Non entrate in quel collegio (The House on Sorority Row) è uno slasher a basso costo del 1982 scritto e diretto da Mark Rosman. In realtà il film venne girato nell’estate del 1980, in piena febbre slasher – basti pensare che Venerdì 13, Non entrate in quella casa e Terror Train (gli ultimi due con la regina dell’urlo Jamie Lee Curtis) videro la luce quell’anno, giusto per citare alcuni dei titoli più noti e importanti per il genere.

Trama

Sette consorelle decidono di organizzare la festa di laurea nella loro “sorority house” (la casa che condividono in quanto appartenenti ad una sorellanza). Ma la severa padrona di casa Slater non è d’accordo e le ragazze, che non ci stanno a farsi rovinare quel momento importante, decidono di escogitare un piano per spaventarla. Lo scherzo finisce male e le consorelle decidono di nascondere il cadavere della signora Slater (o quello che pensano sia un cadavere?) per salvare la festa; nel frattempo però, un killer inizia a mietere vittime.

Le protagoniste, com’è di regola negli slasher, si stanno preparando a superare il loro rito di passaggio. Non sono un gruppo di adolescenti sprovvedute, com’è più solito in questi film, bensì studentesse universitarie; nonostante ciò, ancora non sanno chi sono e cosa vogliono fare (la madre di una di loro le dice: “credevo avessi avuto quattro anni di college per pensarci”). Il fatto di essere più grandi e ormai vicine alle responsabilità della vita adulta non impedisce però loro nemmeno di essere sprovvedute – ed egoiste. L’intento dello sceneggiatore e regista era quello di girare un film con protagoniste femminili che non fossero vittime inermi e innocenti, ma che in un qualche modo fossero loro le cattive della situazione. E infatti lasciare il corpo della povera padrona di casa ad ammollarsi in una piscina, prima di mettersi d’accordo sul da farsi, non è proprio la mossa migliore per rendersi simpatiche. Ma le ragazze non sono davvero antipatiche o stupide o malvagie – una mano sulla coscienza se la passano e in fondo ti fanno trascorrere una buona oretta e mezza piacevole.

Le ambientazioni e la situazione rimandano inevitabilmente a Black Christmas del 1974, proto-slasher che ha anticipato moltissimi motivi del sottogenere e che ha influenzato addirittura l’Halloween di Carpenter. Nicki, la ragazza che in Non entrate in quel collegio ci viene presentata come la più cinica (quella che organizza lo scherzo e trascina dentro tutte le altre), ha un che della Barb di Black Christmas, così come invece la buona e onesta Katie, che invece vuole chiamare la polizia per redimersi, ci ricorda la Jess di Olivia Hussey. A differenziare i personaggi però è il concetto di colpa, perché le ragazze di Non entrate in quel collegio, come detto prima, si macchiano di un crimine che invece non sfiora nemmeno le protagoniste di Black Christmas, colpevoli solo di incarnare una femminilità “nuova” che il killer-conservatore condanna e reprime. Un’altra similitudine la si ritrova nel finale aperto, che in entrambi i film rende incerto il destino della protagonista principale. E anche il villain è, in entrambi i film, una figura che non si vede mai e dall’identità misteriosa. In Non entrate in quel collegio però, quando finalmente si vede, è innegabile che faccia la sua bella figura grazie anche ad un costume niente male.

Di questo film è stato girato un remake nel 2009 dal titolo Patto di sangue (Sorority Row), che sembra una puntata un po’ più lunga di Pretty Little Liars (il film e la serie condividono persino un attore, Julian Morris). Il film vanta la partecipazione di Carrie Fisher e, lontano ovviamente dal mood anni ’80, è un teen slasher ironico e moderno con un killer che ha molto più screen time rispetto all’originale e un abbigliamento del tutto differente (che ha il suo perché). Patto di sangue si discosta molto da Non entrate in quel collegio ed è ispirato soprattutto a So cosa hai fatto e Scream, inserendo anche qua e là qualche citazione che piace sempre agli appassionati.

Non entrate in quel collegio, che deve il suo titolo italiano alla mania degli adattatori dell’epoca di utilizzare gli imperativi negativi, non sarà un bagno di sangue ma non lascia comunque indifferenti sul versante violenza. Chi lo ha visto ricorderà sicuramente la scena della testa mozzata… e se non l’avete visto ma vi piace lo slasher “povero” degli anni 80 che andava codificando le sue regole, questa è una visione obbligata.