Vrâjitoare è un libro che parla di giustizia ma le indagini per giungere alla risoluzione del giallo vengono condotte su due binari differenti. Da un lato sotto l’egida della legalità e della polizia e dall’altro con il sadico livore di chi cerca vendetta. Non si tratta dolo di un poliziesco ma il libro si articola su più piani attraverso i quali il mondo delle guardie e quello dei ladri deve fare i conti con antiche e magiche entità tutt’altro che interessate alle sorti del genere umano. Ne risulta una lettura godibile dai ritmi, sempre perfettamente equilibrati, tra riflessioni narrative e descrizioni orrorifiche. L’autore Riccardo Rossi non è alla sua prima pubblicazione e la curiosità di conoscere meglio Vrâjitoare ha ispirato questa intervista.

– Tra libri, fumetti, film e serie viviamo circondati dalle storie. Hai tratto ispirazione, più o meno involontaria, da qualcuna di queste per scrivere l’atmosfera del tuo libro?

Credo che tutti gli scrittori, in qualche modo, traggano ispirazione dal habitat narrativo nel quale si muovono. Identificare le fonti, tuttavia, è più difficile di quanto non sembri. Ci sono maestri a cui ciascuno aspira ad assomigliare. Nel mio caso mi piacerebbe poter dire innanzi tutto Alan Moore, sia in qualità di autore di fumetti che di romanziere. Le limpide similitudini delle sue descrizioni, l’equilibrio dei dialoghi, la capacità di integrare magia e realtà. Devo molto anche a Chris Claremont, lo sceneggiatore che ha reso gli X Men il fumetto più venduto al mondo alla fine degli anni ’80, e alla sua indiscutibile maestria nel modellare personaggi capaci di bucare la pagina. Buoni e cattivi, nelle sue mani, diventavano persone vere. E ancora Neil Gaiman, Clive Barker. L’elenco potrebbe continuare. Sono troppi gli autori a cui credo di aver rubato un poco del mestiere. Per quanto riguarda film e serie, il discorso si fa più complicato. La prima stesura del soggetto di Vrâjitoare risale al 2011, ormai quasi un’era geologica fa. All’epoca il mio intento era scrivere un racconto dell’orrore che richiamasse a tratti i film splatter della mia adolescenza. Carpenter o anche Sam Raimi, con il loro gusto per il sanguinario grottesco. Da ultimo, ci tengo a citare anche H.P. Lovecraft, uno dei miei più saldi punti di riferimento narrativi. Il mondo dei demoni raccontato in Vrâjitoare deve molto anche ai suoi orrori cosmici.

– Ci sono però anche numerosi richiami ad antichi classici della letteratura e alla mitologia. Quali concetti e immagini devono evocare?

Questo aspetto del romanzo dipende dalla mia formazione di diplomato al Liceo classico e Laureato in Lettere. Mitologia e Classici della letteratura sono i giganti sulle cui spalle si muovono i nani come me. Dovendo parlare di creature ancestrali che mettono in atto una vendetta catartica, scatenata dai torti subiti da una consanguinea, la prima fonte classica sono state, giocoforza, le Erinni. La vendetta nell’antichità era molto di più che una sfrenata sete di sangue. Era un dovere, un comandamento divino più giusto di ogni legge degli uomini. Bendis, con la sua estatica fede nell’Ananke ne è il simbolo e l’incarnazione. La Necessità, nel mondo greco, era la forza suprema a cui anche Zeus, il signore del Fulmine, doveva sottostare. Diana poi è, ovviamente, un esplicito richiamo a Tiresia, il veggente cieco di Tebe. Come lui, anche Diana è stata privata della vista da una volontà divina, ricevendone in cambio le sue doti oracolari. La moneta che Bendis estrae dalla bocca del morto per impedirgli di accedere all’aldilà è l’obolo che le anime devono pagare a Caronte. I nomi stessi di Eliana (Elios, il sole) e Ecaterina (Ecate, la signora lunare dei trivi e della magia) derivano dal mondo classico. Si potrebbe parlare a lungo di questo tema, ma mi fermo qui, anche perché mi piace pensare che i lettori possano trovare da soli richiami meno evidenti.

