche di vederlo rappresentato a teatro, lì dove questo cult ha avuto origine e dove ancora continua a brillare.

Curiosità:

– Il Rocky Horror Picture Show è ancora proiettato, con continuità, in alcune sale nel mondo. Una di queste è il cinema Mexico, di Milano.

– Per il trucco del cast fu chiamato Pierre La Roche, colui che realizzò il look di David Bowie in Ziggie Stardust.

– Il poster con la locandina del film è presente nello studio del nostro Indagatore dell’ incubo preferito: Dylan Dog.

– Nella scena finale, i capelli di Magenta sono chiaramente ispirati a “La Moglie di Frankestein” del 1935