– I sogni insieme alle atmosfere e rivelazioni oniriche hanno un ruolo importante nel libro. La storia, tuttavia, sembra diretta a più a lettori consapevoli che sognatori. Qual è l’immagine del sogno che deve emergere dalle pagine?

Di nuovo, questo deriva dal mondo classico. I sogni erano considerati la lingua tramite la quale gli Dei parlano all’umanità. I sogni, nel romanzo, sono per certi versi, degli oracoli. Eliana rapita nel sottosuolo è un chiaro riferimento al ratto di Persefone, o Proserpina che dir si voglia, che sottrae la vita al mondo, precipitandolo nel gelo dell’inverno. Ci sono molti sogni, in Vrâjitoare, ma pochi sognatori. La principale è Eliana, per il suo legame ideale con Apollo, che era sia un Dio Solare che il patrono di tutti gli oracoli. Roman per certi versi costituisce il ponte tra il mondo materiale e quello arcano. La voce che parla a lui tramite i sogni è quella del nonno, l’Avo ancestrale legato alla terra.

– Nel libro ci sono due sorelle che sono legate tra loro non solo dal vincolo familiare ma anche da una vera e propria coscienza comune. Dalle pagine questo aspetto emerge con caratteri magici e paranormali ma personalmente lo trovo un legame riscontrabile in tanti rapporti. Ci sono elementi biografici o personaggi particolari dai quali hai preso ispirazione?

Qui andiamo sul personale. Il libro è dedicato a mia madre, morta molti anni fa dopo una lunga malattia. Credo che condividere il dolore con una persona amata sia un’esperienza che in molti, purtroppo, abbiano sperimentato. Un’eco di quell’esperienza, può essere entrata, almeno in parte e forse inconsciamente, nella descrizione del legame tra Eliana ed Ecaterina. Non ci avevo riflettuto. È una di quelle cose che, scrivendo, emergono spontaneamente.

– Capita che alcune zone geografiche vengano utilizzate come ambientazione per una storia solo per coglierne luoghi comuni o immagini stereotipate. Al contrario tutta la parte del libro ambientata nell’est Europa non cede mai né alle banalizzazioni né ai cliché. C’è un motivo particolare per il quale hai scelto questa ambientazione?

Ce ne sono molti. Il primo, credo, sia di carattere sociopolitico. L’ispirazione iniziale per il romanzo fu la lettura di un articolo giornalistico, nel quale veniva raccontata una vera operazione di polizia, volta a sgominare una banda di trafficanti di esseri umani originari, per l’appunto, dell’Europa dell’Est. Da quello spunto, decisi di approfondire l’argomento del sex trafficking, il suo funzionamento, le dinamiche e i metodi. Ci tengo a precisare che Vrâjitoare non ha la velleità di fornire uno spaccato realistico. Per esigenze di trama ho semplificato molti passaggi. Però volevo che la storia poggiasse su basi solide. La scelta della Romania come punto di partenza è sorta spontanea, per la potenza evocativa che il suo solo nome suscita negli amanti del genere Gotico. Il resto è venuto da sé. Volevo comunque rendere ogni paese attraversato il più aderente possibile al vero, nei limiti delle fugaci impressioni dei personaggi. I cliché a volte possono aiutare, in qualche modo, ma li ritengo piuttosto fuorvianti se l’intenzione è rendere un’ambientazione tridimensionale e non un fondale di cartapesta.

– Nel parlare con un autore contemporaneo mi sorge la curiosità di sapere se si tratti di un’opera in qualche modo legata al periodo della pandemia. Hai scritto alcune pagine o fatto correzioni e riletture nel tempo costretto in casa?

In realtà no. La stesura definitiva del romanzo è stata completata tra il 2019 e l’inizio del 2020. Ma a febbraio il lavoro era finito. Poi ci è voluto un po’ di tempo per renderlo pubblicabile in formato elettronico, cosa a cui si è dedicato un amico informatico, che ha curato anche la grafica della copertina. Durante la pandemia ho scritto altre cose, che forse, un giorno, vedranno la luce. Sono uno scrittore molto lento.

– Dove è possibile trovare Vrâjitoare, per leggerlo?

Al momento è disponibile solo in formato Kindle, su Amazon. Spero, in futuro, di riuscire a vederne una versione cartacea.

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L’intervistatore: https://twitter.com/ildiozzi

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